Noi fummo salvati da Silly, la nostra prima cagnetta, che due giorni prima di morire per cause naturali ci svegliò, la notte, abbaiando furiosamente. Il giorno dopo seppi che i vicini erano stati visitati da certi ladri acrobati che si arrampicano sui balconi, stordiscono la gente con uno spray soporifero e poi gli svuotano gli appartamenti.
Non ho armi, perché odio le armi tanto quanto odio i ladri e non voglio avere per casa né le une né gli altri. Però mi rendo conto di quanto ci si debba sentire, letteralmente, stuprati da un estraneo che arriva, fruga tra le cose – che non sono semplici cose ma pezzi di vita – e si porta via quelle che, oltre al valore affettivo, ne hanno anche uno venale.
Capisco tutto, capisco anche che ci si voglia difendere.
Però mi resta un dubbio di fondo che può nascere solo se quella situazione non la si è vissuta personalmente; o che forse dovrebbe nascere comunque, perché altrimenti si rischia di perdere il senso delle proporzioni, e si finisce col pensare che avevano ragione i re d’Inghilterra, quando impiccavano i ladri di cervi nei loro parchi, o i cow boy, che impiccavano i ladri di cavalli.
Partiamo dal fatto: il morto era un ladruncolo. Non un assassino, uno stupratore o un picchiatore di bambini: un ladruncolo che si stava portando via delle stecche di sigarette.
D’accordo, ha forzato la porta; d’accordo, aveva dei complici; d’accordo, era notte; d’accordo, la nostra giustizia spesso li giudica e poi li rilascia. D’accordo su tutto. Ma sempre un ladruncolo era.
E mentre sento politici di destra e del nord starnazzare sul diritto alla legittima difesa, mi chiedo: siamo sicuri che sia legittima difesa, prendere a fucilate nella schiena un ladruncolo? Ci ha pensato, quel ristoratore, mentre scendeva le scale, a gridare: “Chi è là? Andate via, sono armato!”? Non c’ero, e non lo so. Ma pare di no. Ecco, se l’avesse fatto, già l’ipotesi di legittima difesa mi sembrerebbe più plausibile.
Non conosco la risposta, perché io non ero al posto di quel ristoratore che, sentiti i rumori di sotto, ha preso la doppietta, l’ha caricata, è sceso e poi – dice – ha lottato coi ladri, e mentre lottava gli è partito un colpo (c’è chi dice due), e purtroppo (afferma adesso) ha colpito il ladruncolo alla schiena (qualcuno, però, ha sentito che gridava: “Uno l’ho preso!”).
In ogni caso, mentre il suo avvocato dice che “è distrutto”, i giornali lo fotografano al contrario sorridente, abbracciato a un trionfante Salvini che lo chiama “eroe”.
Non c’ero, non posso giudicare. Però uno che ammazza un ladruncolo, nemmeno armato, e fosse anche per legittima difesa, non so voi, miei cari ventiquattro lettori: con tutte le ragioni che gli si possono riconoscere a me, chiamarlo “eroe”, sembra decisamente eccessivo.
Giuseppe Riccardo Festa
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