REALTA NOSTALGIA E TRADIZIONE IN UNA FANTASTICA NOTTE PETRUPALISA

Ieri sera con mio figlio Cataldo, e con Peppino Pugliese, il mio amico di briscola e tressette (partite giocate nel deserto dei tartari dell’inverno di Pietrapaola), sono andato dalla Stazione a Pietrapaola Centro , per prendere parte alla I edizione della “Notte Petrupalisa” Abbiamo lasciato la macchina sotto la “fravica”, zona sotto la Piazza dove si trova la Chiesa Matrice e da lì abbiamo proseguito a piedi per raggiungere Piazza Rio dove la festa era già cominciata. Peppino (ma anche io) ricordava alla perfezione quelle viuzze da lui percorse l’ultima volta forse cinquant’anni prima. Per strada tanta, tantissima gente, e non tutti di Pietrapaola. La piazza, poi, era quasi completamente piena di persone, e se ne vedevano tante salutarsi cordialmente come succede quando si incontra qualcuno dopo molto tempo. Ammirevole ( e riuscito) il tentativo dell’Amministrazione e degli organizzatori di fare tutto il possibile per esibire il meglio di quanto possa offrire il nostro Paese. Paesani, ospiti e forestieri hanno potuto apprezzare con soddisfazione i cullurelli, le strazzate, i pipi arrostiti e la mozzarella preparata sul posto da Peppino Pugliese. La banda musicale, il bravissimo pianista Raffaele De Dominicis, e soprattutto il cantante di lirica Giovanni Mazzei si sono esibiti dando ognuno il meglio di sé, per il particolare coinvolgimento emotivo che l’esibizione in quel luogo e in quel momento comportava. Tutto bellissimo. Ma il motivo per cui scrivo queste righe è per complimentarmi con Giovanni Mazzei per aver avuto l’idea di cantare una bellissima poesia dialettale scritta da Nicola Chiarelli: “u Castellu”. “U Castellu” è la roccia che sovrasta il paese, la Timpa che tanti ricordi e reminescenze suscita in ognuno dei paesani, e di cui ognuno dei paesani è gelosissimo. La memoria del Castello appartiene ai cittadini di Pietrapaola, ovunque essi siano nel mondo: a Pietrapaola, a Warstein , in Canada ed in Argentina, o negli Stati Uniti. “A timpa, u Castello”, è il nostro grande fratello (in senso buono, ovvio), il custode della nostra memoria, colui che conosce pregi e difetti di ognuno, che sovrasta il nostro destino, che, benevolo, ha cura di noi tutti e ci perdona i nostri difetti. E nella sua memoria scorrono tutte le immagini (le stesse viste sullo schermo mentre Giovanni cantava la poesia) che ci appartengono: di strade, vicoli, vicende e personaggi che tutti noi ricordiamo e a cui tutti noi siamo affezionati. “Castellu meju, ti vojju tantu bene, ti viju già quannu vegnu er u Casinu, e tutti quanti tu canusci e pene e tutti quanti tu si lu destinu”. Un caro saluto a paesani ed amici. Dott. Angelo Mingrone

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