Ancorarsi alla realtà, questo è il punto. Ma si può cogliere la realtà sotto la babele delle parole, la parata dellindignazione farisaica, lorgia del potere politico, mediatico, economico? Sì, per chi è capace di ascoltare le voci oltre il rumore di fondo. Per chi guarda con tutti gli occhi che ha: quelli fisici, quelli della mente e del cuore. Non è necessario essere acculturati o competenti. Anzi, a volte lignoranza favorisce la conoscenza; aguzza lingegno. Più che di competenza è questione di sensibilità. Guardate gli occhi di chi vi parla; osservatene la gestualità; ascoltatene la voce di dentro; riconoscetene le finalità. Ne coglierete la natura, i moti dellanimo, la realtà più intima e vera. E questa la sensibilità che dovremmo recuperare contro lottusità che sembra sommergerci. Unarma indispensabile per sopravvivere al potere della stupidità, per non lasciarci travolgere dallonda magmatica dellinsulsaggine che imperversa sulla rete, che insudicia i muri e sale dai soliti crocicchi. Chiediamoci cosa accende alcuni furori, chi ci sia dietro alcuni indici puntati con teatrale veemenza. I sacri impeti somigliano alla fiamma della gelosia, dietro la quale si scorge lastinenza da egemonia su una massa che si vorrebbe prona, amorfa e acefala. Secondo un aforisma ormai logoro il potere logora chi non ce lha. Non so se è vero; di certo chi lha coniato Andreotti o Talleyrand di potere se ne intende
o se ne intendeva. Non si può negare che il prolungato distacco dal pennacchio generi nei più nostalgia che, spesso, degenera in frustrazione. Ma non si preoccupino coloro che si riconosceranno in questo quadro (i soliti); la questione non riguarda solo loro. E, probabilmente, connaturata alluomo. Così vanno le cose del mondo
e si sa: ogni mondo è paese! Non si tratta, perciò, di scagliare la prima pietra. Ma attenzione, chi (come i soliti) scaglia pietre ogni giorno, deve aspettarsi un re degli ignoranti, un innocente, un ultimo della terra, un povero Cristo che scriverà con lindice sulla polvere la verità che non si vuole sentire. Non sono essi che, direttamente o meno, hanno governato per lunghi anni? Sono davvero convinti che la massa sia così amorfa e così acefala? Che possa bastare qualche giravolta o la servile compiacenza di uno scurrile apprendista stregone per far dimenticare le loro enormi responsabilità sulla vicenda dellOspedale, sullo stato finanziario del Comune o sulla crisi del nostro paese? Certo, oggi è facile accendere i roghi, condannare, fustigare, screditare, infangare. Molto più difficile è mettere da parte il proprio Io, grande e narcisistico, e lavorare per la collettività. Daltronde, si sa: lIo narcisistico è tutto concentrato su sé stesso e sulla propria autoaffermazione; si piace, si coccola, si crogiola nelle proprie convinzioni, patologicamente persuaso che tutto può e che solo la propria visione del tutto è giusta e santa. Il lavoro degli altri, i sacrifici, le rinunce non contano nulla. Noli me tangere è il suo motto. Si costruisce un eremo di bugie. Ha poca memoria per le cose che esulano da sé stesso. La collettività, il passato, gli altri non riscuotono il suo interesse. LIo narcisistico vive solo per sé stesso e per la propria affermazione. Ma non è questo il punto. Non sono costoro i miei interlocutori. Mi rivolgo, invece, agli indistinti soggetti che compongono quella massa che costoro vorrebbero anonima e funzionale ai loro risibili sogni di gloria; mi rivolgo a coloro che hanno occhi e orecchi per vedere ed ascoltare; mi rivolgo a tutti e a nessuno. Attenti a non farvi abbindolare! Latteggiamento de i soliti è da prendere in seria considerazione. Mi viene da dire con Zarathustra – che esso, alimentandosi di risentimenti e di gelosie, assomiglia a quello dello scorpione avvolto nella fiamma che rivolge laculeo avvelenato verso sé stesso. Temo, però, possa accadere di peggio, come nella breve fiaba di stile esopico, detta Dello scorpione e della rana. La storia è questa: <
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