
“Vestivamo alla marinara!” Un’espressione intrisa di nostalgia che evoca immagini di un tempo passato, di una scuola in cui gli studenti indossavano divise marinare e i banchi erano colmi di libri e di sogni. In questo articolo, esploreremo la testimonianza di un insegnante elementare che ha vissuto gli anni ’60 nella scuola di Scala Coeli, che ci racconta, in particolare, l’importanza del “centro di lettura”.
In un’epoca in cui la cultura e la conoscenza erano considerate pilastri fondamentali dell’istruzione, il centro di lettura rappresentava un luogo magico e affascinante, dove i giovani studenti potevano immergersi in mondi fantastici e scoprire il piacere della lettura. Attraverso gli occhi del maestro Giuseppe Del Pizzo, proveniente da Amantea (dove tutt’ora vive), in servizio dal 1965 al 1968 nelle Scuole Elementari di Scala Coeli; esploreremo le sfide e le gioie di educare i bambini di un’epoca passata, lasciandoci ispirare dall’amore per la conoscenza e dalla magia dei libri.
Antonio Loiacono
“L’istituzione dei Centri di lettura (nel 1951) mirava a far rinascere per il libro quell’amore e quell’attenzione che anche nelle fasce di media cultura andavano affievolendosi, sopraffatte da certa stampa nella quale figure, immagini, disegni commentati da brevi e sgangherate vignette o didascalie, facevano perdere la consuetudine di sapersi muovere lungo il filo delle pagine con pazienza, attenzione, profitto: riscoprire la gioia e il piacere di tenere “un libro in mano”.
Il Centro di lettura doveva funzionare almeno per 10 mesi all’anno, restando aperto e fruibile due o tre volte a settimana.
Venuto a conoscenza delle disposizioni di legge in merito, chiesi ed ottenni l’istituzione di questo servizio a Scala Coeli e il Direttore fu ben felice di accontentarmi, anche per permettermi di arrotondare il mio stipendio con il previsto compenso di 18.000 lire mensili con le quali, in quei tempi, riuscivo a pagare il fitto dell’abitazione in cui vivevo.
Nella biblioteca scolastica del plesso c’erano centinaia di volumi, per altro mai usati, e la lettura dei quotidiani era assicurata in virtù della benevolenza dell’edicolante locale che, dopo aver tagliato le testate (per attestare che i giornali non erano stati venduti), mi dava giornalmente le copie della “Gazzetta del sud” e del “Tempo”.
Così, a giorni alterni, all’imbrunire, aprivo la scuola e attendevo “gli utenti” in un locale situato a pian terreno, ma, nonostante la mia buona volontà, l’iniziativa stentava a decollare.
Varcavano la soglia solo pochi alunni e qualche amico per farmi un fugace saluto o scambiare due chiacchiere.
Era un vero e proprio fallimento!
Bisognava escogitare qualcosa…. E tutto ad un tratto…. “Eureka!”, mi venne l’ispirazione.
Feci fittare dal Comune un ampio locale a piano terra, vi trasportai due librerie con i relativi volumi, costruii un tavolo da ping-pong, racimolai quattro vecchi tavoli con un imprecisato numero di sedie, qualche mazzo di carte da gioco e propagandai l’apertura del “Circolo Culturale e ricreativo”.
In pochi giorni, il numero dei frequentatori crebbe a dismisura tanto che, alcune sere, era affollatissimo.
Tornei di carte o di tennis tavolo, arricchiti da spuntini a base di pane casereccio, di salciccia, soppressata e capicollo, innaffiati con parche libagioni di vino rosso locale.
Unico impegno dei frequentatori era quello di leggere, almeno, un libro al mese, di dare un’occhiata ai giornali e di commentare le notizie.
Tutto procedeva a gonfie vele, ma una sera, improvvisamente, sull’uscio si materializzarono due figure in giacca e cravatta.
Il più anziano, varcata la soglia, guardava incredulo la scena mentre l’altro scuoteva il capo quasi con disgusto.
Nel silenzio che si era fatto all’apparizione dei due intrusi, il più anziano si presentò:
“Sono l’ispettore scolastico venuto a visitare il Centro di lettura. Chi di voi è l’insegnante responsabile?”
Vinto l’imbarazzo del primo momento, mi presentai, e l’ispettore, di rimando:
“Ma questa è una cantina… una bisca… un casino… Mi dia le spiegazioni del caso perché devo redigere il verbale di visita e, a quanto pare, proporre anche la soppressione. Mi liberi un tavolo e si sieda”.
Avevo 26 anni, un ottimo stato di servizio e… tanta grinta: non potevo lasciarmi intimidire, così:
“Signor Ispettore – dissi – sono certo che lei conosce il più famoso detto di Maometto…”
“Ci mancava anche Maometto! Sia più chiaro e si giustifichi. Non capisce che si è messo in un brutto pasticcio?”
Ed io imperterrito: “Se la montagna non va da Maometto, Maometto va alla montagna…. Ho pensato che il Centro di lettura, proprio perché ubicato nella scuola, non veniva frequentato. Creava impaccio e diffidenza, perciò ho aperto questa specie di “Circolo”, così l’attrazione ha vinto le resistenze iniziali e si è creata un’atmosfera di collaborazione ludica. Qui i giochi sono il mezzo, non il fine. Se le persone non andavano alla cultura, la cultura è andata alle persone. Ora tutti leggono qualche libro e i quotidiani: commentano, discutono e si aprono in presenza di un habitat più congeniale al loro modo di essere. Interroghi qualcuno…”
E l’Ispettore cominciò a chiedere notizie su cosa leggessero, quanto leggessero, quali argomenti preferivano. Le risposte arrivavano pronte ed esaurienti mentre l’iniziale tensione sembrava sciogliersi lentamente.
Poi una mano spostò gli incartamenti che il funzionario aveva di fronte e, quasi per incanto, sul tavolo comparvero due piatti con affettati e due bicchieri colmi di vino:
“Pruvatili… è tutta rrobba nostrana, fatti ccù pipicorni vruscienti na cancarena ca si stuta sulu cu ‘nu buonu bicchiere ‘i vinu”.
L’ispettore e il suo autista saggiarono e brindarono, poi fecero il bis… e il tris.
Ormai erano passati sulla nostra sponda.
Qualche mese dopo, su invito del Provveditore agli Studi di Cosenza, tenni una conferenza ai dirigenti dei centri di lettura di tutta la provincia illustrando la mia esperienza che ritenevano valida e da imitare.
Qualcuno ci provò… Ma non erano Pino-Maometto Del Pizzo e la loro montagna non era Scala Coeli, con la genuinità della gente e dei suoi insaccati e niente riscaldava i cuori come il vino delle vigne della valle del Trionto!”
(Giuseppe Del Pizzo)
Il pannello dei partecipanti è stato chiuso
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