La stellina . . . ritrovata

Ma le cose non andavano proprio così a casa

Stellina

Non mi sono mai piaciuti i trick e track. I petardi che di solito si sparano la notte di Capodanno. Eppure la mia città, Napoli, è la regina per antonomasia del loro fatidico sparo alla mezzanotte dell’ultimo dell’anno.

L’usanza non mi è mai appartenuta. Per me è un bene. Ho sempre avuto terrore dei botti.

Da bambino non si ha idea di come fuggissi dagli amici che non vedevano, invece, l’ora di “rubare” qualche lira ai loro genitori pur di lanciare in giro qualche petardo e poi scappare.

Un atto che non ho mai compreso. L’ho sempre ritenuto una gratuita violenza perpetrata ai danni degli altri.

Un gioco ingenuo ma pericoloso, che si organizzava all’aperto, coinvolgendo la gran parte dei miei coetanei. Un’abitudine che è un po’ sfumata nel corso del tempo, per la fortuna di molti, rimanendo oggi radicata nei quartieri più popolari, ma principalmente per effetto emulativo.

Un tempo, all’indomani del Natale, in vari angoli della città, in centro come in periferia, per strada spuntavano dal nulla tante piccole baracche di legno, su cui facevano bella mostra i mitici botti. Una rete capillare di punti vendita.

A loro presidio c’erano persone mai viste prima. Non del quartiere. E non mi sono mai spiegato perché, dopo essere state allestite in un batter d’occhio con una maestria unica, venissero poi ricoperte di quotidiani. Una sorta di protezione alla struttura di cui non comprendevo le ragioni.

Ma le cose non andavano proprio così a casa. Anzi. La notte di Capodanno i cosiddetti fuochi facevano bella mostra di sé in salotto, e venivano conservati a terra, in un foglio di giornale, nei pressi del balcone.

Guai a chi si avvicinasse loro. L’area che li circondava veniva interdetta con una barriera di sedie. I botti venivano poi lanciati allo scoccare del nuovo anno.

A cominciare di solito era mio zio Alfonso. Che non fumava, ma che quella sera, per i pochi minuti dello sparo, stringeva tra le labbra una sigaretta. Gli serviva per dare fuoco ai petardi.

Un’immagine che è rimasta fissa nella mia mente. Non riuscivo a spiegarmi come una persona che di solito non fumasse, quella sera, pur di dare sfogo ad una irresistibile passione, facesse una cosa che non rientrava per nulla nei suoi abituali comportamenti.

Pochi attimi e tutto finiva, anche se il frastuono, che i petardi provocavano, restava a lungo fisso nell’udito. Come quel nauseante odore di bruciato. Misto al gran fumo che dalla strada saliva fin sopra i piani alti dei palazzi.

Conoscevo a memoria le fasi di quei momenti. Che non vedevo l’ora che finissero. L’ultimo lancio dei trick e track era per me un vero e proprio spartiacque.

Tra il vecchio ed il nuovo anno. Una liberazione. A segnare finalmente un nuovo inizio, più del brindisi augurale.

Come un film che si dipana al contrario. Ricordo che quando tutti andavano via, liberando il terrazzo, diventavo all’improvviso, e qualche volta di nascosto, il vero protagonista.

Nascondevo nel mobile di fianco al balcone la “mia” scatola di stelline. Comprata con poche lire. Un fuoco innocuo. Il mio oggetto proibito. Che non mi faceva paura e che mi aiutava a felicitarmi del nuovo anno.

Trovavo in quelle stelline un equilibrio dinamico e vitale. Mantenendomi responsabile e lungimirante nei desideri che coltivavo per i mesi avvenire, godendo così delle gioie quotidiane senza dare nulla per scontato.

Come aver ritrovato stamattina, inaspettatamente, dietro ad una pila di piatti, in un vecchio mobile di casa di mia madre, quelle vecchie stelline, ancora intatte nella loro scatola, ad aspettarmi fiduciose in uno storico appuntamento.

Che ho rimandato inconsapevolmente nel corso degli ultimi anni e che oggi non rinvierò più.

Tutto nella vita sembra incerto. Poi le conferme arrivano. Ti lasciano meravigliato. Senza parole. Conviene accoglierle, perché la fedeltà ha un suo valore in un’epoca di diffusi tradimenti.

E così mi si è aperto dinanzi, all’improvviso, un mondo di ricordi belli e brutti, caldi e freddi.

Mi sono venuti in mente volti che stasera non mi terranno più compagnia, ma che il luccichio delle stelline mi farà brillare nell’immaginazione, come se fossero ancora qui con me a festeggiare il nuovo anno.

Piccole cose, semplici gioie impagabili, il piacere fatto bambino che troverà spazio in ciascuno di noi, me compreso.

Felice anno

Nicola Campoli

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