Ma chi l’ha detto che i giornalisti debbono essere imparziali?

C’è un curioso approccio al concetto di libertà di stampa, e di espressione del pensiero, da parte di molti più o meno famosi e più o meno influenti personaggi della scena politica, non solo nazionale. In Turchia, per esempio, Erdogan, il nuovo sultano travestito da presidente, non fa complimenti e sbatte in galera chiunque osi alzare la voce contro la sua marcia verso la rinascita dell’impero ottomano e in Polonia e in Ungheria – Paesi della Comunità Europea! – i locali leader lo guardano con ammirazione e invidia e non nascondono la voglia di imitarne le imprese. Ancora più drasticamente, poi, in Russia i giornalisti sgraditi al potere si beccano spesso qualche pallottola in testa, mentre a Malta (un altro Paese CEE!) si salta in aria se si osa ficcare il naso negli affari sporchi dei politici con le mafie.

Qui da noi ci sono da una parte giornalisti coraggiosi come Federica Angeli e Roberto Saviano (e non sono i soli), che vivono sotto scorta perché hanno osato sfidare le nostre, di mafie, e dall’altra taluni politici, attivisti, blogger o semplici urlatori da tastiera che applaudono i giornalisti quando dicono cose a loro gradite ma li accusano di essere servi – della casta, delle multinazionali, della Massoneria, della Confindustria, dei partiti (gli altri) – quando esprimono opinioni difformi dalle loro.

L’accusa dominante è quella di non essere imparziali. In certi casi, nessuno contesta l’appartenenza di un giornale a un ben identificato campo politico o ideologico: nessuno si aspetta che L’Osservatore Romano pubblichi articoli in lode di Friederich Nietzsche o Il Sole 24 Ore si spertichi in elogi di Karl Marx. Tutti gli altri sì: si pretende che siano “imparziali”. Ma “imparziale” in realtà, come già ho notato, per molti significa “allineato al mio pensiero”. Dunque, tanto per fare qualche nome, Il Giornale è imparziale secondo i simpatizzanti di Forza Italia ma vergognosamente schierato secondo tutti gli altri, Il Fatto Quotidiano è smaccatamente filo-grillino secondo chi grillino non  è ma coraggioso informatore di verità per chi invece lo è, La Stampa e La Repubblica sono giornali onesti per i loro lettori ma odiosamente anti-grillini per i simpatizzanti M5S, e via di seguito.

L’equivoco di fondo sta appunto nella pretesa che i giornalisti, e le testate per le quali lavorano, debbano essere “imparziali”. È una pretesa assolutamente priva di fondamento: Marco Travaglio ha il diritto sacrosanto di essere filo-grillino tanto quanto Salusti lo ha di essere berlusconiano, e nessuno ha il diritto di contestare ai giornalisti di La Repubblica il loro orientamento progressista o a Il Corriere della Sera il suo essere conservatore.

Certamente diverso è il discorso per quanto riguarda il servizio pubblico radio-televisivo, che appartiene a tutti e in effetti fa di tutto per muoversi con equilibrio, tanto da essere accusato da tutte le parti di favorire le parti avverse, il che vuol dire che in fondo riesce abbastanza bene a stare nel mezzo.

Con buona pace di chi tira continuamente in ballo la – ahinoi poco lusinghiera – posizione  dell’Italia nella classifica della libertà di stampa, che ogni anno stila Reporters sans Frontières, il problema di quella collocazione non nasce da presunti servilismi o compiacenti silenzi degli organi di informazione. Oltre che dai già citati problemi di troppi cronisti con le mafie, il problema, per quanto assurdo possa sembrare, nasce proprio dal troppo frequente alzare la voce di certi personaggi pubblici contro chi, nel mondo dell’informazione, esprime pareri a loro sgraditi.

Questi signori dovrebbero rileggersi l’Articolo 21 della Costituzione, in particolare i primi due commi, che recitano: Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure. I politici – tutti i politici – debbono farsene una ragione: sono soggetti anche a critiche, non solo a omaggi e pacche sulle spalle: quando sono all’opposizione e a maggior ragione se vanno al potere.

L’unico limite alla libertà di espressione, che guarda caso sono proprio questi signori a ignorare spesso per primi, è quello del rispetto delle persone e del dovere del vaglio delle notizie: il diritto di esprimersi non implica quello di calunniare, insinuare, insultare e diffamare.

Quindi lasciamo che ognuno esprima liberamente la sua opinione, anche se non ci è gradita. In questo caso, se non vogliamo aprire una civile, pacata, educata ed argomentata discussione, non dobbiamo fare altro che tacere, sperando naturalmente che, quando ad esprimerci saremo noi, gli altri si comportino allo stesso modo.

Ovviamente so benissimo che, per quanto ovvio e banale sia tutto questo, la realtà dei fatti continuerà ad essere ben diversa; ma, come Pandora ebbe a notare quando ruppe il famoso vaso, la speranza, dopo che tutte le disgrazie hanno preso il volo, è l’ultima dea che resta là, tra i cocci del vaso, a farci inutilmente compagnia.

Giuseppe Riccardo Festa

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