Cosa sia passato per la mente di Julia Ituma, pallavolista di 18 anni trovata morta a Istanbul stamattina, non è proprio facile immaginarlo. Un buco profondo con il quale tutti, e in particolare modo i suoi più stretti familiari, fanno i conti.
Lei era una vera promessa della nazionale italiana juniores di pallavolo con un avvenire sportivo, davanti a lei, davvero strepitoso. Julia aveva tutte le carte in regola per raggiungere i massimi livelli nazionali e internazionali, aveva i numeri per fare da atleta un percorso di eccellenza.
Al momento sembra che il suo sia stato un gesto volontario che ha sconvolto letteralmente il mondo dello sport italiano, che é restato completamente basito, al cospetto di una notizia di una drammaticità unica e imponderabile.
Non ci sono ragioni che tengano al confronto con un evento terribile, per giunta concepito da una giovanissima ragazza dall’aspetto sereno e socievole. Pronta sempre, conoscendo il vero gioco di squadra, a porgere nella vita di tutti i giorni una mano alle sue compagne di squadra.
Julia a Novara si trovava bene ed era molto felice dello spazio che le veniva dato dal suo tecnico. Un modo semplice e concreto per imparare a stare sul campo di gioco, crescendo molto sul piano tecnico e in termini di esperienza.
Davanti a un quadro così tragico non si può che manifestare il forte rammarico sul perché Julia sia potuta arrivare a fare a tutto ciò, senza che nessuno si sia mai reso conto del malessere che nascondeva per darle una mano a venire fuori dal terribile tunnel.
La paura del fallimento, di non rispettare aspettative e di non sopportare le pressioni, di non riuscire a stare al passo di un mondo che corre e non esita a puntare il dito contro al primo inciampo, sono solo forse una minima parte di interrogativi ai quali sarà difficile dare delle risposte.
L’ansia e la preoccupazione diventano a volte compagne di vita, accompagnando chi non riesce a gestirle in un tunnel di falsità da cui, purtroppo, è quasi impossibile poi riuscire a riemergere.
Nicola Campoli
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