Ad un mese dell’ordinanza numero 4/2015, possiamo sapere se usare a “fini umani” l’acqua che abbiamo in casa?

E ci risiamo con l’acqua pubblica, quella che paghiamo e che il Comune ci “manda a casa” da bere: è potabile o no? Il 16 marzo scorso, con l’ordinanza numero 4/2015, il vicesindaco Leonardo Montesanto fa divieto “di utilizzo dell’acqua della rete idrica comunale a scopi potabili nelle seguenti zone: Traversa I di via Caponsacco e adiacenze; via MIngiani e adiacenze; via Pertini e adiacenze”. Su campioni eseguiti dall’Azienda Sanitaria Provinciale ci sarebbero “rilevanti presenze di torpidità e superamento del valore del cloro”. In termini casarecci, l’acqua non è potabile (ma lo sapevamo) nelle zone descritte in dettaglio ed in quelle dubbie, individuate in maniera oscura (perché ancora non si capisce cosa si voglia intendere per “adiacenze”) Il vicesindaco incarica gli “Uffici preposti” affinché provvedano “a tutti gli interventi necessari”. È passato quasi un mese da quella ordinanza e la domanda, che ci rivolgiamo, e che ci rivolgono i lettori, è tanto semplice quanto disarmante: possiamo usare a “fini umani” l’acqua che abbiamo in casa?

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