Quanti oggi possono festeggiare ? Quanti hanno lanimo di festeggiare ? Eppure oggi si fa memoria istituzionalizzata del sacrificio e del martirio di migliaia di lavoratori, che hanno pagato con la discriminazione, il carcere, la morte la rivendicazione del diritto di ogni cittadino ad avere un lavoro e di un lavoro dignitoso per orario, condizioni, salario. Perché il lavoro non è una merce. Il lavoro è un valore che produce valori. Il lavoro è un valore umano. Un valore del lavoratore. In ciò che realizza il lavoratore manifesta e realizza se stesso, la sua intelligenza, la sua creatività, il suo vissuto, la sua natura umana. Perché il lavoratore è sempre un cittadino, una persona, un fine in sé, che ha parità di diritti-doveri ed è uguale a qualsiasi uomo-cittadino-persona-fine in sé. Queste espressioni grondano sofferenze e sangue, sono il risultato di dure conquiste e, in Italia, soltanto nel 1948 hanno ottenuto un riconoscimento in una serie di articoli della nostra Carta costituzionale. – LItalia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro (art. 1), il lavoro è il fondamento della Repubblica. – La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto (art. 4), perché il lavoro è uno dei diritti inviolabili delluomo-cittadino (art. 2), il cui godimento garantisce leguaglianza non solo giuridica ma anche economico-sociale. – Anzi è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e leguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e leffettiva partecipazione di tutti i lavoratori allorganizzazione politica, economica e sociale del Paese (art. 3). – La Repubblica tutela il lavoro in tutte le sue forme e applicazioni (art. 35), assicurando al lavoratore: il diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro (art. 36), alla donna lavoratrice gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore (art. 37), ai cittadini inabili al lavoro e sprovvisti dei mezzi necessari per vivere e ai cittadini in condizioni di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria anche il diritto al mantenimento e allassistenza sociale (art. 38), il diritto di associazione in organizzazioni sindacali che hanno personalità giuridica e compiti di rappresentanza dei cittadini-lavoratori (art. 39), la tutela dei diritti dei cittadini-lavoratori attraverso il diritto di sciopero (art. 40), il riconoscimento che liniziativa economica privata e libera non si possa svolgere in contrasto con lutilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla dignità umana (R. 41) e che la proprietà privata deve avere una funzione sociale, il fine dell utilità generale e del carattere di preminente interesse generale (artt. 42 e 43) e di bene comune. Alla distanza di 66 anni, i suddetti articoli della Costituzione economica sono ancora considerati non di valore tassativo e obbligatorio, e quindi fondanti, quali erano nelle intenzioni dei Padri costituenti, ma astrattamente programmatici: continuano ad avere una loro interpretazione come meri enunciati programmatici da confinare in una specie di preambolo (Giuseppe Dossetti). Perciò il lavoro resta un diritto sostanziale e sociale negato. Come il diritto ad una giustizia rapida e uguale per tutti; come il diritto alla salute e alla vita ecc. Ma senza il lavoro-valore al cittadino mancano i mezzi per vivere, mancano le condizioni per essere veramente libero e per esercitare una dignità fiera e autonoma. Senza il lavoro cè labiezione fisica e morale; cè la marginalità e la deriva sociale; cè la negazione delluomo; cè la fine delluomo. Il diritto al lavoro non può essere messo in discussione da nessuno, nemmeno dallo Stato. Di fronte al reiterato diniego della classe politica e dirigente, sempre più autoreferenziale, sempre più distante dai bisogni e dalle speranze della gente, sempre più ostinata a tutelare i privilegi dei potenti e prepotenti, al cittadino, singolo e associato, non resta che la resistenza e la reattività mediante la partecipazione diretta e responsabile alla vita sociale e politica, mediante la riappropriazione della sua sovranità, che appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione (art. 1). Buon I MAGGIO ai lavoratori, a chi il lavoro continua a cercarlo, a cercarlo in terre lontane, a chi il lavoro lha perso o rischia di perderlo, a chi vive di lavoro precario o mal retribuito, a chi cerca un agognato lavoro che gli dia dignità e libertà, a chi ha perso la speranza e vive nella rassegnazione e nella disperazione per il lavoro mancato, a chi non si dà per vinto, a chi sceglie di resistere e reagire e operare in questa nostra terra con coraggio civico, coerenza, onestà, a chi è credibile testimonianza di speranza per quanti ancora credono in una società più giusta e liberante. Buon 1° maggio a tutti. Francesco Filareto Coordinatore A.N.P.I. Rossano
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