
Non è una novità che l’Italia sia uno strano Paese popolato di politici che non votano, di cantanti che non sanno cantare, di poeti che leggono avidamente un solo poeta, sé stessi, e di scrittori che non leggono: mentre il numero degli amanti della lettura registra un avvilente e costante calo, il mercato dell’editoria sforna a getto continuo opere che per lo più sono destinate al macero già al momento della stampa, anche perché per lo più gli autori, ligi alle richieste del mercato non meno di quanto lo siano i produttori di mobilia, canzonette o abbigliamento, producono (non creano: producono) opere destinate al consumo, non alla Storia: romanzi di modesto spessore, di scarso contenuto e non di rado anche discutibili sul piano della correttezza sintattica e grammaticale.
Fortunatamente esistono, anche nell’ambito della letteratura contemporanea o quasi contemporanea, le eccezioni, rappresentate innanzitutto dai veri, bravi e grandi scrittori: da Eco a Camilleri, da Calvino a Morante, da Maraini (padre e figlia) a Fruttero e Lucentini, per non fare che qualcuno dei nomi che, emersi nel corso del XX secolo, sicuramente lasceranno un segno nella storia della nostra letteratura. E va da sé che, ai nomi che ho elencato, vada aggiunto, senza ombra alcuna di dubbio, anche quello di Sciascia.
Chi davvero ama la lettura, dei grandi scrittori ama conoscere, oltre all’opera, anche le vicende biografiche che, inevitabilmente, incidono sulle motivazioni e quindi sulla genesi, oltre che sullo stile, dei loro parti letterari. E se questo è vero in generale – c’è chi dice che ogni romanzo è un po’ un’autobiografia del romanziere – a maggior ragione lo è nel caso di Leonardo Sciascia, nel quale la magnifica vena creativa è sempre stata associata a un profondo, intenso e, oserei dire, implacabile quanto disperato impegno politico, civile e morale.
Ecco perché chi ama l’opera di questo gigante della nostra letteratura non potrà che lasciarsi sommergere dall’ondata di emozioni che è capace di suscitare il libro Leonardo Sciascia negli occhi delle donne, di Rossana Cavaliere, pubblicato da Vallecchi.
In questo libro Rossana Cavaliere, essa stessa una scrittrice di rara eleganza e portatrice di una profondissima cultura (che – Dio la benedica – emerge, senza essere esibita, dalla lettura), grande conoscitrice dell’opera di Sciascia, ha voluto approfondire quanto spazio, nel suo mondo, occupassero le donne, che sono poco rappresentate nelle sue opere, attraverso la testimonianza di “dodici donne più tre” che col grande autore siciliano, in circostanze, tempi e per i motivi più diversi, hanno avuto un rapporto diretto e personale.
Donne eccezionali: cito a memoria Barbara Alberti, Dacia Maraini, Elisabetta Sgarbi, Francesca Scopelliti, la compagna di Enzo Tortora, e ancora la figlia, Anna Maria Sciascia, e l’imprenditrice Giannola Nonino e le sue tre figlie (le “più tre” di cui sopra), Franca Leosini.
Ne è scaturita una serie di interviste attraverso le quali, senza scivolare nell’agiografia (alcune delle intervistate, come Marcelle Padovani, non hanno nascosto i punti di disaccordo con lui), Sciascia torna a vivere confermando quanto l’uomo si identificasse con lo scrittore e, oltre a questo, quanto a una dirittura morale ben rara nel nostro Paese, egli associasse, dietro una maschera di apparente distacco e lontananza, una straordinaria carica di umanità, una tagliente capacità di ironia e una insopprimibile spinta alla solidarietà.
Sciascia fu il primo a denunciare apertamente la mentalità mafiosa, le collusioni, la corruzione, il malaffare che avvelenano la Sicilia e non solo la Sicilia, e anche di questo parla il libro di Rossana Cavaliere. Ma le pagine più toccanti sono quelle che raccontano l’uomo Sciascia, come l’intervista a Francesca Scopelliti che ricorda la presa di posizione dello scrittore al fianco di Tortora e il suo strenuo difenderlo, in nome della loro amicizia ma soprattutto grazie alla sua capacità di vedere i fatti al di là del clamore mediatico. E sono commoventi le pagine in cui Anna Maria rivive i momenti di intimità che visse col suo papà.
Ancora, attraverso la testimonianza di tutte le intervistate pare di vederlo, Leonardo Sciascia, che guarda malinconico il mondo e dialoga centellinando con saggezza le parole o dice tantissimo attraverso i suoi eloquentissimi silenzi; pare di vederlo, felice di invitare a pranzo chi gli capitava in casa, occupandosi della cucina, e par di percepire il piacere che provava in mezzo alle tante donne fra le quali era cresciuto e che poi lo circondavano in famiglia, prima fra tutte la moglie Maria, a dispetto dell’accusa di misoginia che era nata dopo una sua sorprendente dichiarazione circa un certo matriarcato che poteva essere ritenuto corresponsabile della mentalità mafiosa diffusa in Sicilia; dichiarazione che gli attirò l’ira di molte intellettuali, inclusa Dacia Maraini, alla quale, qualche tempo dopo, reagì con un articolo, “Misogino io?”, in cui dimostrava quanto l’accusa fosse fuori luogo (con la Maraini, poi, scoppiò la pace).
La precisa sensazione che Rossana Cavaliere sia una intellettuale di altissima caratura, cultura e intelligenza, che ho avuto incontrandola di persona durante la rassegna letteraria “Giù la Piazza”, organizzata a Treia da ev Casa Editrice , è stata confermata dalla lettura del suo libro (la ringrazio per la dedica di cui mi ha gratificato): un libro piacevole, intenso, ricchissimo di spunti e, lo ripeto, di pagine capaci di destare un’intensa commozione, come solo i libri veramente belli sanno fare.
Leonardo Sciascia negli occhi delle donne è un libro da leggere: se si ama Sciascia, certo; ma anche se, più semplicemente, si amano le buone letture, quelle che ti aprono la mente e il cuore, e che suscitano un po’ di rammarico quando hai finito di leggerli, e proprio perché hai finito di leggerli.
Giuseppe Riccardo Festa
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