Il “Gruppo Famiglie Interparrocchiale” di Cariati: L’importanza della RSAM per il territorio

Noi componenti del ‘Gruppo Famiglie Interparrocchiale ’ di Cariati, sotto la guida spirituale dei nostri sacerdoti, sentiamo il dovere di esprimere una nostra riflessione sulla situazione di difficoltà che sta vivendo una piccola struttura sanitaria, vitale per il nostro territorio, quale è la Rsa medicalizzata di Cariati.

Con ciò, condividiamo appieno il pensiero espresso in merito dal nostro Padre Arcivescovo Mons. Giuseppe Satriano dalle colonne del giornale diocesano ‘Camminare Insieme’.

Dunque, a proposito della nostra benemerita Rsa di Cariati!

Attenzione,

‘piccolo e periferico’ non significa meno importante o non importante, anzi, è l’opposto!

Sono proprio le piccole strutture sanitarie e assistenziali come quella di Cariati che tengono in piedi e danno senso al nuovo modello organizzativo della sanità pubblica.

 Basato su pochi Centri di Eccellenza e una rete di strutture periferiche di supporto, è stato scelto, a imitazione degli americani ma in altri ambiti, per eliminare i consueti sprechi e le inefficienze del nostro Sistema Sanitario Nazionale.

I pochi grandi ospedali, (se mai ci fossero!) previsti dai piani regionali di riordino e dotati di risorse specialistiche e tecnologiche adeguate, quelli adibiti alla cura di patologie complesse e costose, possono reggere solo se supportati da una serie di piccole realtà sanitarie territoriali in grado di assorbire le pressanti richieste di cura e di assistenza di una popolazione per lo più anziana e portatrice di pluripatologie croniche; per giunta impossibilitata a spostarsi in un territorio frastagliato e privo di un sistema di trasporti pubblici degno di questo nome.

Offriamo queste considerazioni un po’ più generali proprio perché il nostro intento non è quello di far leva sui buoni sentimenti e sull’etica cristiana delle persone ai vertici dell’ASP e del Sistema Sanitario Regionale, ma di sfidarle con i numeri, visto che è sempre una questione di risorse.

Ma di cosa si occupano alla Rsa di Cariati?

Semplicemente stanno vicini, prestandogli la dovuta assistenza e cura, ai reietti della società. Pazienti, la maggior parte anziani, affetti da diverse patologie croniche, da demenza senile, da difficoltà respiratorie e inoltre, intubati, moribondi, rianimati, tutte persone che i familiari non potrebbero in altro modo assistere se non a costo di estenuanti sacrifici e arrivati allo sfinimento, abbandonandole in strutture lontane o chissà dove.

Ma signori, queste cose voi le sapete benissimo! E sapete pure, meglio di noi, quanto personale è oggi in servizio presso la nostra Rsa di Cariati!

Tra medici, infermieri e Oss perennemente e gravemente sotto organico, alcuni vicini alla pensione e altri impiegati a tempo parziale; figure professionali fondamentali per il tipo di struttura come psicologi e riabilitatori mai inserite; e un dirigente medico responsabile della stessa che non è mai esistito, immaginate voi il carico di lavoro!

Eppure la Rsa medicalizzata di Cariati, con i suoi venti posti letto, rispetto ad altre strutture similari della provincia realizza numeri di eccellenza. Ogni anno effettua molti più ricoveri di Lungro e Cassano per esempio.

Certo si potrebbe anche non tenerne conto, è una scelta, ma si rischierebbe di asfissiare i ‘pronto soccorso’ e i reparti dei pochi centri sanitari più grossi che dovrebbero essere adibiti ad altro; perché poi i cittadini vanno a bussare, energicamente, dove meglio credono!

Il diritto alla salute non è barattabile con nulla e non solo per una questione etica ma per una questione di democrazia.

A sostegno delle nostre tesi ampiamente condivise da istituzioni e cittadini, e in qualità di semplice portavoce, in questo frangente, dell’intero Gruppo di Famiglie cariatesi, vorrei condividere con voi un’esperienza personale che è esemplificativa dell’urgenza delle problematiche di cui stiamo discutendo.

L’altro giorno, con la mia famiglia, siamo dovuti ricorrere alle cure del Punto di Primo Intervento di Cariati per via di mia madre, una ultraottantenne affetta da versamento pleurico e conseguente scompenso cardiaco. Dopo i necessari trattamenti del caso, al fine di riequilibrare la saturazione dell’ossigeno, e i primi dovuti accertamenti, la paziente è stata inviata in ambulanza presso il nosocomio di Rossano per ulteriori approfondimenti diagnostici, tac, visita pneumologia ecc.

Dopo lunghe ore di snervante attesa in una bolgia di persone, dalla mattina è stata visitata all’una di notte. Senza mangiare, senza bere, andare in bagno e senza le ordinarie cure di mantenimento per le sue patologie pregresse, essendo una disabile totale.

Nonostante la necessità di un ricovero, siamo stati costretti, su sua espressa volontà, a ritornare a casa perché la paziente, ormai scompensata psicologicamente, non tollerava più alcuna permanenza in un posto che non fosse casa sua.

Tutto ciò, naturalmente, non è stato dovuto all’indolenza o all’impreparazione del personale sanitario. A loro va tutto il mio plauso e la mia riconoscenza!

Mi chiedevo come facessero a mantenere quella lucidità e quel tatto ancora a tarda notte e con un mare di persone che bussava di continuo alla loro porta.

Tanti pazienti, con i loro familiari, venivano da fuori distretto, impauriti dal dover ricorrere a centri sanitari più grossi dove la pena dell’attesa sarebbe stata ben peggiore.

Mia madre, forse, accetterà il ricovero presso la Rsa di Cariati perché la reputa vicina, non avendo la forza di allontanarsi altrove.

Ecco a cosa servono le piccole strutture sanitarie periferiche, a rendere efficiente l’intero sistema e a salvaguardare la dignità delle persone più deboli.

Signori dirigenti dell’Asp di Cosenza e del Sistema Sanitario Regionale quello che chiediamo come Gruppo di Famiglie Cristiane Interparrocchiale e come cittadini dell’ex distretto sanitario di Cariati non è l’elemosina, con la speranza che vi addolciate il cuore, ma la democrazia che ci spetta e una gestione oculata delle risorse che tenga conto delle esigenze di tutto il territorio provinciale.

Da Giovanni LEO

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