IL BOOMERANG DEL REFERENDUM

L’errore, è evidente, è stato di vestire questo referendum di contenuti che non avrebbe dovuto avere. Avrebbe dovuto trattarsi di un referendum di carattere ecologico ma gli avversari di Renzi, esterni ma anche, se non soprattutto, interni al PD, ne hanno fatto un ariete col quale hanno sognato di infrangere le difese del premier.

A infrangersi, ahinoi, sono state le speranze dei sinceri ambientalisti: quelli che, come me, hanno votato “sì” perché sinceramente convinti che le acque territoriali italiane debbono essere libere da impianti di estrazione petrolifera; e con quelle speranze si sono infrante anche le velleità degli antirenziani ad ogni costo.

In tutta sincerità non credevo che l’afflusso al voto sarebbe stato così modesto ma non credo nemmeno che la scarsa affluenza vada imputata al crescente disinteresse degli italiani verso ogni forma di consultazione elettorale. Sicuramente c’è anche quello, ma non credo di sbagliare se affermo che la politicizzazione del referendum sia stata un boomerang che si è rivoltato contro coloro che l’hanno voluta e che ora, nonostante la sconfitta, si consolano contando il numero dei “sì” e motivandoli tutti come segnali di insofferenza verso Renzi.

Cosa che non è, perché molti – ad esempio io, e molti che hanno votato come me – pur non provando simpatia per il premier hanno votato contro le piattaforme, e non contro di lui.

E anche se fosse, considerato che un valore politico antirenziano alla consultazione l’avevano dato tutte le forze d’opposizione di destra e di sinistra, a partire dai pentastellati seguiti dalla Lega Nord, Fratelli d’Italia, la minoranza PD e SEL giù giù fino a Forza Nuova e formazioni estremistiche varie, che rappresentano un bacino elettorale ben superiore ai 13 milioni e mezzo scarsi di “Sì”, ciò significherebbe che, se disinteresse c’è stato, questo è stato manifestato proprio da una grandissima quantità di simpatizzanti di queste forze di opposizione. Se tutti gli elettori di questi partiti e gruppi avessero seguito le indicazioni dei loro leader, il numero dei votanti sarebbe stato di gran lunga superiore, il quorum sarebbe stato raggiunto e Renzi non avrebbe potuto, alle 23,05 di ieri sera, mostrarsi così spietatamente generoso verso coloro (a parte quelli del suo partito) che in questo referendum avevano cercato un’occasione di rivalsa nei suoi confronti e che ora sono costretti a consolarsi contando il numero dei “Sì” e insistendo ad attribuire loro un valore politico che in realtà si ritorce contro di loro.

Alla fine della fiera bisogna riconoscere che, vuoi per convinzione, vuoi per menefreghismo, una larga maggioranza degli italiani approva Renzi, o almeno non lo disapprova.

Da più parti, ora, si invoca o si promette l’abolizione del “quorum” per la validità dei referendum abrogativi. È una promessa destinata, per fortuna, a restare lettera morta, perché non si può immaginare che il sistema legislativo di un Paese di sessanta milioni di abitanti sia scardinato a piacere da minoranze poco qualificate. I Padri costituenti hanno fatto bene a prevedere il quorum, che deve restare nell’ordinamento a garanzia della solidità di quel sistema legislativo.

Gli avversari di Renzi potranno rivalersi con le imminenti elezioni amministrative che interessano centri di importanza vitale per il Paese ed anche, e soprattutto, col referendum confermativo di ottobre sulla riforma del Senato.

Dovranno però essere più convincenti, con il loro elettorato, di quanto lo siano stati in occasione di questo referendum.

Giuseppe Riccardo Festa

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