SONO ARRIVATO A PORTA PORTESE, POI HO CAMBIATO CANALE

Lo so, lo so: Porta Portese è a Roma, non a Venezia. Ma sto parlando dello storico concerto congiunto di Baglioni e Morandi trasmesso ieri da RAI1.

Lo spettacolo è stato costruito con strepitosa efficienza. Un orologio svizzero al quarzo non avrebbe potuto funzionare in modo più puntuale e preciso, un computer non avrebbe potuto sviluppare il programma in maniera più esatta. Anche la scenografia aveva un che di digitale, nella sua perfezione geometrica e con le sue luci a rettangoli blu.

I due divi snocciolavano le canzoni senza sbagliare una nota – Baglioni con la solita pagnotta in gola eseguiva i suoi abituali acuti dotati di prolunga mentre Morandi armonizzava – e insieme si scambiavano battute autoironiche e garbati e inoffensivi sfottò in una sequela impeccabile dal ritmo perfetto; gli orchestrali e i vocalist felici e sorridenti, i sassofonisti addirittura agitavano a ritmo gli strumenti quando non dovevano suonare.

E il pubblico! Il pubblico, soprattutto nelle prime file, era quello delle grandi occasioni: selezionatissimo, tirato a lucido, patinato e debitamente commosso, maturo ma con una spruzzata di gioventù, entusiasta ma doverosamente disposto in file allineate e coperte, classico ma splendidamente aggiornato; non potevano mancare gli smartphone a riprendere foto e immagini, con tanto di telecamere posizionate -– guarda tu che combinazione –- proprio nel modo giusto e al momento giusto per riprenderli, gli smartphone, mentre riprendevano i due divi.

Un concerto di plastica, in conclusione. Una cosa finta e artificiosa di un artificiale, ma di un artificiale, che di più artificiale e plastificato c’’era solo la faccia di Baglioni che era stirata, liscia e lucida come nemmeno una camicia ripassata con Stira & Ammira.

Sembrava, più che un concerto, un rito. Una liturgia degna della Chiesa Ortodossa della Santa Madre Russia, nella quale gli officianti celebravano sé stessi per un’assemblea che, più che un pubblico, era una congrega di adoranti fedelissimi.

Insomma una cosa triste. A Baglioni neanche tanto, ma a Morandi ho sempre voluto bene; e così, per non doverlo più sopportare in quel “come eravamo” troppo tirato a lucido, troppo preciso e puntuale, troppo perfetto, arrivato a Porta Portese, davanti a tanta perfezione non ho più resistito; m’è venuto un magone tremendo e ho cambiato canale.

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