IL GOVERNO DEI MIGLIORI O DEGLI INUTILI ?

di Marco Toccafondi

Sono essenzialmente 2 le domande che tanti italiani si stanno facendo in questi giorni: la prima è perché è nato il governo Draghi, la seconda quali sono le differenze col Conte II, visto e considerato che per quanto riguarda l’emergenza più grave degli ultimi decenni poco o nulla potrà cambiare nelle tattiche per sconfiggerla.

La vera domanda, tuttavia, dovrebbe essere un’ altra: quale è stata la logica? Cosa ha veramente portato fino alla nascita di un esecutivo dove praticamente ci sono tutti dentro, con l’utile quanto minoritaria sponda rappresentata da Fratelli d’ Italia che, fuor dai sondaggi, in parlamento ha un peso reale di circa il 4%.

Se si tralascia l’ottica politologica e con essa l’ideologia ma, come con una sorta di drone, si osservano i fatti dall’alto e dunque da un altro livello, quello strategico, ci troviamo di fronte al tipico segreto di Pulcinella, un fatto che molti conoscono e risale all’ estate di 2 anni fa.

Era il 2019 e Giuseppe Conte vestiva ancora in giallo-verde, i suoi eleganti abiti erano confezionati dalla “sartoria” leghista e approvati dall’ingombrante alleato Matteo Salvini, che nel frattempo mieteva successi in tutta Italia e bagni di folla ovunque facendo il bello e cattivo tempo al Viminale grazie al capro espiatorio sempre verde dell’ immigrazione.

Nasce da questa tattica salviniana il crollo verticale dei consensi dei pentastellati al potere, ma soprattutto un premier ingessato nel suo abito giallo-verde che, in omaggio all’ allora numero uno dell’ onda sovranista mondiale, il presidente statunitense Donald Trump, fa una concessione che non doveva essere fatta.

Il Conte in giallo-verde di 2 anni fa, infatti, cede alle richieste leghiste e soprattutto dell’ amministrazione USA dando libero accesso a dei documenti riservati, ma visionati lo stesso da alcuni emissari della Casa Bianca, in missione nel nostro paese durante quella fatidica estate.

L’obiettivo degli uomini di Trump era provare come il cosiddetto “Russiagate” fosse una montatura delle agenzie statunitensi, un’ azione utile per stoppare l’azione politica protezionista e incarnata dal celebre slogan trumpiano “America first”.

Non c’è nulla di male nel ricevere degli emissari di un’amministrazione USA, anzi non ci si puo’ rifiutare, essendo l’Italia una provincia dell’Impero, ma il problema sorge spontaneo, come direbbe Michele Lubrano, se viene dato accesso a certi documenti.

Tutto ciò ha finito per creare malumore verso un Conte allora in gialloverde, ma che ha finito per influenza anche il Conte in giallorosso. In fondo si tratta della stessa persona e gli apparati non vanno sempre per il sottile, quando è in gioco la politica estera del paese: è il loro lavoro e sono lì per svolgerlo.

Matteo Renzi, come molte persone del resto, era a conoscenza di questa antipatia verso Conte da parte degli ambienti d’Oltreoceano, una sfiducia che, come detto, risale all’estate di 2 anni fa, ha quindi pensato bene di sfruttarla al meglio per garantirsi un posto al sole nei confronti della nuova amministrazione Biden, con la quale apparati e agenzie entrano dalla porta principale al 1660 di Pennsylvania Avenue.

Renzi ha pensato bene di proporsi lui stesso come uomo di fiducia per gli USA, aprendo una crisi di governo altrimenti incomprensibile, se letta con uno strumentario inadatto e senza la conoscenza corretta dei fatti per come sono andati e non per come vengono narrati.

Lo scopo era in ogni evidenza quello di ottenere un altro nome per Palazzo Chigi oppure persino un Conte Ter, come infatti è stato ventilato più volte durante la crisi, ma che contemplasse uomini e donne di Italia Viva nei posti chiave come la delega ai servizi.

Insomma, il leader di Italia Viva mirava a un bel rimpastone che, Conte o non Conte, fosse a lui e al suo partito favorevole, rimettendo tutto in gioco dopo la partita persa con la fallimentare scommessa sul referendum costituzionale nel 2016.

Purtroppo la puntata non la fai nei pressi di Rignano sull’ Arno nè in provincia di Firenze, bensì ai massimi livelli della strategia o politica estera che dir si voglia, quindi con gli Stati Uniti in ultima istanza. La  risposta da Oltreoceano è stata netta: “adesso basta, mettiamo un nostro uomo e decidiamo noi, in Italia, proprio come succede negli USA dopo i fatti del 6 gennaio in Campidoglio” o ovunque serva, perché è un periodo dove crisi economica, sanitaria e sociale convergono.

Per gli apparati USA l’uomo giusto non poteva che essere Mario Draghi, ovvero una figura notoriamente vicina ad ambienti cosiddetti “obamiani” nelle agenzie, che tuttavia potesse anche fungere da garanzia nei confronti e per una Germania (alleato infido per gli USA e che spaventa l’egemone a stelle e strisce), che deve essere portata a concentrarsi unicamente su un’egemonia economica e industriale sul continente europeo, ma senza perseguire altre mire, strategiche.

Berlino in definitiva dà i soldi del Recovery all’ Italia per salvare il centro nord del paese, che resta fondamentale e strategico per il bene della sua industria. E’ con questa logica si spiegano le scelte dei sottosegretari e un nuovo governo con una evidente trazione nordista, quando nel Conte 2 c’era invece una chiara tendenza verso il centro sud del paese. E’ un’ ulteriore prova di quali siano state le mosse e le scelte nella caduta di Conte e nell’ ascesa di Draghi a Palazzo Chigi. Oggi in troppi si formalizzano su un sottosegretario che confonde Dante con Topolino oppure una sottosegretaria che si è vantata di non leggere un libro da ben 3 anni, per la cronaca entrambi piazzati tra cultura e istruzione, ma è un abbaglio. Infatti la politica in questa fase emergenziale non viene fatta coi migliori, ma con gli inutili. Questo perché si è passati, vista l’emergenza epocale e globale che abbiamo dinanzi, da un livello a un altro: dal politico allo strategico. Ecco allora il “governo degl inutili”, che non servono a governare, ma più semplicemente a silenziare l’opinione pubblica, che in una fase di allarme sanitario non puo’ avere voce in capitolo.

Traduzione born in the USA: se la potenza tedesca col Recovery si limita solo a salvare l’ Europa, che resta pur sempre la nostra più importante zona di influenza nel pianeta, allora a noi va bene, in fondo  rientra nell’interesse a stelle e strisce, ma che non si metta in mente di andare oltre, immaginandosi soggetto geopolitico indipendente e potenzialmente egemonico a livello continentale. Ecco quindi dove è stato l’ennesimo errore madornale di Renzi, che ha generato una crisi di governo in piena pandemia, altrimenti incomprensibile: credersi più importante di quel che è. Come al solito.

E’ naturale che oggi, pur spodestato e ignorato dagli ambienti d’ Oltreoceano, il “Machiavelli”  di Rignano non possa far altro che buon viso a cattivo gioco, facendo credere che Draghi lo abbia voluto lui da sempre e non sia invece stato imposto da chi comanda, davvero, nel nostro continente, ma la banale realtà è che il governo Draghi nasce per una precisa volontà statunitense tesa a sostituire un premier italiano inviso, consolidare il dominio sul continente, salvandolo, ma nel contempo tenendo a freno anche eventuali mire della Germania, l’alleato più subdolo e pericoloso.

Da sempre.

Marco Toccafondi

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