I doveri di un ministro della Repubblica

Quella foto è indecente, immorale, vergognosa e incivile. Qualcuno spieghi alle orde scatenate dei seguaci del ministro Matteo Salvini, che come lui la considerano invece giustificabile, se non addirittura lodevole, qual è la differenza fra Stato di Diritto e linciaggio, fra civiltà e barbarie, fra amministrazione della giustizia e vendetta: perché evidentemente, di queste differenze, costoro non hanno la minima cognizione.

Amareggia, anche se non sorprende, che questa foto vergognosa causi il giubilo dei tanti semianalfabeti, dei trucidi frequentatori delle curve degli stadi, dei propugnatori della pena di morte e dei clienti degli innumerevoli bar dello sport che imperversano sui social network. Lo sappiamo, purtroppo, che le piazze virtuali hanno dato a costoro la possibilità di diffondere davanti a milioni di persone le nefandezze che prima, fra una birra e l’altra, ruttavano soltanto nei luoghi di loro abituale frequentazione. Questa gente è sempre esistita, sempre esisterà e continuerà a esibire con l’abituale truculenza la propria base culturale, che consiste esclusivamente di pregiudizi e di faciloneria.

Ma un bravo ministro della Repubblica ha il dovere di misurare le parole.

Un bravo ministro della Repubblica, a maggior ragione se, convinto che le abbiano infrante, dice agli altri, ad esempio a Carola Rackete, che le leggi si rispettano, deve lui essere il primo, quelle leggi, a rispettarle. Perché un bravo ministro della Repubblica non fa lo slalom fra le leggi, decidendo a seconda dei casi di quali deve esigere il rispetto, dagli altri, e di quali invece, se tocca a lui, può tranquillamente infischiarsene.

Un ministro della Repubblica, poi, soprattutto se è ministro dell’Interno, deve rispettare in modo particolare le leggi che hanno a che fare con il suo dicastero, le leggi di pubblica sicurezza. E quelle leggi vietano, in modo esplicito e categorico, di umiliare le persone che si trovano in stato di arresto.

Un bravo ministro della Repubblica non gioca ad attizzare la rabbia della gente; un bravo ministro della Repubblica evita di esporsi in prima persona o, se lo fa, è per garantire che, per quanto di sua competenza, giustizia – e non vendetta – sarà fatta: nel rispetto dei ruoli, delle procedure, dei diritti, dei doveri e della dignità di tutti.

Sì, di tutti: anche dell’assassino più feroce, del criminale più incallito. Anche di un assassino di bambini, o di donne, o di carabinieri. Perché altrimenti, vorrei chiedere a quel ministro, qual è la differenza fra lui, che deve essere civile ed equilibrato, e quell’assassino violento e brutale?

Un bravo ministro della Repubblica  non sfrutta eventi tragici come quello della morte di Mario Cerciello Rega per solleticare gli istinti della gente dei bar dello sport e delle curve degli stadi e comperarsene la simpatia.

Un bravo ministro della Repubblica – ma che dico bravo? anche un ministro della Repubblica appena decente – sa che proprio qui si gioca la difficile partita fra barbarie e civiltà: proprio qui, rifiutando di cedere alla sete di vendetta, la persona civile si dimostra superiore, migliore, più evoluta del barbaro.

Proprio per onorare Mario Cerciello Rega, quel bravo e generoso carabiniere che credeva nelle Istituzioni e nelle leggi del suo Paese, un bravo ministro della Repubblica dovrebbe rifuggire da comportamenti beceri, populisti, violenti e volgari.

Ma lei, ministro Salvini, è un bravo o almeno un decente ministro della Repubblica?

I suoi comportamenti ci costringono a dubitarne.

Giuseppe Riccardo Festa

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