Se si dovesse votare in anticipo

L’unica certezza, in questa estate italiana torrida non solo meteorologicamente, è l’incertezza.

La politica, bisogna ammetterlo, fa di tutto per disorientare se non disgustare il cittadino normale, laddove per “cittadino normale” intendo una persona dotata di un decente livello di cultura, di buona conoscenza delle istituzioni, e soprattutto di equilibrio sufficiente per non cadere nella spirale del “noi contro voi”, forma di tifo per cui tutto ciò che fanno i politici del “noi” è giustificabile, comprensibile, legittimo e merita plauso e approvazione, mentre ciò che fanno i politici del “voi”, anche se si tratta delle stesse identiche cose, è riprovevole, indecoroso, immorale e condannabile.

Mentre l’economia arranca, gli ospedali e le scuole sono a corto di personale e la produzione industriale stagna, il cittadino normale guarda con sgomento da una parte all’inconsistenza delle opposizioni, in specie del PD, che tanto per cambiare è molto più bravo ad opporsi a sé stesso che al governo, e dall’altra alle prove di certi parlamentari, tipo il senatore Airola e il ministro Toninelli, che avevano giurato di dimettersi se fossero ripresi i lavori della TAV, salvo clamorosamente smentirsi quando si è materializzata la necessità di mantenere l’impegno. l’Airola, peraltro, eletto nel nome dell’opposizione all’Alta Velocità, ha dato una sublime prova di impreparazione, ignoranza e inadeguatezza, destando l’ilarità negli altri e lo sconforto tra le fila dei suoi compagni di fede, quando ha dimostrato in un intervento di non aver la più pallida idea di quali fossero i costi e i chilometraggi della linea ferroviaria che avversa, ma evidentemente senza sapere perché.

Luigi Di Maio conferma per gli eletti del M5S il limite dei due mandati, ma lancia l’idea del “mandato zero”, con un salto mortale carpiato e rovesciato che nemmeno il più doroteo dei demagoghi democristiani della (rimpianta?) prima repubblica avrebbe osato inventarsi.

Nell’alternarsi di liti e paci armate degli alleati che lo compongono, il governo traballava ormai da mesi e l’ingrato Matteo Salvini, già salvato dal processo dai senatori grillini, ora (forte dei sondaggi che lo danno vincente) mostra tutta la sua insofferenza verso l’intero universo grillino e sempre più apertamente guarda ad elezioni anticipate. Abile nel gestire gli umori del suo pubblico, e a dispetto dei dati ufficiali (statistici e della magistratura) che smentiscono non solo ogni relazione fra le ONG che soccorrono i naufraghi e i trafficanti di profughi, ma anche che la presenza delle ONG nel Mediterraneo incentivi le partenze, egli insiste nel ritenere che la sicurezza del Paese risieda in primo luogo e soprattutto nell’impedire a chiunque di soccorrere i migranti – pardon: i clandestini; in subordine nell’impedire ogni manifestazione di dissenso e, dulcis in fundo, nel demolire le case delle “zingaracce”.

Il suo partito, intanto, insiste nel pretendere l’autonomia fiscale di Lombardia e Veneto, avviando di fatto il processo di distruzione dell’unità nazionale, ma sembra che i parlamentari meridionali (e non solo i parlamentari) non ci facciano gran caso; e vuole riformare anche il fisco, avviando l’operazione Dooh Nibor (il contrario di Robin Hood), abbassando le tasse ai ricchi e alzandole ai poveri; ma i poveri non pare ci facciano caso e anzi aspettano entusiasti di farsi mettere al collo la corda che li strangolerà.

E alla fine il governo è caduto: a Giuseppe Conte, di questa esperienza, non resterà dunque che una nota in più sul suo CV. Forse le elezioni anticipate ci saranno, e forse no. E molti, forse più che in passato, in considerazione del quadro desolante che ho appena descritto, nauseati dagli uni, dagli altri o da tutti i politici, decideranno di non andare a votare. È una scelta, anche se implica la rinuncia a partecipare alla vita del Paese, a contribuire alla sua evoluzione e ad orientarne la politica. È una scelta e va rispettata.

Però non posso fare a meno di avvisare: se, dopo, sentirò qualcuno lamentarsi per comportamenti del nuovo governo e del nuovo parlamento a lui sgraditi, a quel qualcuno chiederò se abbia votato o no. Se mi dirà di sì, lo inviterò a posare il capo sulla mia spalla e gli carezzerò comprensivo le chiome, versando magari anche qualche lacrima insieme a lui. Ma se mi dirà di no lo manderò a fare.

Non ho bisogno di dire dove lo manderò, e a fare che: lo avete sicuramente capito da soli.

Giuseppe Riccardo Festa.

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