UN ANNO SENZA B.

DI MARCO TOCCAFONDI BARNI

Esattamente un anno fa se ne andava Silvio Berlusconi, il cavaliere, l’uomo che piu’ di ogni altro ha segnato gli ultimi quattro decenni italiani.

Dapprima, agli albori dei mitici anni ’80 e sulle onde del debito pubblico, come un imprenditore televisivo alquanto spregiudicato, grazie ai capitali dell’ attività precedente: l’edilizia. Negli anni ’70, infatti, divenne cavaliere del lavoro perché edificò un intero quartiere, moderno e avveniristico per l’epoca e subito battezzato, forse con scarsa fantasia, Milano 2.

Ci riuscì avvalendosi dei buoni rapporti con le giunte socialiste, quindi craxiane, in quella che sarebbe diventata la celeberrima “Milano da bere”. Grazie ai socialisti, ma non solo, riuscì persino ad allontanare altrove gli aerei teoricamente in volo sopra i suoi terreni e dare quindi vita ad un bel quartiere appena fuori dal centro e dal caos del capoluogo lombardo. Quando la capitale economica del paese si fuse con un aperitivo molto in voga in quel tempo (l’amaro Ramazzotti) fu sempre l’amico Craxi e la truppa socialista in parlamento a garantire che i pretori e le leggi non spegnessero le sue ormai 3 reti televisive. Fu la base per la nascita di un impero mediatico che rivoluzionò la televisione italiana, fino ad allora monopolio Rai e che in seguito si trasformerà anche in un’ esperienza politica presente ancora oggi.

A 12 mesi di distanza dalla scomparsa del leader forzista è quindi lecito porsi quale sia la sua eredità, ma anche chiedersi se una figura che ha segnato, nel bene e nel male, le vicende italiane durante gli ultimi 40 anni, resterà nei libri di storia.

Ebbene, la mia risposta è no, non ci resterà. Ci sono ben piu’ di 3 indizi che fanno una prova. Sì, certamente, il cavaliere rimarrà ancora un po’ nell’ immaginario collettivo, nella mente e nella memoria dei tifosi del Milan o nella storia del costume e dello spettacolo, del calcio e ovviamente di chi lo ha conosciuto e amato, tuttavia la storia, quella con la S maiuscola, è decisamente un’ altra cosa: a soli 12 mesi dalla morte, infatti non c’è quasi piu’ traccia del fu cavaliere.

Prova ne è il fatto che viene sì celebrato con qualche manifestazione e una programmazione adeguata alla ricorrenza sulle sue televisioni, al pari di un altro attore di talento, tra l’altro proprio della mia città (Prato), come lo sfortunato Francesco Nuti. Anche per l’attore pratese c’è qualche dedica in tv, ma poi è soltanto oblio.

Berlusconi, insomma, sarà ricordato come un eccellente imprenditore nel mondo dello spettacolo, pur aiutato dalla politica, ma anche come colui che proprio con quello spettacolo ha inquinato la politica, con una ossessiva ricerca di un consenso quasi unanime (che non c’è mai stato) nella società di massa, finendo per cancellare le tradizioni e i sentimenti più nobili della politica stessa.

Ci sono altre prove evidenti, per esempio che non lascerà, al pari di tanti altri leader dimenticabili, nessuna grande opera né alcuna visione. A differenza di alcuni esempi relativamente recenti quali un Mitterand o un Tony Blair, con le loro piramidi moderne al Louvre o le ruote panoramiche che guardano e fanno guardare Londra.

In Berlusconi non c’è niente di tutto questo e anzi lascia persino un leader sbiadito come Tajani alla guida del suo partito o dei canali televisivi ormai sempre più minacciati dalla agguerrita concorrenza e dalle piattaforme del web come Netflix o Prime, per questo seguito soprattutto dai pensionati.

La ragione di un leader che in vita è parso debordante e geniale, ma che poi, di fronte alla Storia vera, si mostra per quello che è (un imprenditore, solo un imprenditore) è la piu’ banale e comprensibile di tutte e in fondo la conoscono anche i suoi fans: non aveva una visione in politica (in azienda invece sì). Purtroppo per lui e per noi l’ha usata per quasi 30 anni unicamente per salvare la rua “roba” e i suoi interessi privati.

Queste cose di fronte alla “S” maiuscola (la storia, quella vera) si pagano. In Italia la Storia del Novecento, iniziata con le rivoluzioni, per l’ Italiaetta finisce con un arrabattone che verso la metà degli anni ’90 prova banalmente a salvare le sue aziende.

Addio Silvio e buon oblio.

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