La Restanza: la forza di chi decide di fermarsi

Mons. Domenico Pompili, Vescovo di Verona, riflettendo sull’agenda della Chiesa Italiana, scrive: “Nelle congiunture problematiche, resta ciò che regge all’urto del cambiamento. Il che non ha un valore minimale, ma esprime appunto la linea di forza su cui stare, per non essere sopraffatti”. (Comunicazionisociali.chiesacattolica.it, 7 aprile 2013).

Nel panorama antropologico contemporaneo, uno dei temi più dibattuti riguarda la condizione problematica del Sud d’Italia e la complessa questione legata alla migrazione interna e alla fuga, altrove, dei giovani in cerca di opportunità!

Tuttavia, c’è un aspetto meno discusso ma altrettanto significativo: la posizione di coloro che scelgono di restare, rinunciando a tagliare i legami con la propria terra e la comunità d’origine non per rassegnazione ma con un atteggiamento propositivo.

In un contesto in cui la narrativa dominante, spesso, dipinge il Sud come una terra di emigrazione, povertà e arretratezza; coloro che decidono di rimanere rappresentano un esempio di resilienza e fiducia nelle proprie risorse e capacità di cambiamento. Questi individui scelgono di restare non per inerzia o mancanza di alternative, ma perché credono fermamente nella possibilità di contribuire al rinnovamento e al progresso della propria comunità.

La decisione di restare nel parallelo 38°N, può essere motivata da molteplici fattori!

Innanzitutto, spesso, c’è un forte legame affettivo con il territorio d’origine, con le tradizioni, la cultura e le relazioni interpersonali che lo caratterizzano. Questo legame emotivo può essere un motore potente che spinge le persone a investire le proprie energie e risorse per migliorare le condizioni della propria comunità.

Inoltre, chi decide di restare nel Sud può essere mosso da un senso di responsabilità verso la propria terra e le generazioni future. Queste persone comprendono che il cambiamento non avverrà da un giorno all’altro e che sarà necessario un impegno costante e collettivo per costruire un futuro migliore per tutti.

In un tempo caratterizzato da fenomeni migratori e spopolamento delle nostre aree interne, la scelta di rimanere assume un significato particolare. Chi decide di restare non è solo un testimone della storia e delle tradizioni del luogo in cui è nato, ma è anche un agente attivo di cambiamento e sviluppo.

Le persone che scelgono di restare nel Sud d’Italia spesso si impegnano in progetti e iniziative volte a valorizzare le risorse locali, a promuovere lo sviluppo sostenibile ed a contrastare la marginalizzazione e l’emarginazione delle comunità più vulnerabili. Queste, rappresentano la linfa vitale delle comunità del Sud e portano con loro la saggezza delle tradizioni e la determinazione a costruire un destino comune basato sulla solidarietà, sull’innovazione e sulla speranza ed agiscono da veri e propri catalizzatori di cambiamento, lavorando per creare un futuro più inclusivo, equo e prospero per tutti.

La scelta di restare a può essere anche una forma di resistenza culturale e sociale contro le narrazioni dominanti, che dipingono il Sud in modo negativo. Coloro che decidono di restare dimostrano che è possibile sfidare gli stereotipi e costruire un’identità positiva e consapevole del proprio contesto di vita: una scelta non priva di sfide e difficoltà!

Le condizioni economiche, sociali e infrastrutturali di molte nostre aree, possono rappresentare ostacoli significativi per chi decide di investire nelle proprie comunità. Tuttavia, proprio grazie alla determinazione e alla resilienza di coloro che scelgono di rimanere, è possibile intravedere la possibilità di un cambiamento positivo e duraturo.

Nell’era moderna, caratterizzata da un rapido cambiamento e da una crescente omologazione culturale, l’importanza della restanza, intesa come un’adesione profonda e radicata ad un luogo in senso antropologico, emerge come una forma di resistenza e di preservazione delle identità locali. Questa scelta non è solo un atto di conservazione, ma rappresenta anche una risposta alla necessità di preservare la propria identità e il proprio benessere emotivo in un mondo sempre più globalizzato e standardizzato.

Nel cuore della restanza si trova il concetto di resilienza ai disastri, una capacità umana di adattamento e di ripresa di fronte alle avversità e alle sfide che la vita ci pone di fronte. In tale quadro, la resilienza diventa un valore fondamentale per affrontare le difficoltà e per ricostruire, dopo le catastrofi. Tuttavia, questa forza interiore non deve essere interpretata solo come una capacità di ripresa individuale, ma anche come una risorsa collettiva che si manifesta attraverso la coesione sociale, la solidarietà e la capacità di collaborare per affrontare le sfide comuni. In questo contesto, la restanza diventa un’emanazione di questa robustezza collettiva, un modo per le comunità di resistere alle pressioni esterne e di preservare le proprie tradizioni, la propria cultura e il proprio territorio.

