Per non dimenticare. 19 luglio 1992. Uccidono Paolo Borsellino e la sua scorta

Giusto ricordare chi ha sacrificato la vita per combattere l'illegalita'

“SE LA GIOVENTÙ LE NEGHERA’ IL CONSENSO ANCHE L ‘ONNIPOTENTE MAFIA SVANIRA’COME UN INCUBO” P.BORSELLINO 
attentato borsellino19 luglio 1992, Palermo,  via D’Amelio: un’auto piena di esplosivo uccide Paolo Borsellino ed i suoi agenti di scorta, Agostino Catalano,  Vincenzo Li Muli, Walter Cosina, Claudio Traina ed Emanuela Loi, prima donna poliziotto a essere uccisa in un attentato di mafia.
Un altro giudice colpito,  un altro uomo di stato dilaniato dal tritolo di “cosa nostra “. Il 1992 è stato, indubbiamente, un anno molto particolare per il nostro Paese.L’anno delle stragi di mafia…
Una mafia che reagisce, con efferata violenza, ad un duro colpo : la conferma, in Cassazione,  delle condanne del maxi processo. Celebrato a Palermo, viene così definito, per le smisurate proporzioni. Quattrocento settantacinque imputati, oltre duecento difensori ed una monumentale istruttoria condotta da Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Ottomila pagine di ordinanza, frutto della competenza, della passione, dell’intuito investigativo dei due magistrati.
Prima applicazione su larga scala della norma di cui all’art 416 bis c.p sull’associazione di tipo mafioso, introdotta nel 1982, a seguito dell’omicidio del Generale Dalla Chiesa.
Siamo negli anni ottanta: viene costituito il primo pool di magistrati specializzati in reati di mafia, guidati dall’esperienza del giudice Rocco Chinnici.
Quest’ultimo, come è facile immaginare, diventa un personaggio scomodo per “gli uomini della cupola” che, ben presto, ne decretano  la condanna a morte.
Prende le redini del pool un altro validissimo magistrato, il dr . Caponnetto. Da quel momento le indagini diventano serrate: un lavoro immane che i giudici portano avanti con lo spettro della morte ad accompagnarli giorno dopo giorno.
Convinciamoci che siamo dei cadaveri  che camminano” ripeteva spesso Ninni Cassarà,  vice questore aggiunto presso la questura di Palermo, caduto sotto i proiettili della mafia nel 1985.
Nonostante tutto, la paura non prende mai il sopravvento e, i due amici e colleghi,  continuano il loro estenuante lavoro all’Asinara, dove vengono trasferiti per motivi di sicurezza.
Il 10 febbraio 1986 inizia il maxi processo nell’aula bunker del tribunale di Palermo.
È la prima sconfitta per  “cosa nostra” che per decenni aveva potuto espandersi indisturbata in Sicilia e nel mondo.
Un’organizzazione capillare di tipo verticistico che, grazie soprattutto ai “contatti” ed al sostegno di uomini delle istituzioni, agisce a tutti i livelli, costituendo  e consolidando ingenti patrimoni.
Appalti, droga, racket, affari di ogni genere realizzati sempre attraverso lo strumento intimidatorio ed il potere del denaro che tutto compra: imprenditori, politici, manager……
I magistrati del pool ottengono una vittoria storica con la sentenza di primo grado. L ‘intuito di seguire il denaro della mafia, attraverso indagini bancarie e fiscali,  nonché l’apporto dei primi pentiti,  Tommaso Buscetta in primis,  portano alla condanna di quasi tutti gli imputati.
La sentenza del maxiprocesso di Palermo fa il giro del mondo.È la prima condanna al sistema mafioso nel suo complesso.
Ma Falcone e Borsellino non si fermano… Continuano lavorare  incessantemente e, nei pochi momenti liberi, si spendono per diffondere nella gente e, soprattutto nei giovani,  il senso della legalità. Spiegano  loro cosa sia la mafia, come combatterla, come ” negarle il consenso”,  nella convinzione che una società sana richieda innanzitutto una nuova forma mentis.
