SANREMO, TERZA SERATA

Le gare stasera sono due e riguardano la prima i restanti quattro cantanti delle nuove proposte, l’altra una sfida a suon di cover fra i cosiddetti “big” in gara, divisi in cinque gruppi di quattro: fra i vincitori di questi gruppi sarà poi scelta la cover vincitrice della serata.

Ma, come avevo ampiamente previsto, la parte del leone la fanno le polemiche, visto che nasce un caso dopo il primo duello fra le nuove proposte, in cui una specie di Morticia Addams che si fa chiamare Miele e canta “Mentre ti parlo”, si scontra con Francesco Gabbani, una simpatica faccia da schiaffi toscana che canta “Amen”.

Morticia – pardon, Miele – mentre canta muove i piedi come se le scappasse la pipì e questa è la sola cosa notevole della sua esibizione. La canzone è un’alternanza di piano e di forte che finisce all’improvviso perché non sapevano come farla finire. Gabbani è più disinvolto e il pezzo è più accattivante e provocatorio, potrebbe diventare una hit. Io dico che vince lui ma lì per lì viene dichiarata vincitrice Morticia, salvo poi rettificare a mezza serata perché c’è stato un problema col voto della sala stampa.

Altra polemica, anche questa ampiamente prevista, nasce per i nastri arcobaleno che i cantanti esibiscono come segno di solidarietà alle coppie in attesa della sospirata legge sulle unioni civili: un deputato della Destra, tale Rampelli, annuncia un’interrogazione alla Vigilanza Rai perché ritiene che la TV di Stato dia così sostegno al matrimonio gay. Strano comportamento, da parte di una destra che evidentemente della libertà di espressione ha un concetto tutto suo: le sta bene se il cardinale Bagnasco – ossia lo Stato della Città del Vaticano – chiede il voto segreto al Senato sulla legge in questione, interferendo così in faccende che non lo riguardano, ma grida allo scandalo se degli artisti italiani, in piena libertà, esprimono civilmente e pacificamente il loro pensiero.

A proposito del cardinale Bagnasco, secondo me farebbe meglio a occuparsi dei preti pedofili e di quelli che rubano i soldi ai vecchietti per poi cercare di scappare all’estero (è cronaca di questi giorni), invece di impicciarsi delle leggi di uno Stato che, almeno in teoria, dovrebbe essere laico. Questa del voto segreto, poi, è buffa davvero. Lo chiedono perché così, dicono, i senatori potranno esprimersi in piena libertà. Secondo me, uno che per votare come pensa chiede l’anonimato, più che libertà ha bisogno di manifestare una bella dose di vigliaccheria.

Ma torniamo a Sanremo. Sempre per le nuove proposte, si sfidano Michael Leonardi e Sandokan, anzi, Mahmood. Il primo è italo-australiano e canta “Rinascerai”. Voce vagamente tenorile per un pezzo senza personalità. Terribile la frase finale in inglese. Mahmood è di evidenti origini nordafricane. Canta “Dimentica”, e accolgo volentieri l’invito. Voce brutta, da pagnotta in gola. Canzone orribile senza capo né coda. L’unica cosa notevole di questo ragazzo è il costume: è quello che me lo ha fatto scambiare con Sandokan. Ti pareva che non vinceva lui: più che la musica mi sembra abbia fatto premio in chi vota l’ansia di non sembrare razzista, forse per compensare il voto di ieri a favore di Chiara De lo Iacovo contro Cecile.

Va be’, da adesso in poi, pubblicità permettendo, la serata sarà tutta dedicata al revival. Mi divertirò a fare il criticone col modo in cui i cantanti in gara interpretano le grandi canzoni del passato.

Noemi, sempre rossa, canta “Dedicato”, successo della Bertè dal bel testo di Fossati. Interpretazione rock, non male. Noemi, indubbiamente, sa cantare.

Garko e la squinzia Ghenea stavolta entrano dalla platea ma sono comunque stucchevoli, soprattutto la squinzia: Garko almeno prova a fare autoironia. Presentano i Dear Jack che cantano, anzi, massacrano, “Un bacio a mezzanotte”, capolavoro di Kramer e del Quartetto Cetra. Orribile arrangiamento hip-hop per un brano romantico e polifonico. Da dimenticare.

