UN COVO DEL GUSTO, LA CANTINA STORICA MARINELLI

FONTE: SLOWFOODCALABRIA.IT – ARTICOLO DI MARIANNA MONTESANTO “Il vino è uno dei maggiori segni di civiltà nel mondo”. Recita così una citazione dello scrittore statunitense Ernest Hemingway nel saggio “Morte nel Pomeriggio”.È, questo, certamente, è anche il leit motiv che, nell’intimo, spiega e traduce la mission di Antonio MARINELLI che, nel cuore di uno dei centri storici più grandi e popolati della Calabria, a Rossano, ha ereditato, dal celebre papà Giuseppe, una delle cantine tipiche più antiche e note dell’Urbs bizantina. Insieme alla moglie Donata FILADORO, vera artigiana in questa autentica fucina di piatti della memoria, Tonino riesce ogni giorno a far ubriacare di gusto e sapori d’un tempo generazioni diverse ed ospiti di ogni provenienza, arrivando a rappresentare, negli ultimi anni, uno fra i punti di riferimenti della cucina tradizionale di qualità nella Città alta e nel territorio. A vederla da fuori, attratti dalle belle botti all’esterno, il covo del gusto targato MARINELLI (l’insegna è recente), al passante appare subito come uno di quegli anfratti magici e pregni di curiosità indotta, perché non intaccati dal trascorrere del tempo e non scalfito dai cliché abusati della modernità senz’anima. Quasi come un angolo parigino di fine Ottocento frequentato da tanti poeti maledetti. Entrandovi, però, invece di Charles Baudelaire con un bicchierino di assenzio, ci si imbatte in una genuina atmosfera identitaria, tra botti, sciannacheddi stracolmi e tanti piatti colorati, misti a profumo di mosto, proprio come in questi giorni di ricca vendemmia più – vero valore aggiunto – la tante succulenze autoctone (dai “riuneddi” piccanti con patate ai cannarozzeddi con fave, piselli e finocchio fresco, dalle melanzane con olive e sarde ai tagliolini fatti in casa con cinghiale, a seconda delle stagioni) in continua preparazione; infinite ricette – sia chiaro – praticamente latitanti nella maggior parte dei menù della ristorazione tout court! Tre generazioni vi si sono succedute: dal nonno Antonio al papà Giuseppe fino ad arrivare ad oggi, con Tonino e consorte. Quella di MARINELLI non è certo l’unica della diffusa rete di cantine storiche rossanesi. Certamente, però, è una di quelle di cui si è spesso sentito parlare perché ha saputo aprirsi e adattarsi, senza rinunciare a qualità e prodotti del terroir, alle esigenze del turismo culturale ed enogastronomico. Non a caso, l’11 novembre del 2007, nella ricorrenza di San Martino, l’associazione europea “Otto Torri sullo Jonio” vi ha ospitato il 41° Caffè Filosofico, tributando, alla presenza di numerosi rappresentanti istituzionali del territorio, il 2° Premio 8tj per la comunicazione, il marketing territoriale e la valorizzazione dell’identità, proprio alla memoria di Giuseppe MARINELLI, scomparso qualche mese prima. Ancora oggi, anche nella nuova versione di recente restaurata, quella targa con la bella dedica originale del Preside Giovanni SAPIA ed una foto di quel momento emozionante e vissuto dalla comunità, fa parte integrante dell’arredo della cantina MARINELLI. Il papà di Antonio, Giuseppe, nonno di Tonino, aprì la cantina nel lontano 1952. Ma – ci dicono in tanti – niente fa escludere l’ipotesi che proprio lì, ancor prima dei Marinelli, fosse allocata un’altra cantina. A Rossano, del resto, ve ne erano tantissime (oggi ne restano 4 o 5) e svolgevano una preziosa funzione sociale. L’impronta legata a doppio filo al vino buono viene, manco a dirlo, dalla vicina Cirò, terra del Vino e di Lilio. Giuseppe vi si recava per lavoro e qui affittò il cosiddetto “pavimento” sul quale si lavorava il famoso “nettare degli dei”. Con il passare del tempo – racconta oggi Tonino – il papà Giuseppe comprò per se’ tutti gli attrezzi necessari portandoseli a Rossano, insieme ovviamente ad un po’ di esperienza e passione acquisite e rinforzate. Quegli attrezzi sono ancora oggi visibili perché esposti in bella vista alle pareti della cantina-museo tra foto e personaggi d’epoca; alcuni passati a miglior vita, altri continui assidui e simpatici frequentatori, come Mimì, uno scrigno umano di storie e leggende da ascoltare, tra impeti ed emozioni, così come capita a chi frequenta questi posti dalla familiarità immediata. La forma, infatti, qui, è quella minima, ancorata alle sole regole della buona educazione. Per il resto, basta entrare col sorriso, salutare tutti e si diventa presto amici di famiglia, seduti uno vicino all’altro, in un unico piacevole dibattito a voce alta, su qualsiasi argomento. È un po’, anche questa, la magia naturale delle cantine. Di tutte: la spontaneità è il biglietto d’ingresso e, al tempo stesso, l’unità di misura dell’accettazione degli “estranei” da parte degli habitué. Dal 1972 ad oggi la lavorazione delle uve acquistate nel cirotano continua ad essere fatta a Rossano, in via San Bartolomeo. Come il papà Giuseppe, Tonino ha continuato questa tradizione. E l’ha anzi arricchita. Allargando gli orizzonti e diversificando di fatto i target di questo luogo divenuto affascinante e tappa suggerita, oggi, per chiunque sia amante della buona cucina, del buon vino e nemico della fretta! Qualche esempio. Tra gli ospiti illustri della cantina storica, da ultimo, anche il responsabile della pagina culturale domenicale de Il Sole 24 Ore, l’epistemologo Armando MASSARENTI insieme all’assessore regionale alla cultura Mario CALIGIURI. Come ogni anno, in periodo di vendemmia, Tonino MARINELLI si reca nel cirotano (nelle zone denominate “U Vadd”, “Refrisa” e “Feddurago”) per scegliere ed acquistare l’uva migliore destinata a produrre in media, a seconda delle annate, circa 300 quintali di vino. Questa del 2012, come fu quella del 2007 – ci dice Tonino – sono le annate migliori. Quest’anno – continua – è piovuto nei periodi giusti e l’uva non ha avuto alcun tipo di malattia. Insomma, a novembre dalla cannedda uscirà buon vino. Da scommetterci! Le botti, rigorosamente di castagno, vanno da 1 e 2 quintali ai 50 litri. Ci si inebria solo a guardarle! Tante le storie e le vicende personali passate sui tavoli e di cui restano impregnate le pareti. Se solo potessero parlare questi muri – chiosa sorniona la moglie Donata. Tanti personaggi, tante relazioni, tante discussioni anche animate, tanto vino e – attenzione – tanti santini protettori. Su ogni botte, infatti, seguendo un rito ereditato dal papà, Tonino continua ad appiccicare un santino. Ogni botte ha il suo. “È una tradizione della nonna – ci spiega – in segno di buon augurio per la vendemmia e per il vino in botte. E funziona!”.

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