Ma, nonostante l’impegno profuso,  il fronte unico che aveva portato la magistratura siciliana a grandi successi,  inizia a cedere… Molte le polemiche e gli attacchi mediatici nei confronti dei due magistrati che, evidentemente,  cominciano a “dare fastidio ” e non solo a ” cosa nostra “… Il clima si fa particolarmente teso  con la nomina di Antonio Meli ,quale capo del pool,  al posto di Caponnetto. Il CSM non nomina Falcone, erede naturale di Caponnetto,  ma applica rigorosamente il criterio dell’anzianità di servizio.
Che dire?Il nostro Paese non ha mai brillato per meritocrazia! E questa scelta segna la fine del pool antimafia.
Ma i due amici e colleghi continuano la loro azione con caparbietà ed intelligenza: Paolo Borsellino alla procura di Marsala e Giovanni Falcone a Roma alla direzione degli affari penali del Ministero della giustizia.
Ma l’atmosfera non è più la stessa… Veleni, allusioni su possibili candidature dei due giudici alla Camera dei deputati, arricchiscono le pagine dei quotidiani.  E l’opinione pubblica,  come spesso accade, cade nel tranello.
Lo Stato comincia a lasciare soli i suoi uomini migliori. Non tutela , non sostiene quelle menti che tanto lustro avevano dato al belpaese. Perché?
È una domanda che in molti si sono posti ma a cui, mi rendo conto,  non è semplice dare risposta.
Ancor più complicato comprendere le reali motivazioni che spingono quello stesso Stato, dopo gli attentati,  ad intraprendere una trattativa con la mafia finalizzata alla cessazione delle stragi.
I contorni di questa vicenda sono, a tutt’oggi,  poco chiari .Nonostante le assoluzioni intervenute in questi anni nei confronti di alcuni imputati,  nessuno ha mai negato l’esistenza della trattativa.
Anche in questo caso molteplici gli interrogativi che, probabilmente, non troveranno mai risposta.
Un Paese strano il nostro. ..
Oggi vieni acclamato,  esaltato e il giorno dopo viene cancellato tutto  con un colpo di spugna.
I successi si trasformano in manie di protagonismo,  i prestigiosi obiettivi raggiunti in superficiale carrierismo.
Sembra quasi che ci sia un burattinaio occulto che muove sapientemente i fili e mette in scena una realtà deviata finalizzata a lasciare ogni tassello al suo posto,  ogni situazione immutata, una sorta  di “fragile equilibrio ” che a nessuno è consentito turbare.
Dopo il 23 maggio del 1992, Paolo Borsellino, l’uomo,  il magistrato è  solo. …
La grave perdita dell’amico fraterno genera angoscia e scoramento ma ,ancora una volta, l’alto senso del dovere prevale su tutto. Chiede di occuparsi personalmente della strage di Capaci per consegnare alla giustizia mandanti ed esecutori.
Pare, ma non vi è certezza, che proprio in quei giorni Borsellino sia venuto a conoscenza della trattativa che alti funzionari di Stato stavano per intraprendere con “cosa nostra”.
Naturalmente il giudice si oppose con fermezza,  firmando così la sua condanna…..
Vorrei,  e il mio è un appello appello appassionato,  che le nuove generazioni leggessero  le biografie di questi valorosi uomini di Stato.
Per chi nel 1992 era troppo giovane per ricordare consiglio vivamente di studiare ed approfondire la storia giudiziaria e politica di quegli anni.
Io personalmente non dimenticherò mai l’estate del 1992….
Un’estate importante in cui mi accingevo ad intraprendere gli studi in giurisprudenza nella assoluta convinzione che ognuno di noi debba dare un contributo per migliorare il nostro  Paese. Gettare  le basi  per la costruzione di uno Stato migliore, fondato sul merito, sul rispetto e sulla tutela delle eccellenze e su un concetto di legalità a trecento sessanta gradi, che non ammette eccezioni e non fa sconti a nessuno.
LA LOTTA ALLA MAFIA  DEVE ESSERE INNANZITUTTO UN MOVIMENTO CULTURALE CHE ABITUI TUTTI A SENTIRE LA BELLEZZA DEL FRESCO PROFUMO DELLA LIBERTÀ CHE SÌ OPPONE AL PUZZO  DEL COMPROMESSO MORALE, DELL’INDIFFERENZA , DELLA CONTIGUITÀ E QUINDI DELLA COMPLICITÀ
Patrizia Funaro 
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