Ma dov’è Virginia Raffaele?

Arrivano gli Zero Assoluto e si cimentano con “Ufo Robot”, peggio che andar di notte. Lo trasformano in una cosa zuccherosa e melensa, tipo le musiche di sottofondo negli ascensori dei grandi alberghi: terribile. Sparito il ritmo che era l’anima della sigla del mitico manga. Anche stasera sono inutilmente due, visto che si alternano nel canto e quando cantano insieme vanno all’unisono. Mandateli via!!!!

Ma finalmente ecco Virginia Raffaele, che stasera si trasforma in Donatella Versace. Trucco incredibile, gag a ripetizione; alcune, irresistibili, palesemente inventate lì per lì. Puro genio, nemmeno Carlo Conti riesce a resistere e ride come un matto.

Giovanni Caccamo e Deborah Iurato cantano Pino Daniele, con “Amore senza fine”. Lei stasera è carina: non ha l’aria da “ragazza con la pistola” della prima serata e musicalmente la coppia funziona. Dopo la melassa degli Zero Assoluto sono una boccata d’ossigeno.

In questo primo gruppo vince meritatamente Noemi.

Poi Patty Pravo canta, anzi, canticchia, un suo vecchio bel successo, “Tutt’al più”. È una canzone che amo molto. Mamma mia, è orribile. E per di più duetta con un rapper. Orrore, orrore: la canzone è completamente snaturata. Lei per giunta pare ubriaca e sfiatata. Ed è decisamente stonata. Il rapper ha pure un pesante accento di non so che regione del nord. Povera Patty! Il confronto con ciò che era è impietoso.

Alessio Bernabei canta “A mano a mano” di Cocciante aiutato da una coppia di ragazzi. Il pezzo è gradevole anche nelle armonizzazioni; subito dopo viene Dolcenera, che mi è simpatica. Il viso mi ricorda Magali Noel, la Gradisca di Amarcord di Fellini. Stasera è tutta in bianco e canta “Amore disperato”, un successo di Nada. Bella voce, indubbiamente (anche come fisico è messa piuttosto bene), e grandi capacità interpretative. Mi piace una cifra. Per quello che vale, le do il mio voto.

Clementino, il rapper, si cimenta (miodio) con De Andrè. Come osa? Canta “Don Raffaè”. Beh, bisogna ammettere che la interpreta bene. Vince la manche proprio lui, ma in realtà ha vinto Fabrizio.

Ennesima pausa pubblicitaria poi i Pooh, che da dieci anni stanno eseguendo il concerto d’addio. Magari questa è la volta buona. Insieme a Patty Pravo e a Morgan, i Pooh sono la prova che gli zombie esistono davvero. Si esibiscono in un medley dei loro pezzi storici. Non so se siano più patetici loro o il pubblico adorante. Quello alla tastiera, quando grida “Dio delle cwittwà (non è un errore: dice proprio cwittwà)” fa una fatica della madonna sugli acuti…

Cerco di essere cattivo, ma non ci riesco. Mi scopro a cantare insieme a loro, come probabilmente tutti i miei coetanei che stanno davanti alla TV. Alla fin fine sono canzoni con cui abbiamo sognato mentre ci facevamo le coccole con le nostre (allora) fidanzate. A sedici anni, con mio fratello, studiavo il riff della chitarra di “Piccola Kety”… Forse è questo che mi mette a disagio: loro e io abbiamo più o meno la stessa età e anche se molte loro cose non mi sono piaciute, i Pooh hanno comunque accompagnato la parte più importante della mia esistenza. Tempus fugit…

Il terzo gruppo dei cantanti in gara comincia con Elio e le Storie Tese che eseguono “Quinto ripensamento”, una cosa folle ispirata alla Quinta di Beethoven ripresa da “La febbre del Sabato sera”. Detesto le rivisitazioni dei classici, ma loro li perdòno perché sono geniali, come sempre. E poi Arisa canta “Cuore”, grande successo di Rita Pavone. Il cuore, interpretato come d’obbligo dal basso, è diventato aritmico ma lei è decisamente una brava interprete. Bella versione, decisamente, anche se preferisco l’originale.

