L’impegno dell’Italia sui prossimi progetti, a valere sulle risorse europee pari a circa 200 miliardi di euro, è un tema di grande interesse per le potenziali ricadute – si spera – economiche e sociali per il nostro Paese. Tante le riflessioni lette a riguardo durante la pausa ferragostana.
L’unica cosa al momento certa è che la selezione dei progetti è stata affidata dal Presidente del Consiglio dei Ministri al Ministro per gli Affari Europei, coadiuvato dai responsabili di altri dicasteri.
Sembra che sul tavolo di lavoro siano già giunti alcune centinaia di progetti dai più svariati contenuti, che giacevano nei cassetti delle scrivanie ministeriali.
Quello che colpisce e che alcuni autorevoli economisti hanno sottolineato che la documentazione raccolta, potrebbe non essere coerente con le fondamentali raccomandazioni della Commisisone Europea: efficienza sistema giudiziario, il funzionamento della pubblica amministrazione, digitale, energia, etc.
Da italiano, o meglio da cittadino meridionale, che guarda al futuro più che altro convinto che il cospicuo monte di finanziamenti europei sia l’ultima buona occasione da cogliere, ritengo che forse sarebbe il caso di adottare un metodo uguale a tante altre nazioni. Cioè utilizzare per intero il tempo a disposizione che l’Europa concede per la presentazione dei progetti, cioè porsi come scadenza il 30 aprile 2021.
Sarebbe, quindi, il caso di utilizzare il lasso di tempo più lungo, rispetto al preventivato prossimo 15 ottobre, per la costruzione di progettualità ex novo e non farsi prendere dall’ansia delle emergenze.
Avendo così una prospettiva di medio lungo tempo e non di breve, che porterà inevitabilmente l’Italia a utilizzare le risorse a disposizione per la risoluzione di criticità dal respiro corto e non ponendosi dinanzi a uno scenario più lungo, ampio e ambizioso.
Nicola Campoli
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