I “No” per amare.

Little businessman checks the money

Non sono genitore ma sono figlia e sono stata, come tutti, bambina anche io; ma ero una bambina diversa rispetto a quelli che, ogni giorno, vedo in giro. Mi spiego meglio; nel lontano, ma non lontanissimo, 1997 avevo sei anni e già a quell’età mi è stato insegnato che tutto ha un costo e, soprattutto, tutto ha un valore: dalle scarpe all’ultimo grido al giochino che passava in pubblicità; all’epoca non avevamo i tablet per giocare ma solo il caro tamagotchi, le penne cancellabili in prima elementare erano disponibili solo in due colori ( blu e rosso) e alla gita della quinta elementare non andavamo in Sicilia per il fine settimana, al massimo andavamo mezza giornata in Sila e tornavamo la sera stanchi come se avessimo fatto il viaggio più lungo del mondo. E, devo dire, non stavamo bene: stavamo benissimo! Siamo cresciuti, noi degli anni ’90, con una semplicità che i bambini di oggi non potrebbero nemmeno, lontanamente, immaginare e a cui non saprebbero adattarsi.

Dicevo: per me tutto aveva un costo e, soprattutto, un valore. E c’è, fra i due termini, una differenza abissale: il primo indica il costo monetario di un qualcosa mentre, il secondo, la fatica per ottenerlo. Io, ad esempio, ero una schiappa in matematica: è sempre stato così, dalla prima elementare fino al mio ultimo esame universitario; nonostante ciò, i miei genitori mi hanno sempre insegnato che bisogna saper convivere – e soprattutto migliorare – con le nostre debolezze fisiche e mentali, cercando di superare (laddove possibile) i nostri limiti perché, ahimè, tutti li abbiamo. E’ inutile che ostentiamo questi figli che, già dal primo giorno di scuola, sono geni indiscussi in tutte le materie; non gli fate mica del bene. Dite, piuttosto, ai vostri bambini che ciò che oggi sembra facile domani potrebbe non esserlo. Dite, ai vostri figli, che domani troveranno sicuramente degli ostacoli che devono essere in grado di superare con (auto)ironia e competizione costruttiva, quella che li porterà a unirsi con altri simili per risolvere un comune dilemma.

Nel mio caso, nonostante il mio essere schiappa in matematica, mi veniva detto: “Vuoi quel paio di scarpe (ebbene sì, già all’epoca ero malata di scarpe!) che hai visto l’altro giorno? Prendi DISTINTO in matematica.” Ed è stato così per ogni cosa, nella mia vita: “Tu ci dai e noi ti diamo.” La cosa, purtroppo, aveva efficacia solo con matematica.. perché se puoi combattere contro equazioni, limiti e derivate, la cosa non è poi così semplice con una lingua come il latino. Ciò che sto cercando di dirvi, anche se per voi non sarà una novità, è che i bambini di oggi conoscono il costo di qualsiasi cosa ma il valore di poche.

Vedo genitori entrare nei negozi con in mano pezzi di giornale con l’immagine delle scarpe che VOGLIONO i propri figli, dodicenni che giocano durante la ricreazione con l’Iphone, quindicenni con le unghie tanto belle quanto finte e un atteggiamento da vamp sfrontate che fa proprio tristezza. Vedo genitori che vengono zittiti da risposte arroganti e superbe che, viste dall’esterno, sembrano spezzoni tratti da film di second’ordine che si trovano su youtube. Poi ti svegli e ti rendi conto che, purtroppo, non si tratta di un film ma è la spaventosa realtà.

Lungi da me voler dare lezioni ai genitori, dato che non lo sono e non ho la minima idea di quanto possa essere difficile esserlo; ma una cosa voglio dirla, così, come la direbbe una vostra confidente: imparate, ogni tanto, a dire NO ai vostri figli. Imparate a dirgli sì quando lo meritano davvero perché quel sì, acquisterà un enorme e inestimabile valore. Insegnate ai vostri figli non quanto costa l’ultimo paio di scarpe della Nike ma il valore di avere un paio di scarpe, stop. Ricordate che l’affetto non si acquista, la stima non si regala e la riconoscenza non è un valore innato: la riconoscenza è la prima cosa che farà dei vostri bambini, futuri adulti consapevoli di quanto sia dura ma, tutto sommato, bella, la vita.

Elisa Agazio

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