Rocco Hunt, il rapper, si cimenta con “Tu vuo’ fa’ l’americano” di Carosone, e coinvolge il pubblico dell’Ariston. Si abbandona ai soliti movimenti spastici, ma almeno canta. Poi scivola nel suo stramaledetto rap. Peccato, perché quando canta non è male.

Pubblicità. Poi torna la Ghenea, giù per le scale. Gli autori le hanno suggerito di fare ironia chiedendo, come ha fatto la Kidman, l’aiuto di Conti. Se non parlasse potrebbe pure piacermi. Invece parla e presenta Francesca Michielin, quella dell’Azione cattolica, che ha scelto “Il mio Canto libero”, di Mogol-Battisti. Stasera sembra quasi una donna. Canta sempre come una mezza porzione di Pausini, ma bisogna ammettere che il pezzo lo sente e lo vive con intensità.

Per il terzo gruppo vince Rocco Hunt, come era prevedibile, anche se io avrei preferito Arisa.

Ma quanta pubblicità!!

Neffa canta “O Sarracino”, un altro pezzo di Carosone, in una simpatica versione un po’ sgangherata stile fanfara ebraica mitteleuropea. Fedele all’originale, continua a stonacchiare qua e là, e più che spesso, ma si fa perdonare. Valerio Scanu, invece, si cimenta con “Io vivrò senza te”. Ci vuole coraggio. Brutto arrangiamento, pezzo snaturato. Si siede al piano ma suona a malapena qualche accordo, giusto durante la strofa; patetico. No, non mi è piaciuto. Poi Irene Fornaciari canta “Se perdo anche te”, uno dei più bei successi di Gianni Morandi. Lei mi piace, anche perché l’arrangiamento è rispettoso della versione originale.

I finti sposini seduti in platea, con le loro battutine, sono patetici come sempre. L’unica cosa buona della loro esibizione è la rapidità con la quale finisce.

I Blu Vertigo – ossia Morgan – cantano “La lontananza” di Modugno. Interpretazione molto teatrale di Morgan, decisamente sopra le righe, ma il poveretto, che chissà perché decide di togliersi la giacca ma si copre di ridicolo perché ci riesce a fatica, si conferma a corto di mezzi vocali; alla fine, in questo gruppo vince Scanu. Mah.

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Bella la comparsata di Nicole Orlando, supercampionessa paralimpica, adorabile nel suo candore quando dice a Garko “Alla mia mamma non piaci”.

Lorenzo Fragola osa cantare “La donna cannone” di De Gregori. È bravino, ma una canzone come questa ha bisogno di una voce matura e pensosa, non di un chierichetto come Fragola.

Sono troppo buono, stasera. Comincio a preoccuparmi: non è che sto invecchiando davvero?

Enrico Ruggeri, un veterano affidabile. Canta “A canzuncella” degli Alunni del Sole. Bella versione, e se la cava pure bene col napoletano. A seguire, Annalisa ripropone “America” di Gianna Nannini. È caruccia, stasera, tutta di rosso, e cerca d’essere aggressiva nell’interpretazione. Però il pezzo non è giusto per lei, non ha la rabbia nella voce.

Gli Stadio eseguono “La sera dei miracoli” di Lucio Dalla. Cacchio, ci voleva. Che bel testo! Vera poesia. Un bell’omaggio a Dalla. Ovviamente vince la manche.

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Hozier, un ospite, ufficialmente canta ma io sento dei borborigmi incomprensibili all’inizio e degli abbaiamenti a seguire. Mi chiedo che bisogno ci sia di pagare ospiti del genere.

Ma quanta pubblicità! è la vera protagonista della serata.

La cover vincente, alla fine, è “La sera dei Miracoli”, e non poteva che essere lei. Sono contento per gli Stadio, e anche per Lucio Dalla.

Uff, è finita anche questa serata. Vado a letto pensando che adoro Virginia Raffaele e odio la pubblicità.

Giuseppe Riccardo Festa

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