QUEI BORGHESUCCI PICCOLI PICCOLI, INVESTITI DI UN POTERE TROPPO, TROPPO GRANDE

Non facciamo nomi, prima di tutto perché non sarebbe elegante, e poi perché tanto non è necessario. O meglio, per non ripetere ogni volta “borghesuccio piccolo piccolo”, scegliamo un nome a caso e chiamiamolo Gennarino.

La sindrome del nostro Gennarino è opposta a quella del marchese del Grillo, che era tanto sicuro di sé da dismettere i suoi eleganti abiti nobiliari e travestirsi da popolano perché, ai popolani, lui poteva permettersi di dire “Ah, voi… mi dispiace, ma io so’ io e voi nun siete un ca**o”. Il marchese del Grillo si portava dentro una consapevolezza di superiorità che gli consentiva, la sua superiorità, di mascherarla e di considerarla con distratta nonchalance.

Lo stato mentale di Gennarino è agli antipodi perché lui è pieno di insicurezze e di desideri di rivalsa. Fin dall’infanzia sente prepotente nel suo cuoricino la spinta a farsi notare, ad emergere, ad essere il primo della fila. Perché? I motivi possono essere tanti: magari si è sentito poco amato da mamma e papà, o è stato ignorato o mobbizzato dai compagni di scuola, o forse era ed è rimasto bruttino, grassoccio e tracagnotto e magari anche basso di statura.

Ecco che allora, come il caporale in “Niente di nuovo sul fronte occidentale” di Remarque, il nostro Gennarino – lo ripeto, si tratta di un nome scelto a caso – smania e sogna di diventare potente e di esibire il suo potere; si laurea, e magari anche col massimo dei voti, ma non impara molto: quello che studia lo impara perché gli serve a superare gli esami, non gli fornisce una vera cultura. E poi, non di rado, si butta in politica, e guarda caso sempre guardando verso destra perché in Italia a destra, in linea di massima, non si bada tanto allo spessore culturale delle persone quanto al livello di potere – economico o politico – che hanno o potrebbero acquisire.

Poi al potere il nostro Gennarino ci arriva, e a questo punto la sua sindrome lo tradisce, perché si vede vezzeggiato, lisciato e ammirato e arriva a convincersi di essere un grand’uomo anche se è ancora bruttino, grassoccio, tracagnotto e bassino come prima, e quanto a livello culturale non si alza più su della barretta della sua statura fisica; così si lancia e si sbilancia e dice spropositi, sul tipo – faccio esempi a caso – di giudicare libri che non ha letto, spostare Times Square da New York a Londra o far nascere Galileo Galilei prima di Cristoforo Colombo.

Non è il solo, d’altra parte. Altri borghesucci piccoli piccoli come lui e come lui, guarda caso, orientati a destra, ubriachi del potere che hanno, magari fanno fermare i treni o vanno in giro esibendo la loro pistola (o forse sarebbe meglio dire il loro pistolino) dalla quale poi magari parte un colpo, e allora si affannano a dire che no, non hanno sparato loro, chissà chi è stato, è tutto un complotto.

Ma Gennarino, inebriato dal potere, si lascia irretire ancora di più e si convince che quella signora belloccia, quella biondona che gli ronza intorno e gli fa gli occhi dolci, è di lui che si è invaghita. Non sospetta che la biondona possa essere una trafficona che si serve di lui e del suo bisogno di essere ammirato per altri fini che non siano un travolgente amore sbocciato in lei a causa del fascino che, gli piace illudersene, da lui promana. Così, gonfio d’orgoglio e di testosterone, Gennarino si sbilancia, le fa promesse, la porta di qua e di là anche in occasioni – in molte occasioni – ufficiali; e finisce per innamorarsi lui, della biondona, che continua a coccolarlo e vezzeggiarlo, e gli manda anche messaggini con i cuoricini e le faccine che lanciano bacini.

Poi, magari, un bel giorno la moglie di Gennarino gli sbircia il telefonino e scopre quei messaggini della biondona, e allora apriti cielo. Gennarino si vede costretto a fare marcia indietro, dice alla biondona “no, guarda, scusa, non posso, sai com’è, tengo famiglia”. Immaginatevi come può prenderla la biondona! Quella s’incazza di brutto e rende pubblico tutto quello c’è stato fra lei e Gennarino il quale, poverino, tutto ad un tratto scende dal pero e si ritrova ad essere quello che è sempre stato: un borghesuccio piccolo piccolo, investito di un potere troppo grosso che l’ha ubriacato e che alla fine, si è messo in una situazione che l’ha coperto di ridicolo.

Cose che succedono, direte voi. Certo. Ma succedono solo ai borghesucci piccoli piccoli. E di destra.

Giuseppe Riccardo Festa

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