PER CHI VOTA LA MARIANNA… E NOI

In Francia è stato facile: quando hanno visto il rischio di veder vincere le regionali dal Front National, i più deboli, ossia i socialisti, si sono ritirati: perso per perso, si sono detti, facciamo in modo che perda anche Marine Le Pen, e invitiamo i nostri a votare per la destra moderata. Così oltralpe ci sarà, di certo, una svolta a destra, ma non estremista come quella promessa da Marine Le Pen, che come già suo padre all’’epoca del ballottaggio contro Chirac si ritrova con un bottino ben più magro di quello sperato dopo il primo turno di domenica scorsa (mentre scrivo, il FN è dato per sconfitto dagli exit poll in tutte le regioni).

In Italia il discorso è diverso, prima di tutto perché a contrastare Renzi e il suo PD ci sono forze più eterogenee e più difficili da incasellare, e sicuramente nessuna farebbe un passo indietro a favore di una qualunque delle altre: la Lega Nord di Salvini, che pure ha posizioni che in certi casi sono di un estremismo estremo, si ritiene un partito moderato, esattamente come la Forza Italia di Santanché, Brunetta, Larussa e compagnia; a sinistra, come al solito, si fanno molte dichiarazioni di principio tanto astratte quanto inconcludenti, e si continua a dividersi proclamando la voglia di unità. Infine il Movimento 5 Stelle, allo stato la forza di opposizione più forte, ci tiene a dichiararsi né di destra e -– soprattutto – né di sinistra, e afferma che mai si coalizzerà con chicchessia.

Un punto di contatto, però, tra noi e i nostri cugini d’’oltralpe c’’è, come ci fu ai tempi di Chirac contro Le Pen perché anche loro, stavolta, più che “per” “”sono andati a votare “”contro””: i lepenisti votano contro i socialisti, la crisi, l’’insicurezza, l’’inconsistenza e la vena di cialtroneria del presidente Hollande mentre gli altri votano contro i lepenisti; dunque, non si vota per affermare la propria idea ma per contrastare gli avversari.

È un esercizio al quale noi italiani siamo abituati da sempre, fin dai tempi in cui Indro Montanelli si turava il naso e votava DC per paura dei comunisti; poi i comunisti diventarono meno comunisti ma Berlusconi, evocando cataclismi cosmici se avesse vinto Occhetto, si prese i voti dei transfughi della DC mentre i suoi avversari, pur di farlo perdere, si coalizzavano in armate Brancaleone sempre destinate a sfasciarsi.

Adesso il gioco si è fatto più complesso perché i giocatori sono più numerosi e, come dicevo, le loro tinte sono più sfumate. Ma continuiamo comunque a votare ““contro””, non “”per””. Gli elettori PD guardano sgomenti alla deriva del loro partito, già di sinistra, che sta diventando una caricatura della peggiore DC ma si turano il naso, per paura soprattutto dei grillini, e continuano a votarlo; Berlusconi non ha mai avuto un progetto politico, e continua a non averlo, e invita a battere Renzi anche se gli somiglia tanto (o forse proprio per questo); la Lega fa solo discorsi “contro” (contro l’’euro, gli immigrati, l’’Europa e ovviamente Renzi); i partitini di sinistra (compresa la minoranza PD) hanno trovato anche loro in Renzi il nemico da abbattere, e infine il Movimento 5 Stelle è dichiaratamente contro tutti gli altri, anche se manifesta una particolare avversione per il PD.

Quale che sia la nostra scelta, insomma, continueremo a votare più per nuocere agli avversari che per portare avanti un nostro progetto politico. La Francia, che un tempo rideva del caos della nostra politica, ora quel caos se lo trova in casa pure lei, ma c’’è una differenza molto importante: là il timore di vedersi governare dagli estremisti ha spinto tantissimi a tornare al voto; invece da noi, probabilmente, succederà il contrario.

Tanto noi, da loro, avremo sempre qualcosa da imparare.

Giuseppe Riccardo Festa

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