Dentisti, tennisti e (pretesi) statisti

Dopo che il famoso dentista di Pavia, quello del braccio finto, è stato parzialmente reintegrato dal TAR (può lavorare, ma non a contatto con i pazienti: come dire che in realtà non può lavorare), molta gente, sui social network, si è scatenata in commenti incentrati sul paragone fra la ferma decisione del governo australiano che ha espulso Novak Djokovic (ormai meglio noto come Novax Nongiocovic) e, appunto, la mezza riabilitazione del furbacchione nostrano, sottolineando quanto sono seri laggiù agli antipodi e quanto invece siamo lassisti noi qui.

Dimenticando che in realtà l’Australia ha fatto con Djokovic una partita ben poco seria: prima gli ha dato il visto, poi, di fronte allo scandalo sollevato nel mondo da questa leggerezza, glielo ha revocato, poi un giudice gliel’ha ripristinato e infine il governo gliel’ha revocato definitivamente: insomma, se una gara di figuracce va fatta a questo proposito, non siamo noi quelli che arrivano primi al traguardo. Probabilmente, se Djokovic fosse stato meno supponente e arrogante e non avesse assunto le sue incomprensibili quanto irrazionali posizioni negazioniste, avrebbe potuto farsi le sue brave partite, lo “slam” sarebbe stato tennistico e non quello della porta che gli hanno sbattuto in faccia e non si sarebbe guadagnato il titolo di Маркиз дел Грило della Serbia (sarebbe marzik del Grilo, marchese del Grillo).

Se patenti di lassismo e opportunismo vogliamo attribuirci, noi italiani, allora non c’è bisogno di fare paragoni con l’Australia: basta restare in casa nostra e vedere quanto sono generosi certi personaggi, come Matteo Salvini, Giorgia Meloni, Alessandro Salusti, Vittorio Sgarbi, Antonio Tajani e, in generale, i politici della destra nazionale i quali insistono a dire che Silvio Berlusconi avrebbe tutti i titoli e le qualità per assurgere alla presidenza della Repubblica.

Sui politici non mi pronuncio: Berlusconi ha di certo qualche filo molto robusto col quale riesce, o almeno finora è riuscito, a tenerli al guinzaglio.

A sorprendermi e amareggiarmi sono gli altri, i Salusti e gli Sgarbi, i quali sembrano impegnati a confermare lo stereotipo dell’intellettuale servile che, a dispetto della presunta superiorità del suo giudizio, non ha nessuno scrupolo a inchinarsi davanti al potente mostrandosi pronto ad adularlo, lisciarlo e blandirlo nonostante ogni evidenza: dalle nipoti di Mubarak al bunga-bunga, dalle cene eleganti ai proclami bulgari, dai “Romolo e Remolo” alle condanne passate in giudicato, dalle amicizie patibolari agli insulti alle avversarie politiche, dai governi fallimentari alle leggi ad personam, dalle risatine dei potenti della Terra (quelli veri) ai salamelecchi elargiti a Gheddafi, dalla compravendita dei parlamentari alle barzellette con allegata bestemmia.

È questo che fa male. Perché un Paese è proprio dalla sua classe intellettuale che si giudica, e stando a questi esemplari (ne ho citati due ma ce ne sono altri, basta turarsi il naso e seguire qualche talk-show su Rete4) la classe intellettuale italiana non è cambiata dai tempi di Francesco Guicciardini, campione dell’italiano intellettuale pronto a servire anche il più ignobile dei potenti nel nome dei suoi interessi particolari.

Se è vero che un popolo ha la classe dirigente che si merita, allora poveri noi: al confronto con questi “intellettuali”, il dentista no-vax di Pavia è un campione di coerenza.

Giuseppe Riccardo Festa

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