La tragedia di Casalpalocco: sono davvero tutti così i giovani di oggi?

Da una parte quattro o cinque imbecilli che si credono fighi se fanno gli spacconi su una supercar finendo con l’assassinare un bambino innocente, a Roma, e col distruggere una famiglia; dall’altra esempi di altri giovani, come quelli del Liceo Scientifico di Cariati, che si appassionano in attività di ricerca scientifica, e quelli che ho occasione di frequentare in un altro Liceo Scientifico, il “Galileo Galilei” di Macerata, dove, assistendoli nella preparazione di uno spettacolo dedicato al centesimo anniversario del loro Istituto, ho personalmente modo di affezionarmi a ragazzi che amano il Teatro, la Musica, la Poesia; insomma, in una parola, la Cultura; e come loro, in tutta Italia, di esempi di ragazzi così ce ne sono tanti, tantissimi; innumerevoli.

“Cultura” è una parola usata e abusata, tanto che perfino gli imbecilli di Casalpalocco, sono pronto a scommetterci, sono convinti che le loro insulse, sbracate e sboccate bravate, da diffondere sui social media, siano “operazioni culturali”. Ma “Cultura” è una parola sacra, che andrebbe usata con rispetto e con moderazione, riservandola a quelle attività che, attingendo dal patrimonio di conoscenze di chi ci ha preceduto, se ne serve per elaborare nuove conoscenze da trasmettere a chi verrà dopo di noi.

Gli imbecilli di Casalpalocco non rappresentano tutti i giovani della loro generazione, tutt’altro: migliaia e migliaia di ragazzi inorridiscono di fronte alla stupidità di quei comportamenti; migliaia e migliaia di ragazzi non vivono nel mito dei “like”, della notorietà sui social media, dell’esibizione di sé a qualunque costo. Ma è pur vero che sono tanti, troppi, quelli che invece hanno perso ogni contatto con la realtà vera, con i valori veri, con i veri rapporti umani, lasciandosi scivolare in una sorta di vertigine che in loro ha del tutto alterato, fino a cancellarlo, il senso della realtà, della responsabilità delle proprie azioni, del valore e del peso dei propri comportamenti.

È inevitabile, a questo punto, che ci si chieda: perché quei giovani sono precipitati in quella vertigine? La domanda ha mille risposte, tutte giuste e tutte insufficienti: la scuola che troppo spesso non insegna e che se insegna ha comunque rinunciato a educare, il troppo benessere che in alcuni induce la noia e con la noia la voglia di sballo, la famiglia che troppo spesso è assente, i genitori che troppo spesso sono troppo indulgenti, i politici che sono troppo concentrati sul proprio ombelico.

L’avverbio che ricorre sempre, in tutte queste risposte, è “troppo”, e cozza con la constatazione che è invece assente un altro avverbio: “abbastanza”: è evidente, infatti, che in quegli imbecilli ci sono carenze. Non c’è stata, evidentemente, abbastanza severità in chi li ha cresciuti, non c’è in loro abbastanza coscienza del peso delle loro azioni, non c’è nella società abbastanza attenzione ai problemi e alle difficoltà delle nuove generazioni, non c’è abbastanza consapevolezza del valore reale delle cose.

Il che non toglie che, a dispetto di queste carenze nei quattro o cinque imbecilli di Casalpalocco, e nei tanti altri imbecilli come loro, che come loro imperversano sui social media, ci siano invece migliaia di giovani di quelle stesse nuove generazioni che, come i ragazzi del Liceo Scientifico di Cariati e quelli del Liceo Scientifico Galileo Galilei di Macerata, sono responsabili, maturi, consapevoli e attenti. Loro sono il futuro, e sanno di esserlo; e non farebbero mai le bravate degli imbecilli che, invece, il futuro lo distruggono, per sé stessi e per gli innocenti che, come il piccolo Manuel, hanno la sventura di subire la loro imbecillità.

No, decisamente, non rappresentano le nuove generazioni, quei quattro o cinque imbecilli di Casalpalocco di Roma. Ma è pur vero che di imbecilli come loro, e anche per colpa di noi genitori ed educatori, ce ne sono troppi: decisamente, maledettamente troppi.

Giuseppe Riccardo Festa

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