Myriam Sylla: tre ace, set e partita. Alla faccia del generale spergiuro.

Myriam Sylla, che spettacolo! Già si vinceva due set a zero, contro la Svizzera, e il terzo lo si conduceva alla grande, mancavano solo tre punti. E Myriam, al servizio, per tre volte consecutive, con tre lanci calibrati, uno diverso dall’altro, ti piazza tre “ace”.

E poi la gioia di quelle ragazze, more, bionde, chiare, scure; i loro sorrisi, i loro abbracci! Il legittimo orgoglio di quelle ragazze dai nomi che la dicono lunga: Sylla, Lubian, Egonu, Degradi, Bosio, Fersino, Orro, Danesi, Pietrini, Nwakalor, Squarcini, Parrocchiale, Omoruyi, Antropova: tutte orgogliosamente italiane, e non importa se sono more, bionde, chiare o scure, e se loro o i loro genitori sono nati a Casalpusterlengo, a Lubiana, a ‘Ndjamena o a Gioa del Colle: sono italiane, perché amano e onorano la maglia che indossano.

E fra loro, lo ha dichiarato lei stessa, ce n’è anche una omosessuale. Questo non rende meno affascinanti i suoi servizi, e i suoi straordinari voli sottorete seguiti da schiacciate imprendibili.

Che se poi volessimo allargare un po’ il discorso, a proposito di omosessuali, ce ne sono e ce ne sono stati, in Italia, che hanno onorato, onorano ed onoreranno il Paese più di intere legioni di paracadutisti più o meno coperti di stellette: basti pensare a Michelangelo, a Leonardo da Vinci, e anche a Gaio Giulio Cesare, al quale incautamente un certo generale omofobo, razzista e antisemita (“Gay ed ebrei non sono intoccabili”, ha detto) ama paragonarsi, dimenticando che i legionari, durante i trionfi, lo motteggiavano, Cesare, definendolo “marito di tutte le mogli e moglie di tutti i mariti”.

Il fatto è che, come giustamente ha rilevato il filosofo Umberto Galimberti, in certi ambienti di destra (perché quel generale omofobo e razzista di sicuro di sinistra non è) si manca di cultura. Altrimenti, quel generale omofobo e razzista – che non nominerò in questo articolo per non fargli un favore – il libro di cui tanto si parla non solo non l’avrebbe scritto, ma non si sarebbe nemmeno sognato di scriverlo.

Ed è anche spergiuro, quel generale omofobo e razzista, oltre che ignorante, perché le sue rivendicazioni pseudo-culturali sono agli antipodi dai princìpi che ha giurato di onorare quando gli hanno dato la prima stelletta da sottotenente, princìpi sanciti dai primi tre articoli della Costituzione, che non sto qui a ripetere: mi limito a ricordare che “tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”.

Capito, generale? Tutti. Tutti, perdio: TUTTI!!!

Siccome debbo presumere che lei, generale, la Costituzione l’abbia letta e anche capita, sono costretto a ritenerla spergiuro, perché se non l’avesse né letta né capita allora sorge legittimo il dubbio: come ha fatto uno che non conosce la Costituzione che ha giurato di difendere a diventare generale del nostro Esercito?

E poi, scusi generale, come le viene in mente di blaterare di “diritto all’odio”? Non lo sa, lei, rappresentante a un livello altissimo delle istituzioni, che il giudizio su un atto illecito – quale che ne sia la gravità – deve essere oggettivo, non guidato da pulsioni soggettive, a maggior ragione se così violente e irrazionali come l’odio? L’odio, dice ancora saggiamente il professor Galimberti, non è un diritto ma un sentimento. Debbo pensare che lei, se dovesse guidare un reparto in un’azione di guerra, infierirebbe sul nemico sconfitto, essendo motivato non da onore e rispetto ma dall’odio?

Ma sa che cosa c’è, generale? Il suo libro potrà anche vendere migliaia di copie e lei potrà trovare – anzi, sicuramente troverà – migliaia di suoi simili pronti a difenderla ed a giustificare i suoi sproloqui razzisti, sessisti ed omofobi oltre che disumani: non basta essere in tanti per avere ragione, sa?

Intanto io, alla faccia sua, abbraccio idealmente tutte le ragazze della Nazionale Italiana di Pallavolo: Sylla, Lubian, Egonu, Degradi, Bosio, Fersino, Orro, Danesi, Pietrini, Nwakalor, Squarcini, Parrocchiale, Omoruyi, Antropova: tutte orgogliosamente italiane, e non importa se sono more, bionde, chiare o scure, e se loro o i loro genitori sono nati a Casalpusterlengo, a Lubiana, a ‘Njamena o a Gioa del Colle: perché sono italiane, tutte, e perché amano e onorano la maglia che indossano.

Diversamente da lei, generale, che non onora affatto la divisa che indossa.

Giuseppe Riccardo Festa

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