MAFIA, FACCIA A FACCIA COL PM BRUNI

MAFIA, FACCIA A FACCIA COL PM BRUNI DI ANTONIO: OTTO TORRI MI HA FATTO AMARE LA CALABRIA ‘NDRANGHETA,SE NE PARLA AL 68°CAFÈ-PHILO ROSSANO – Mercoledì, 3 agosto 2011 – La collusione, stretta e impercettibile, tra ’ndrangheta, finanza e colletti bianchi. Le inchieste sulla malavita calabrese, quella permeata a fondo, nel tessuto sociale, della nostra regione. La longa manus della criminalità che, dal sud, si è arrampicata, lungo lo Stivale, sbarcando nel ricco settentrione. Le inchieste di giornalisti e uomini dello Stato che hanno portato alla luce un’altra Italia sommersa, pervasa dagli affari mafiosi. Targati Calabria! Sarà, questo, il sottile fil rouge che caratterizzerà il 68esimo Caffè Philosophique, sul tema “LEGALITÀ-SCUOLA-IDENTITÀ-EUROPA”, organizzato dall’associazione europea Otto Torri sullo Jonio con sede a Rossano, in programma il prossimo MARTEDÌ 9 AGOSTO, ALLE 18.30, nella location dello storico Caffè TAGLIAFERRI, in piazza SS.Anargiri, nel centro storico. Esperienze a confronto. Da una parte, quella della giornalista emiliana della Gazzetta di Parma, Sara DI ANTONIO, autrice del libro-inchiesta “MAFIA. LE MANI SUL NORD”, nonché, per tre anni (1998-2000) coordinatrice ufficiale dell’Euromed Meeting, la scuola estiva della Sibaritide in management dell’identità e sviluppo sostenibile, promossa dall’associazione europea Otto Torri sullo Jonio che – scrive la DI ANTONIO, nelle pagine dei ringraziamenti – mi ha fatto amare sinceramente la Calabria. Dall’altra, quella del magistrato crotonese Pierpaolo BRUNI, Sostituto Procuratore presso la DDA di Catanzaro e titolare di importanti inchieste e processi che coinvolgono ‘ndrangheta, politica ed imprenditoria. La mafia e la ’ndrangheta, in particolare – dice la DI ANTONIO – hanno travalicato ogni confine territoriale. La criminalità organizzata in Italia si trova latente dappertutto, anche in luoghi e contesti insospettabili. Con una differenza. Mentre al Sud, la distinzione sociale della mafia è chiara e distinta, al nord le trame sembrano essere più fitte e spesso indistinguibili. In Emilia particolarmente – dice l’Autrice – dove ancora sembra non essere del tutto maturata una coscienza popolare antimafia. In mezzo, resta la Calabria: culla e madre della ’ndrangheta, ma anche una terra abbandonata a se stessa e inascoltata, che si è trovata a subire l’escalation del fenomeno criminoso. Una terra in cui ha scelto di operare, così come tanti altri servitori dello Stato, il PM Pierpaolo BRUNI. Da lui sono partite le importanti inchieste che hanno portato alla luce le mani delle cosche crotonesi sul nord. E non ultimo l’importante maxiprocesso HERACLES, dal quale è emersa la collusione tra i clan calabresi e i colletti bianchi. BRUNI è stato oggetto di un piano, predisposto dalla ’ndrangheta, per la sua uccisione, con l’utilizzo di armi in dotazione alle cosche, tra cui lanciarazzi, bazooka ed esplosivo. Nello scorso mese di gennaio sono trapelate le notizie relative ad un attentato attuato sull’autovettura del padre del magistrato. Nel dicembre 2010 il Consiglio superiore della Magistratura ha accolto la richiesta di trasferimento alla Procura della Repubblica di Catanzaro.

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