HAMAS E NETANYAHU (PER TACERE DEGLI ALTRI): UNA GARA DI CINISMO CHE DISGUSTEREBBE ANCHE MACHIAVELLI.

È difficile dire chi, fra Netanyahu e Hamas, vincerebbe il campionato di cinismo e ferocia, se un simile campionato esistesse.

Hamas, lo scorso 7 ottobre, ha compiuto un atto vile, razzista, disumano e spietato, col preciso intento di scatenare la reazione di Israele alla cui guida, insieme a Netanyahu, ci sono i rappresentanti del nazionalismo e dell’estremismo religioso ebraico più becero, ottuso, reazionario e, diciamolo pure, fascista che mai sia giunto al potere in Israele.

Hamas era ed è indifferente sia alla sofferenza diretta che ha provocato tra le vittime innocenti del suo raid, che a quella che poi ha subito la popolazione palestinese per la guerra di ritorsione scatenata da Netanyahu. In realtà, Hamas contava proprio sul fatto che la reazione di Israele sarebbe stata non meno feroce, disumana e spietata del suo raid. Il suo calcolo era di provocare una controreazione unanime di tutto il mondo musulmano che avrebbe poi condotto alla cancellazione dalla carta geografica dello Stato di Israele. In questo calcolo, la popolazione palestinese era l’agnello sacrificale da lasciar massacrare per poter poi gridare al mondo quanto Israele è spietato, disumano, feroce, eccetera, eccetera.

Ha sbagliato i suoi conti, Hamas, perché la verità è che il mondo musulmano vede la popolazione palestinese esattamente come lui: una pedina da usare nel gioco della politica mediorientale, ma nei confronti della quale prova un livello di empatia pari a zero. Lo dimostra la storia, dal Settembre Nero del 1970 che vide la Giordania scacciare i palestinesi da Amman a suon di cannonate, all’Egitto di oggi che al sud della Striscia di Gaza alza muri e schiera i carri armati contro i profughi palestinesi in fuga dalle cannonate israeliane.

Hamas riceve miliardi di dollari dai Paesi musulmani, ma non li usa per il bene della popolazione. Li usa, con la benedizione dei suoi finanziatori, per scavare e attrezzare la sofisticata rete di tunnel che si dirama sotto l’intera striscia di Gaza; e li usa per armarsi e addestrare i suoi combattenti.

I duri e puri capi politici di Hamas, Ismail Haniyeh, Khaled Mesh’al e gli altri, al sicuro altrove, fanno gli eroi con la pelle dei palestinesi rifiutando ogni ipotesi di compromesso e scommettendo sul disgusto che l’azione militare israeliana – oggettivamente sproporzionata e indifferente alla sofferenza dei civili, proprio come Hamas sperava – sta facendo lievitare in tutto il mondo.

Dal canto suo Netanyahu, che stava subendo in patria una forte opposizione delle piazze al suo tentativo di trasformare Israele in una sorta di satrapia sottoposta al suo controllo, resta sordo al grido di quelle stesse piazze che oggi reclamano la fine delle ostilità e il ritorno in libertà degli ostaggi catturati da Hamas il 7 ottobre. Gli ostaggi sono, per Netanyahu, quel che la popolazione palestinese è per Hamas: una splendida scusa per continuare la sua politica di distruzione di quella popolazione, nell’immediato, e in prospettiva di distruzione della democrazia in Israele.

È una gara a chi è più cinico, più disumano, più spietato e indifferente alla sofferenza altrui, alla quale il mondo assiste provando un interesse che, come sta accadendo con la guerra in Ucraina ed è accaduto con la guerra in Yemen, e prima ancora con le tante guerre e guerriglie che insanguinano il mondo, va via via scemando, superato dall’accavallarsi di notizie d’ogni genere: dalla vittoria di Milei in Argentina al festival di Sanremo, dai processi di Trump ai successi tennistici di Sinner, dai lapsus di Biden alle intemperanze di Sgarbi: una melassa mediatica che giova a Netanyahu, che non ama che si parli di lui mentre scatena i suoi bombardamenti, ma non giova ad Hamas, che di clamore ha bisogno per sbandierare davanti al mondo i bambini e le donne uccisi da Netanyahu e che sono il carburante della sua propaganda e perciò continuerà ad attizzare il fuoco, bisognoso com’è di vittime per legittimare la propria azione.

Il fine giustifica i mezzi, diceva Machiavelli. Ma sospetto che perfino lui, di fronte ai mezzi che stanno utilizzando Hamas e Netanyahu ed ai fini che vogliono raggiungere, proverebbe un moto di disgusto e deciderebbe di bruciare il suo “Principe”.

Giuseppe Riccardo Festa

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