“CARIATI UNIDA JAMAS SERA’ VENCIDA”.

– “El pueblo unido jamás será vencido”. Il popolo unito non sarà mai sconfitto. C’è da sperarlo anche per il popolo di Cariati, che ormai da anni lotta in difesa del suo ospedale. Mezzo secolo fa la canzone degli Inti llimani fu un po’ la nostra bellissima “Contessa”, di quel Pietrangeli scomparso recentemente, ma su scala mondiale, tanto che ai giorni nostri è stata usata, cantata, trascritta e parafrasata persino dai giovani statunitensi del movimento “Occupy Wall Street”, quello del 99%. Fu la colonna sonora degli anni ’70. Note di ribellione alle ingiustizie perpetrate ai danni dei popoli di tutto il mondo. Prepotenze, come quella che vede un ospedale, qui a Cariati, ridotto ai minimi termini dai tagli alla spesa e che ha suscitato gli appelli di grandi artisti come Roger Waters e Horacio Durán, rispettivamente il leader carismatico dei Pink Floyd e il fondatore degli Inti llimani. La canzone del gruppo cileno è particolarmente adatta alla causa, poiché fu sì un manifesto, ma soprattutto un inno alla speranza, affinché il governo Allende potesse sopravvivere alla grammatica della geopolitica e della strategia, in un’ epoca di guerra fredda, quando certe logiche agivano ancora sottotraccia. C’era la voglia di credere che l’esecutivo di Unidad Popular guidato da Allende potesse veramente governare e con esso la democrazia e la volontà popolare. Un altro mondo possibile Ante litteram.
Ovviamente non andò così, perché geopolitica e strategia agivano lo stesso, pur occulte rispetto a oggi.
Tuttavia, c’erano comunque e infatti, in quel drammatico martedì 11 settembre 1973, la Moneda venne bombardata dal vile traditore Augusto Pinochet, che fino all’ultimo l’ingenuo (pecca gravissima in politica) Allende riteneva un amico e un alleato. Forse non proprio tutti sanno che la celebre canzone degli Inti Illimani è del 1970, cioè circa 3 anni prima del golpe. Alla band cilena è anche legato un ricordo della mia infanzia. E’ una di quelle immagini che sembrano dei flash improvvisi e sbiaditi dall’inevitabile scorrere del tempo. Anzi, a pensarci bene fu probabilmente il mio primo incubo: in casa avevamo un LP, il tipico 33 giri, sul retro della copertina, c’erano loro, gli Inti Illimani, fotografati in un prato, probabilmente durante l’esilio in Svezia. Ebbene, una notte sognai che uscivano dall’immagine del disco per corrermi dietro. Avevo circa 4 anni. Tanti anni dopo li vidi dal vero, ebbi modo di “conoscerli” e scambiarci due parole, erano invecchiati e come si confà a sinistra si erano divisi. Era il 2014, l’occasione uno spettacolo alla Estación Mapocho di Santiago del Cile. Non avevano più nulla di quei giovani ribelli fuggiti dalla dittatura di Pinochet che un tempo in sogno avevo scambiato per “l’uomo nero” che mi veniva a prendere nel lettino, dando così credito alle dicerie di parenti e genitori se non facevi il bravo. Il mondo era cambiato nel frattempo, loro pure. Tanto. Ma oggi anche grazie agli appelli di Durán e Waters il popolo puo’ ancora una volta essere unito, almeno a Cariati. La piccola Cariati, sì, ma evidentemente conosciuta e apprezzata a ogni latitudine se 2 autentiche leggende della musica si sono spese per far aprire i battenti del nostro ospedale, penalizzato da anni a causa di scelte governative controproducenti e antipopolari.
L’ ospedale lo poteva risollevare Gino Strada, tanto che per mesi alcuni striscioni sono stati appesi ai cancelli, beni visibili, purtroppo il fondatore di Emergency ci ha lasciato questa estate. Tuttavia la lotta continua e stavolta è trasversale, anche dal punto di vista prettamente musicale e geografico. Non c’entrano nulla, infatti, gli stili musicali degli Inti Illimani col rock, spesso psichedelico, dei Pink Floyd. Non c’entra nulla neppure l’algida, talvolta vista anche come crudele, Albione con il caldo Sudamerica, sicuramente il continente che conta meno a livello strategico nel mondo, ma dove si è sempre pronti a ballare un tango, una lambada oppure ascoltare canzoni di ribellione e lotta, magari col pugno chiuso e la lacrimuccia che scende, come cantava l’indimenticabile Giorgio Gaber in “Qualcuno era comunista”.
Tutto ciò accade, forse, perché Cariati è un luogo per sua stessa natura accogliente e dunque capace di unire mondi distanti sia per temperatura che per il modo di far musica.
La verità è che da qualunque parte del mondo tu venga a Cariati stai bene, lo dico io che arrivo dalla Toscana e non sono calabrese in origine. Qui la gente, dopo un primo momento utile a conoscerti e inquadrarti, è accogliente, la vita placida, il mare bellissimo e l’esistenza scorre tranquilla. Insomma, una vita da bandiera verde, come il nostro mare particolarmente adatto ai più piccoli. Almeno che non sia il tuo corpo a stare male, in quel caso purtroppo non potrai essere curato se l’ospedale non tornerà a pieno regime. Anche da questa esigenza, vitale, gli appelli di 2 giganti, pur diversi tra loro, della musica mondiale.

MARCO TOCCAFONDI BARNI

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