Matteo Salvini e il cristianesimo prêt-à-porter

In tutta sincerità non avevo voglia di commentare anche io la tempesta che si è abbattuta sulla Lega di Salvini in seguito al caso Luca Morisi: già mezza Italia l’ha fatto per iscritto e l’altra mezza lo sta facendo a voce, tra uno sghignazzo soddisfatto e uno scuotimento di testa.

Ben pochi osano alzare la voce in difesa dell’ex capo della comunicazione salviniana, l’ideatore della macchina mediatica che egli stesso, del tutto a proposito, aveva battezzato “la bestia” visto che era dichiaratamente una spietata macchina del fango: ne sanno qualcosa le ragazze che hanno osato criticare pubblicamente l’ex ministro dell’Interno e che, additate dalla “bestia” al pubblico ludibrio, sono state poi oggetto di insulti e minacce da parte dei fedeli della Lega.

Non posso però non rilevare l’encomiabile faccia tosta (non so come altrimenti definirla) che Salvini esibisce nell’ergersi in difesa di Morisi. Proprio lui, che degli strumenti propagandistici del suo sodale si è avvalso senza scrupoli e senza rimorsi, parla ora di calunnie e di necessità di comprendere e perdonare chi sbaglia.

Ma lo fa, appunto, solo ora: ora che nell’occhio del ciclone c’è un suo amico e sodale. Non lo faceva quando “la bestia” diffondeva insinuazioni, calunnie, insulti e grevi allusioni alla vita sessuale e privata dei suoi nemici politici.

Questo comportamento del senatore Salvini non è sorprendente: è anzi perfettamente coerente col quadro di assoluta incoerenza che emerge dal suo passato, pubblico e privato, soprattutto in materia di moralità.

Siamo oramai assuefatti a vedere il capo della Lega brandire vangeli e baciare ostentatamente rosari e crocefissi: come la sua amica-nemica Giorgia Meloni, infatti, Matteo Salvini ama dichiarare pubblicamente di praticare la fede cristiana e anzi sia l’uno che l’altra fanno di questa fede uno dei capisaldi della propria immagine pubblica.

Questione di immagine, appunto: Meloni, oltre a dichiararsi cristiana, fa regolarmente ritoccare con Photoshop i suoi tratti somatici per meglio apparire sui manifesti elettorali e Salvini, fra un crocifisso e l’altro, si mostra mentre golosamente ingolla salumi, pasticcini, hamburger e manicaretti vari. Da bravi italiani medi, entrambi si dicono cristiani e del cristianesimo esibiscono platealmente certe forme, riscuotendo il plauso di molti altri italiani medi.

Ciò perché il cristianesimo, certamente nobile nella parte della sua predicazione che parla di perdono, di amore per il prossimo, di generosità e di abnegazione, si presta purtroppo anche ad interpretazioni diverse e alternative, quelle appunto che sbandierano i leader politici in questione e che sbandierava anche Silvio Berlusconi, già leader a sua volta di un partito che è stato il più votato e popolare: interpretazioni che parlano di intolleranza, di chiusura, di “chi non è con me è contro di me”, di “o noi o loro”.

Questi leader, come tanti italiani, praticano insomma, nel pubblico e nel privato, quello che si può definire “cristianesimo prêt-à-porter”: un cristianesimo di cui scelgono a loro piacimento le parti che combaciano coi loro interessi politici e scartano con disinvoltura le altre: dunque no all’aborto, no al matrimonio degli omosessuali, no all’eutanasia, no al sesso con minorenni, senza se e senza ma; ma nessun problema per il disinvolto passare di partner in partner, per il divorzio, per la convivenza more uxorio, per la maternità fuori dal matrimonio (vantata anzi con orgoglio); dunque massimo rigore contro i piccoli criminali e contro gli spacciatori, se sono immigrati o poveracci, ma comprensione e umana pietà per l’amico che organizza festini gay a base di cocaina e droga dello stupro o per chi organizza “cene eleganti” con improbabili e minorenni “nipoti di Mubarak”.

Non mi sorprende che tutto questo avvenga, e spesso avvenga purtroppo col benevolo assenso di parte del clero cattolico, che è pronto a puntare l’indice accusatore contro il peccatore ordinario ma si mostra generoso e accondiscendente col peccatore potente e influente: non mi sorprende perché, come Giordano Bruno Guerri spiega nel suo libro “Gli italiani sotto la Chiesa”, la doppiezza e il relativismo morale fanno purtroppo parte del patrimonio genetico dell’italiano medio.

Stia dunque tranquillo, senatore Salvini: nonostante quello che è successo, nonostante la lampante dimostrazione dell’ipocrisia sulla quale è fondata la stessa esistenza del suo partito (ma non solo del suo, e non solo a destra), vedrà che lei, tutto sommato, di voti non ne perderà poi molti a causa della vicenda Morisi.

Non escludo, anzi, che questa vicenda, così tipica della mentalità dell’italiano medio, fra i tanti, innumerevoli italiani medi finirà per procurarle, al contrario, un proficuo soprassalto di solidarietà e simpatia.

Giuseppe Riccardo Festa

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