La festa di San Cataldo, raccontata da Cataldo Perri.

San Cataldo (da Ohi Dottò- Cataldo Perri ed Rubbettino) Era il dieci maggio e la statua di San Cataldo elegante, regale, autorevole, era appena uscita dalla cattedrale. Zio Cosimo, volontario cerimoniere tuttofare, specializzato in feste religiose e funerali armato di divisa della banda musicale Città di Cariati, aveva appena dato il via all’artificiere. La batteria dei fuochi ha cominciato a crepitare allegria e leggerezza per il corso xx settembre, disperdendo nell’aria buon umore per tutti i vicoli del centro storico, fino alla marina. Il segnale che la processione era già al Ponte e cominciava a marciare alla volta della cappella sul mare. Le tre dita del protettore, puntate verso il cielo, riuscivano ancora una volta a regalare speranza a tutti: ai carabinieri in alta uniforme, agli ammalati con gli occhi pieni di lacrime, agli emigranti nostalgici, ai credenti, ai non credenti, ai bambini addobbati con il vestito del santo, mitra copricapo compresa, ai politici con le loro cravatte tamarre e un ebete sorriso d’ordinanza. Quei botti ricordavano che la brutta stagione era finita e cominciava l’estate. Lo sapevano i ragazzi che finalmente potevano indossare i pantaloncini corti e potevano litigare con i genitori per avere l’assenso al primo tuffo in mare. Lo sapevano le ragazze desiderose di poter mostrare, con l’occasione della festa, i primi segni di una tenera maliziosa femminilità. Lo sapevano gli adolescenti innamorati che potevano appartarsi dietro il cimitero e al ponte del Varco per esplorare il piacere della prima sessualità, con la benedizione della festa e del santo. Lo sapevano i venditori di mostaccioli di Soriano, lo sapevano gli ambulanti di colore, orgogliosi dei loro tamburi e dell’artigianato africano. Lo sapevano i pellegrini affamati che addentavano salsicce fumanti e lo sapevano i portatori dei majo, imponenti pali di legno addobbati con fusiddi, cudduredde coperte di zucchero, cioccolatini e confetti rossi. Il tutto sormontato da una povera quaglia viva. Quando la processione era giunta al porto salutata da altre batterie di petardi, mi sono sentito toccare sulla spalla: “Buon onomastico dottò! Che ci fa un uomo di sinistra in processione?” “E che ci fa un anarchico dietro a un santo?” “Ma San Cataldo, non appartiene solo al clero e ai fedeli cattolici, questo santo è la comunità cariatese, è l’infanzia povera e felice, la maturità, la malattia, l’emigrazione, il ritorno, la speranza, la nostalgia”

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