di Eliana Grande Un interessante libro che raccoglie ricordi e testimonianze di sette vite comuni e singolari Dietro gli accadimenti che trasformano lentamente, o con improvvise e repentine accelerazioni il volto e la storia di una comunità, spesso si celano mille piccole storie, quotidiane vicende sconosciute ai più, e note solo a coloro che le hanno vissute in prima persona e a quanti vi hanno assistito, testimoni diretti, custodi di quella che la scrittrice e ricercatrice Assunta Scorpiniti definisce «storia minore, fatta di eventi e persone che, per quanto ignote, hanno avuto un ruolo significativo nel progresso di un territorio; e che ci dà modo di conoscere il contesto umano e culturale in cui fatti e fenomeni della cosiddetta grande storia sono maturati». In un piccolo libro, Sette storie sulla scala di seta. Sguardi e conquiste di donne calabresi (Editoriale progetto 2000, pp. 96, 7,00), queste sconosciute, silenziose testimonianze trovano la loro occasione per mostrarsi, uscire allo scoperto e sfuggire alloblio, allo scorrere del tempo e al rincorrersi dei mutamenti. Ma lo fanno con discrezione, senza chiasso, sottovoce, quasi a voler rendere più rapido e fugace il passaggio sotto i riflettori, per tornare a scivolare poi, sommessamente, nei luoghi a loro più familiari: la memoria degli affetti più cari, le pagine ingiallite di vecchi diari, lenergia viva degli oggetti, le case, i luoghi che hanno fatto da muti spettatori di certe vite normalissime e straordinarie. Quelle raccontate in questo libro sono le storie di sette donne, tutte assolutamente diverse, eppure incredibilmente simili, vicine, non solo tra di loro, ma anche alla sensibilità del lettore, che le scopre, le conosce, e finisce per accorgersi che quelle figure che vanno progressivamente a delinearsi attraverso lo scorrere delle pagine ne evocano altre. Ciascuno, infatti, potrà scorgere in esse qualcosa della propria madre, la nonna, la sorella, lamica. Di queste figure ne riproponiamo tre, solo perché accomunate da un preciso filo conduttore, quello dellinnata capacità e forza di emancipazione che hanno contraddistinto la vita di queste donne e hanno costituito un riferimento e una forza propulsiva per tutto il mondo femminile che gravitava loro intorno, favorendone lo sviluppo e lautoaffermazione individuale, sociale, interiore e culturale. La maestra, la pescatrice… Il primo di questi incontri è quello con Filomena Cosentino, «maestra e donna evoluta che guardava ai valori antichi», come la definisce con poche ed essenziali parole lautrice. Emerge e si fa evidente fin dalle prime righe la determinazione di questa signora daltri tempi, eppure straordinariamente attuale nella sua modernità, un punto di riferimento e un modello di emancipazione femminile in unepoca i primi decenni del Novecento e in un contesto socioculturale quello di una Calabria per molti aspetti misera e arretrata in cui «di donne che studiavano ce nerano pochissime, meno che mai cera disponibilità, soprattutto mentale, di lasciarle partire da casa». E invece Filomena partì. Lasciò la Calabria e giunse fino a Roma per proseguire i suoi studi. Ma poi tornò, ricca della sua passione intellettuale e della consapevolezza di dovere adempiere a un compito che per lei era una vera e propria missione quella delleducatrice che continuò a svolgere instancabilmente per quarantanni, con la massima dedizione e un «incredibile spirito di servizio». Qualche pagina più in là, proseguendo nella lettura, facciamo un altro incontro. Questa volta con una donna pescatrice: Maria Labonia, detta i Gènula. La sua figura è delineata dalla penna della scrittrice con una sensibilità e unabilità narrativa che, rievocandone la forza e il coraggio straordinari, sembrano quasi tracciare nella mente del lettore i contorni di quel volto femminile, la profondità dello sguardo pieno di sole, di vento, di fatica e la preziosità di unesistenza che ancora adesso, nella memoria dei più anziani, accomuna Maria alle altre «donne del mare», «forti come rocce», che «andavano a mmare per le condizioni di estremo bisogno». Con unincredibile energia e determinazione, dopo essere rimasta vedova ancora in giovane età e con sette figli da sfamare, Maria i Gènula ha fatto la pescatrice per più di trentanni e poi è diventata imprenditrice, acquistando e rivendendo il pesce e attendendo sulla spiaggia il ritorno delle barche, con quellapprensione di chi sa che ogni giorno lesito della pesca è imprevedibile, perché «U mari è carafùni, a chini leva, a chini duna». …e la sarta E dopo gli spazi aperti di questo mare a volte avaro e altre generoso, limmaginazione del lettore viene condotta verso nuovi luoghi, nuovi racconti. Come quello della sarta Rosina Federico e della sua vita tutta racchiusa fra le mura domestiche che, lungi dallessere luogo arido e angusto, custodivano «tutto un mondo femminile, con le sue storie, i sogni e, tante volte, le amarezze, che si muoveva nelle stanze adibite a laboratorio (che, in questo caso era un vero e proprio atelier) […]». Come scrive lautrice, erano moltissime le donne che si rivolgevano a Rosina ogni volta che, per qualche occasione speciale, dovevano «cumparìre», confidando nella sapienza e nella abilità delle sue mani, nella passione ed eleganza innate. Ma il successo delle creazioni di questa donna celava in sé un ingrediente altrettanto importante e, anzi, forse ancora più prezioso: la peculiarità del suo relazionarsi agli altri, dedicandosi con identica cura e grande rispetto, tanto alle clienti più raffinate e facoltose quanto a quelle che non avevano altro che «uno spezzone comprato sulla bancarella del mercato». Rosina «amava lessere donna», e attraverso la sua arte questo amore diventava quasi contagioso, allargandosi e coinvolgendo anche le persone intorno a lei. Norina e le altre… Al lettore il piacere degli altri incontri e delle inaspettate rievocazioni che si celano fra le righe di questo libro, commovente e discreto, quieto e appassionato come le protagoniste delle storie che racconta. A lui la soddisfazione di continuare a sfogliare le pagine e conoscere Pierina Sassi, ostetrica condotta, Apollonia Russo, «pioniera dellemigrazione femminile», suor Agnese Gentile, missionaria in Congo, e la piccola Norina, con le sue «soavi vacanze», le favole in dialetto e gli occhi di bambina che vedevano «scorrere lItalia dal finestrino»… Eliana Grande (www.bottegascriptamanent.it, anno III, n. 27, novembre 2009)
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