Allo stesso tempo, la restanza rappresenta anche un rifiuto delle modificazioni traumatiche e delle scelte assistenziali imposte dall’alto, che spesso rischiano di ledere l’autonomia e l’autodeterminazione delle comunità locali.

Troppo spesso, infatti, le politiche di sviluppo e di intervento governativo trascurano le specificità e le esigenze delle comunità locali, imponendo soluzioni standardizzate che ignorano le conoscenze e le risorse locali. Pertanto, è fondamentale promuovere un approccio partecipativo e inclusivo allo sviluppo e all’intervento territoriale, che valorizzi le competenze e le risorse delle comunità locali e favorisca la costruzione di soluzioni sostenibili e a lungo termine.

Affrontare le sfide del presente e del futuro richiede un approccio olistico e partecipativo che valorizzi la diversità culturale e promuova la sostenibilità ambientale ed economica. La restanza diventa così un simbolo di questa resistenza e di questa resilienza, un’espressione di orgoglio e di attaccamento alla propria terra e alle proprie radici, ma anche una dichiarazione di apertura e di dialogo con il mondo esterno.

Attraverso ciò che avanza, le comunità possono infondere un senso di appartenenza e di radicamento che va oltre il semplice legame fisico con il territorio, trasformandolo in un legame emotivo e spirituale profondo che nutre la resilienza e la coesione sociale. Questo legame con il luogo è fondamentale per la costruzione di identità individuali e collettive solide, che fungono da base per affrontare le sfide e le trasformazioni che caratterizzano il mondo contemporaneo. In un’epoca in cui le dinamiche globali minacciano le diversità culturali e ambientali, la restanza si presenta come un baluardo contro l’omologazione e l’omogeneizzazione delle identità.

Essa promuove la valorizzazione delle differenze e la conservazione delle tradizioni locali, contribuendo così a preservare la ricchezza e la diversità del patrimonio umano. Tuttavia, affinché la stessa possa davvero essere un motore di cambiamento positivo, è fondamentale che venga accompagnata da politiche pubbliche inclusive e rispettose delle esigenze e delle aspirazioni delle comunità locali.

Con un approccio partecipativo e inclusivo alla governance territoriale, sarà possibile garantire lo sviluppo armonico e sostenibile delle comunità e dei territori nel rispetto delle identità locali e della biodiversità culturale. La restanza, quindi, non è solo un atto individuale o collettivo di resistenza e resilienza, ma anche un invito a costruire insieme un futuro più equo, sostenibile e inclusivo per tutti: un’opportunità per riscoprire e valorizzare le radici e le identità locali, per difendere la diversità culturale e ambientale del nostro pianeta e per costruire un mondo più giusto e solidale. È attraverso la restanza che possiamo alimentare la speranza di un futuro in cui le comunità possano prosperare in armonia con la natura e con gli altri, preservando la bellezza e la ricchezza delle differenze che ci rendono unici.

In un’epoca in cui le comunità sono sempre più esposte a minacce e a trasformazioni rapide, la restanza si configura come un antidoto alla ratifica ed alla perdita di identità, un faro che guida le comunità nel mare burrascoso dei cambiamenti globali, la forza e la determinazione per resistere alle avversità e per costruire un futuro migliore per le generazioni presenti e future.

La forza di chi decide di restare è la forza di chi crede nel potere trasformativo dell’impegno collettivo, nella bellezza della diversità e nella ricchezza delle radici culturali. Queste persone sono i veri custodi della memoria storica e dei valori autentici che caratterizzano il Sud ed il loro esempio ci ricorda che, anche di fronte alle sfide più ardue, è possibile trovare la forza per resistere, per cambiare e per crescere insieme.

La restanza rappresenta un atto di amore e di impegno verso il proprio territorio e la propria comunità, un atto di resistenza e di resilienza di fronte alle sfide del presente e del futuro. Promuoverla, significa difendere la diversità culturale e ambientale del nostro pianeta, valorizzando le identità locali e costruendo un mondo più inclusivo, sostenibile e solidale per tutti: chi sceglie di restare dimostra che è possibile perseguire obiettivi di benessere e realizzazione personale senza dovere, necessariamente, abbandonare il proprio contesto di vita e le proprie idee.

Antonio Loiacono

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