■Antonio Loiacono
C’era un silenzio denso, quasi sacro, ieri sera a Scala Coeli. Le vie strette del borgo si sono accese di piccole fiamme tremolanti, come se la notte volesse ricordarsi della luce. Le mani dei bambini stringevano le torce con l’innocenza di chi ancora crede che la pace possa nascere dal buono che resta. Le madri camminavano accanto a loro, in ascolto. Gli anziani osservavano, commossi, come davanti a un rito antico.
Più che una processione, è sembrato un pellegrinaggio del cuore. Una comunità che, nel buio di un mondo agitato da guerre e divisioni, prova a dire “noi ci siamo”. Le fiaccole diventavano così un gesto, una dichiarazione semplice e potente: credere ancora nella possibilità della pace. Non quella astratta dei proclami, ma quella che nasce dal perdono, dal rispetto, dal coraggio quotidiano di restare umani.
Nella suggestiva cornice della chiesa madre dedicata alla Beata Vergine del Carmelo, si è poi conclusa la manifestazione per la pace che ha attraversato le vie di Scala Coeli. L’evento, che ha visto la partecipazione entusiasta di ragazzi delle scuole, mamme, cittadini e dell’Associazione della Misericordia con il suo governatore, Rocco Acri, è stato guidato da Don Massimo Alato, parroco di Scala Coeli, che ha invitato i presenti a riflettere sulla pace attraverso la lettura di un salmo, un brano dell’enciclica “Pacem in Terris” di Papa Giovanni XXIII e una preghiera finale di Papa Francesco.
Don Massimo ha ricordato che la pace non è un dono che cade dall’alto, ma una conquista che comincia dentro ciascuno di noi. “Giustizia e misericordia — ha detto — sono le due ali che permettono all’umanità di non cadere”. Parole che hanno trovato eco nei volti raccolti, nei sussurri, nelle lacrime trattenute.
Poi, nel silenzio che segue sempre le parole vere, la voce di Oscar Benvenuto ha spezzato l’aria per ricordare un nome: Kurt!
Un uomo venuto dalla Germania, che da anni aveva scelto di vivere a Scala Coeli. Amava il paese come chi trova tardi, ma con gratitudine, la propria casa nel mondo. La sua scomparsa recente è diventata simbolo di un legame che non conosce confini, di quella fratellanza che nessuna lingua o distanza può cancellare.
Quando la benedizione finale ha chiuso la serata, le fiaccole continuavano a tremare tra le mani, come se non volessero spegnersi. In quell’istante, la pace non era più una parola, ma un gesto condiviso: un bambino che sorride alla madre, un saluto tra vicini, il ricordo di chi non c’è più ma resta presente nei cuori di tutti.
Scala Coeli si è ritrovata unita, come una piccola parabola di mondo che resiste all’indifferenza.
Forse è così che nasce la pace: non dalle grandi cattedrali, ma da una chiesa illuminata nella sera, da una comunità che cammina insieme, da una preghiera che diventa azione.
E mentre le ultime luci si spegnevano, restava sospesa nell’aria la sensazione che da qui, da questo minuscolo angolo di Calabria, qualcuno avesse davvero acceso una scintilla capace di attraversare il buio.
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