LA CONSULTA FERMA LA LEGGE CALDEROLI: SETTE NORME SULL’AUTONOMIA DIFFERENZIATA GIUDICATE INCOSTITUZIONALI

Il ministro degli Affari regionali Roberto Calderoli

Antonio Loiacono

La Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità di sette norme centrali nella legge sull’autonomia differenziata, accogliendo parzialmente il ricorso presentato da Puglia, Toscana, Sardegna e Campania, tutte regioni governate da giunte di centrosinistra. La legge, promossa dal ministro degli Affari regionali Roberto Calderoli (Lega), punta a definire le modalità con cui le regioni possono ottenere maggiore autonomia nella gestione di materie che oggi sono di competenza dello Stato. La decisione della Consulta, però, impone una revisione di alcuni aspetti cruciali del testo, considerati in contrasto con la Costituzione.

La Corte ha fatto sapere che, pur non rilevando incostituzionalità nell’intera legge, sette disposizioni risultano in contrasto con il terzo comma dell’articolo 116 della Costituzione, che regola la possibilità per le regioni con bilanci in ordine di richiedere competenze aggiuntive. La sentenza riguarda norme che potrebbero alterare l’assetto unitario dei diritti fondamentali nel Paese.

Uno degli aspetti più controversi è la delega assegnata al governo per stabilire i livelli essenziali delle prestazioni (LEP), i servizi minimi che devono essere garantiti a tutti i cittadini italiani. Secondo la Corte, questa disposizione viola il principio di uguaglianza tra i cittadini e rischia di limitare il controllo parlamentare su questioni che riguardano diritti essenziali. Anche la possibilità di aggiornare i LEP tramite un decreto del presidente del Consiglio dei ministri è stata bocciata, poiché assegnerebbe a un atto amministrativo la competenza su temi di rilievo costituzionale, con un eccesso di potere conferito all’esecutivo rispetto al Parlamento.

Le motivazioni complete della sentenza saranno depositate prossimamente, ma il messaggio della Consulta è chiaro: occorre una revisione della legge che garantisca un equilibrio tra autonomia regionale e tutela dei diritti fondamentali. La sentenza sollecita il Parlamento a modificare i punti critici ed a riequilibrare il ruolo del Parlamento stesso, evitando deleghe eccessive al Governo in un ambito che deve rimanere sotto il controllo democratico.

Il pronunciamento della Corte costituzionale si inserisce in un quadro politico particolarmente teso, in cui il tema dell’autonomia differenziata è al centro di un acceso dibattito. Il ricorso presentato dalle quattro regioni è infatti solo uno dei tentativi delle opposizioni di bloccare la legge. A luglio, un comitato promotore aveva depositato presso la Corte di Cassazione un quesito referendario per abrogare il provvedimento, raccogliendo oltre 500.000 firme in poche settimane. Ora, i quesiti referendari dovranno superare il vaglio della Corte di Cassazione e della Corte Costituzionale: la Cassazione verificherà la validità delle firme, mentre la Consulta si esprimerà sull’ammissibilità del quesito sul piano giuridico e costituzionale. Se i controlli saranno superati, il governo, di concerto con il presidente della Repubblica, fisserà la data per il voto referendario, che dovrà svolgersi tra il 15 aprile e il 15 giugno del prossimo anno.

La sentenza della Corte Costituzionale, che richiede una revisione significativa di alcuni aspetti centrali della legge, rappresenta un duro colpo per il progetto di autonomia differenziata promosso dal ministro Calderoli. La decisione riapre la discussione sull’adeguatezza del provvedimento e sulla necessità di mantenere saldi i principi costituzionali di uguaglianza e unità nazionale. Mentre il Parlamento si prepara a recepire i correttivi suggeriti dalla Corte, le forze politiche restano divise: da un lato, chi sostiene l’autonomia differenziata come un passo verso una gestione regionale più efficiente; dall’altro, chi teme che una tale riforma possa accentuare le diseguaglianze territoriali.

In attesa delle motivazioni definitive, la sentenza della Corte Costituzionale lancia un segnale chiaro: ogni riforma in tema di autonomia deve garantire che i diritti fondamentali siano salvaguardati uniformemente in tutto il Paese, preservando l’unità della Repubblica.

 

 

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