
Le rubo, signor Sindaco, solamente un minuto;
Mi lasci raccontare che cosa mè accaduto.
Io, sulla strada, vede, mi muovevo a mio agio
senza padroni, libero: ero un gatto randagio.
Vivevo sulla strada, mi muovevo sicuro
e se arrivava un’auto schizzavo sopra un muro.
Purtroppo quella sera, quando m’hanno schiacciato,
il tempo della fuga non l’ho ben calcolato
o forse quell’autista che m’ha dato la morte
aveva i fari spenti, o andava troppo forte.
Sta di fatto che io, tutte le nove vite
che avevo, in un momento me le sono finite.
Ora giaccio insepolto sulla via Nazionale.
E vedermi, mi creda, fa stare tanto male:
giaccio steso su un fianco, con gli arti dilaniati
nei pressi del teatro della nostra Cariati.
Noi mici, signor Sindaco, non facciamo casino.
Pensiamo: se è successo, allora era destino;
e poi sappiamo bene che ben poco disagio
provoca negli umani la morte d’un randagio.
Tuttavia mi permetta almeno una preghiera:
io sto qui a consumarmi, morto, da quella sera
perché nessuno ancora mi fa la cortesia
di prendere il mio corpo e di portarlo via.
Raccogliere i miei resti non è ’sto gran lavoro;
oltre che a me, un po’ a tutti porterebbe decoro.
Da vivo, sa, badavo parecchio all’apparenza
e mi lisciavo il pelo con scrupolo e coscienza;
ma adesso, lei capisce, essendo un po’ defunto,
sono malconcio, sudicio, rinsecchito e consunto.
Sto qui morto e insepolto già da una settimana:
la prego, faccia un fischio alla nettezza urbana!
Non le chiedo, mi creda, chissà che funerale:
mi basterà una scatola, o un sacco, in cui trovare
rifugio, pur sapendo che come di prammatica
se lascerò la strada sarà per la discarica.
In fondo, signor Sindaco, per me non cambia niente:
io lo dico per lei. Che penserà la gente
che mi vede ogni giorno, passando, consumarmi
senza che mai nessuno si sogni di spostarmi?
Io le parlo da amico, non voglio disturbare.
Un primo cittadino, lo so, ha tanto da fare
e certo non ha tempo per insignificanti
e stupide minuzie: problemi già ne ha tanti,
dal mattino alla sera, pensando con costanza
al bene ed ai bisogni della cittadinanza;
non può certo occuparsi - chi gli darebbe torto? –
d’un gatto sulla strada; per giunta un gatto morto.
O forse no? Ci pensi. È comunque un segnale
se le piccole cose le si comincia a fare.
Oggi un gatto ammazzato, domani una spazzata,
poi magari s’inizia con la differenziata
(ma sul serio!). Ho finito, non la voglio irritare;
Le ho detto la mia storia e me ne posso andare.
Però impari anche lei dal doloroso fatto
che ha segnato il destino per me, povero gatto:
io ho sbagliato a saltare: questione d’un secondo
e non sarei finito così nell’altro mondo.
La storia la decidono, spesso, proprio i dettagli.
Ci pensi: eviterebbe, forse, parecchi sbagli.
(Preghiera raccolta dal gatto defunto a cura di Giuseppe Riccardo Festa)
Views: 130
Lascia una risposta
Devi essere connesso per inviare un commento.