La Versilia, poi Genova, poi lEmilia (che già aveva subito un terremoto), poi Senigallia, poi Treviso, oggi il Gargano. E non dimentichiamo la collina di Maierato, nei pressi di Vibo Valentia, che se ne venne giù in diretta televisiva.
Ogni volta il ritornello è lo stesso: mai vista tanta pioggia tutta in una volta, è stato un evento imprevedibile, si è verificata una bomba d’acqua. Insomma, eventi naturali: non ci si può fare niente.
Certo, nulla, su questa Terra, esiste per durare in eterno: nemmeno le montagne. Anche senza scomodare la deriva dei continenti, che modifica costantemente la posizione sul globo delle terre emerse, ma su una scala temporale di diecine se non centinaia di migliaia di anni, ci sono eventi assolutamente naturali di cui siamo testimoni diretti: frane sulle montagne, colate laviche, eruzioni e terremoti cambiano l’aspetto del mondo sotto i nostri occhi, spesso distruggendo case, strade e vite; e le alluvioni, appunto.
A lasciare perplessi è il contributo che noi stessi, stupidamente, diamo a questo processo distruttivo. Tanto per cominciare, qualche dubbio sulla pretesa imprevedibilità di questi eventi è legittimo. Basti pensare al terremoto che ha sconvolto LAquila: era noto e stranoto, che quel territorio era ad alto rischio sismico. Eppure le norme furono modificate e fu consentito fabbricare edifici adatti a zone sicure.
Anche per quanto riguarda le catastrofi meteorologiche, questi eventi imprevedibili cominciano ad essere un po’ troppo frequenti, per continuare a considerarli tali; e dovrebbero indurre chi di dovere a darsi da fare, ma sul serio, per prevenire le conseguenze catastrofiche che ogni volta si debbono poi registrare.
La superficialità di tante decisioni prese in un passato tutt’altro che remoto ora appare evidente: troppi piani regolatori sono stati disegnati ignorando le caratteristiche dei territori, troppi altri, disegnati correttamente, sono stati poi modificati per guadagnare voti, o per favorire amici, o per infilare in tasca qualche busta; troppi torrenti sono stati cementificati, coperti, ristretti, sbarrati; in troppi altri, ignorando elementari norme di manutenzione, si è lasciato che si accumulassero detriti, che poi hanno fatto da tappo al momento delle precipitazioni.
E, soprattutto, troppi abusi edilizi sono stati ignorati al momento della realizzazione, e legittimati poi con condoni a raffica. Su questo tema la responsabilità investe in pieno il mondo della politica, certo; ma anche la coscienza individuale di ognuno dei furbi che, infischiandosene non solo della legge e non solo del rispetto delle comunità, ma anche se non soprattutto del buon senso e della logica, ha costruito la sua casa abusiva su terreni non edificabili, magari risparmiando pure sulle fondazioni e sui materiali, perché tanto che vuoi che succeda, lo fanno tutti, che cè di male.
E non meno colpevole è chi vede l’abuso compiersi e scrolla le spalle, fa finta di niente, non denuncia perché io non faccio la spia, non sono affari miei, ci devono pensare le autorità, o peggio appena posso lo faccio pure io.
Siamo sempre pronti, noi italiani, a prendercela con chi ci governa e ci amministra, quando le cose non vanno e spesso abbiamo ragione. Ma non dobbiamo mai dimenticare che una classe politica è espressione del popolo che la produce.
Chi di voi è senza peccato scagli la prima pietra disse Gesù di Nazaret a chi voleva lapidare la peccatrice; chi di noi non ha mai abusato lanci la prima accusa dovremmo dirci oggi noi, quando vediamo le acque limacciose di un’alluvione invadere abitazioni, trascinare via alberi, automobili e, ahinoi, anche vite.
E poi dovremmo avere il pudore di tacere.
Giuseppe Riccardo Festa
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