
■Antonio Loiacono
Non è uno sketch di Crozza, né l’ultimo corto satirico di Propaganda Live. È una pubblicità che sta andando realmente in onda sulle emittenti nazionali: “Cremazione a rate. Un gesto d’amore, anche per chi resta”, dice la voce narrante con tono morbido da assicurazione casa. E subito dopo, l’offerta: pagamento dilazionato in comode mensilità. Il trapasso diventa servizio finanziario. L’ultima fiamma, gentilmente offerta da TAN zero e TAEG leggermente più alto.
Inutile controllare il calendario: non è il 1° aprile, è solo l’Italia del 2025. E questa volta, a bruciare, non sono solo i risparmi. È il senso del limite. Venduto, confezionato, pubblicizzato. Con la sua bella colonna sonora, i colori pastello e persino il tono rassicurante da “tutto andrà bene” che si usa nelle pubblicità di dentiere o mutui prima casa. E invece no: qui si parla di cremazione. Di addio eterno. Di trapasso. Ma col sorriso!
Il messaggio è chiaro: l’eternità può attendere, ma il piano rateale no.
Funerale? Troppo caro. Cremazione? Facciamola accessibile. Così il marketing ha trasformato l’ultimo saluto in un’occasione commerciale. Nessuna ironia: solo logica di mercato.
Il divano, le vacanze, il motorino. Le extension, il matrimonio, i corsi di yoga. Mancava solo la cremazione. Ora c’è anche quella, con pagamento in 24 o 36 mesi, e magari un bonus fedeltà se convinci anche la zia ad aderire.
La morte, una volta solenne, ora si presenta come un piano marketing.
Hai un budget ristretto? Nessun problema. Puoi lasciare questo mondo in modo “sereno e sostenibile”, ma senza scossoni al bilancio familiare. Il lutto? Va a debito. E poco importa se la famiglia piange: basta che paghi puntuale.
Altrimenti, chissà, magari parte il recupero crediti dall’aldilà. Con mora sul karma.
La cosa più inquietante non è tanto che esista l’opzione “cremazione a rate”, ma che la stiamo normalizzando. Perché nel mondo dell’infotainment e delle stories da 15 secondi, anche la morte deve essere comoda, accessibile, digitale. Smart! Un servizio come un altro, con pacchetto base, plus e premium. Magari con playlist personalizzata e urna con glitter.
E se la pubblicità è il termometro culturale di un Paese, qui la febbre è alta: l’aldilà è diventato un prodotto in saldo. L’industria funebre ha scoperto il marketing. Manca solo l’influencer che racconta la sua “esperienza crematoria” con codice sconto “MORTE10”.
Certo, il costo di un funerale è reale, e per molte famiglie rappresenta un peso insostenibile.
Ma il problema è più profondo. È la disinvoltura con cui accettiamo che anche il morire debba piegarsi alle logiche commerciali. È la perdita del limite, della misura, della sacralità. È l’idea che non ci sia più nulla che non si possa mettere su un catalogo, promuovere con una pubblicità, rendere “conveniente”.
In un Paese dove la sanità pubblica è a rischio e i salari stagnano, la vera assurdità è che l’unica cosa a portata di tutti sia il funerale… purché rateizzato. Alla fine ci bruceranno lo stesso: questo è sicuro! La novità è che ora lo potremo fare senza anticipo, in piccole rate, e magari con cashback.
Così anche l’ultimo viaggio diventa un piano di pagamento. E se va male, ci reincarniamo in operatori del call center post-mortem.
Benvenuti nella nuova era del capitalismo integrale: quello che ti segue fino all’ultima rata.
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