LE CONSEGUENZE DEL MIDTERM SUGLI USA (E SUL MONDO)

DI MARCO TOCCAFONDI BARNI

– Le elezioni di Midterm cambieranno poco o nulla nella strategia Usa. Partiamo da questo.

Il dado degli apparati è tratto – Sì, sono ben 168 milioni gli elettori statunitensi chiamati alle urne in quello che viene visto come una sorta di referendum sulla Casa Bianca a 2 anni dall’ inizio dell’ era Biden il quale, per la verità, è brillato soprattutto per la sua assenza in questa tornata elettorale. Ancora una volta oscurato da Obama. Sì, le elezioni per il rinnovo del Congresso sono comunque più importanti rispetto alle presidenziali. E ancora sì, martedì prossimo al grido di “Piamose gli Usa” Trump annuncerà la sua candidatura alle presidenziali del 2024, con un largo quanto inedito anticipo rispetto alla tradizione. E questo conta, parecchio. Eppure queste Midterm restano elezioni che in definitiva influiranno poco nella strategia a stelle e strisce. Capita perché gli apparati statali, nei tempi in bilico che viviamo, stanno decidendo gli scenari del futuro. Scrutando attentamente il secolo in vista della sfida cinese. Inevitabilmente tali trame strategiche prevedono un’ apertura alla Russia nel medio periodo, per quanto al momento appaia un’ ipotesi quasi impossibile, tuttavia ogni stratega lavora sempre in vista del brutto tempo e quindi è soprattutto la sfida finale alla Cina ciò che più importa nel periodo medio-lungo. Allora non esistono elezioni che tengano al riguardo, niente cambierà il futuro del pianeta immaginato dalle 17 agenzie di Intelligence e dal Pentagono, né queste elezioni di Midterm né le future presidenziali del 2024. La strategia Usa per questo secolo è segnata, la politica Usa come gli apparati ne sono consapevoli.

Mid Term, un  evento importante ma più teorico che reale – Certo, in teoria si tratta di un appuntamento importante per il paese egemone e che, come sempre, arriva a 2 anni esatti dall’elezione del presidente. E’ una tornata elettorale che potrebbe rendere il presidente, come detto sempre più assente e senescente, un’ anatra zoppa, invero come è accaduto quasi sempre negli Stati Uniti, ma senza portare per questo ripercussioni significative sull’ azione della amministrazione stessa o nei rapporti tra apparati (Congresso) e Casa Bianca. In questa tornata saranno comunque rinnovati tutti i 435 seggi della Camera dei rappresentanti (in carica per due anni), che quasi certamente si tingerà di rosso, andando dunque ai repubblicani, poi anche un terzo dei 100 seggi del Senato, che al momento appare in bilico. Il probabile  viatico per alzare una “diga blu” alla cosiddetta “onda rossa” del GOP.

Un’ onda repubblicana o una vittoria a metà ? Forse più la seconda rispetto alla prima. Insomma, se per la Camera la partita è segnata da tempo e la vittoria del GOP appare chiara, molto più incerta è la partita al Senato, dove la gara sembra ancora contendibile grazie ai soliti stati decisivi del Mid West,  per esempio la Pennsylvania. Al solito quasi tutto dipenderà dall’esito del voto in questi Stati, di volta in volta incerti e dirimenti. Sono sempre loro, proprio quelli del Mid West. Se  la vittoria democratica in Pennsylvania è più di un’ ipotesi, ci sono anche il Nevada, la Georgia e il mitico Ohio. Anche da questa incertezza una rinnovata, non inedita per la verità, aggressività di “The Donald” il quale, oltre ad anticipare in maniera veramente anomala per i tempi della politica Usa la sua discesa in campo il 15 novembre prossimo (con ben 2 anni di anticipo sulle presidenziali), teme l’ostilità sempre più manifesta degli apparati statali. Memori sia delle interferenze del tycoon sul dossier “Russia e Ucraina”, sia dell’ enorme danno di immagine causato con l’assalto al Campidoglio. Gli apparati considerano Trump l’ispiratore, se non addirittura il mandante,  di quell’ inaudito sconcio per la reputazione dell’ egemone mondiale. Definire gli apparati statunitensi fortemente ostili all’ oligarca neyorkese è un eufemismo.

Le ali del Mid West sull’ Ucraina – Siamo dunque vicini alla mitica metafora del battito d’ali di una farfalla che può provocare un uragano dall’altra parte del mondo. Infatti ciò che succederà negli Stati Uniti nelle prossimo ore, soprattutto tra il Mid West e il Sud del paese (le 2 coste, al di là delle suggestioni giornalistiche su una improbabile onda repubblicana addirittura a New York, hanno vita propria  e sono un discorso a parte), avrà alcune ripercussioni in Ucraina. Non a caso da Kiev il presidente Zelensky anche nei giorni scorsi ha più volte esortato gli Stati Uniti a non mollare la partita con la Russia, qualunque sia il risultato delle elezioni. Non andrà così, perché la scelta degli apparati è obbligata, ma soprattutto non riguarda queste elezioni e soprattutto prima o poi costringerà, dapprima, ad aprire a un negoziato e infine alla stessa Russia. La partita con la Cina è infatti troppo importante per farsi distrarre da un impero russo sempre più malmesso e persino perdente su tutta la linea a livello strategico. Ancora una volta le elezioni, in un paese come gli Stati Uniti che non sono nemmeno una democrazia compiuta, non è prevista la segretezza del voto, dimostrano di cedere il passo a inevitabili decisioni strategiche sul lungo respiro. Non è certo una buona notizia per il futuro di Kiev. Chissà per il mondo.

Print Friendly, PDF & Email

Visits: 1

Puoi essere il primo a lasciare un commento

Lascia una risposta