L’amaro destino dei piccoli centri montani abbandonati a se stessi tra carenze e l’indifferenza degli apparati dello Stato.
Da qualche decennio, ma ancor più negli ultimi anni, i piccoli centri stanno subendo un lento ed inarrestabile spopolamento dovuto all’ assenza di beni e servizi che, molto spesso non posso essere offerti a causa, non solo per l’esodo interno delle popolazioni ma, principalmente per l’assenza degli apparati Statali che con i loro vuoti acuiscono questo fenomeno.
Molti sindaci, unico punto di riferimento per molti cittadini, si trovano a fronteggiare ogni tipo di situazione fra le più disparate oltrepassando, talvolta, anche le loro marginali competenze e vincoli di bilancio a cui sono legati da una burocrazia troppo spesso lontana dalle reali e concrete esigenze dei territori.
Burocrazia che studia i territori solo “sulla carta” delle scrivanie del potere non tenendo conto dei territori, della loro olografia, della loro storia, della demografia e degli assetti socio-culturali delle popolazioni; muovere delle pedine su uno scacchiere i cui protagonisti sono persone con esigenze primarie troppo spesso non evase e territori con una storia che lentamente va cancellandosi.
Una realtà come quella campanese ha subito i primi scippi importanti un decennio fa quando venne meno il rifornimento di carburanti ed alcune settimane appresso l’unico istituto di credito convocò i suoi correntisti avvisandoli della imminente chiusura di quella filiale.
Due soppressioni che hanno inciso, certamente, in modo non del tutto indolore in una piccola comunità, specialmente in quella parte di società legata all’ agricoltura e zootecnia che necessità di carburante per i loro mezzi agricoli ed approvvigionamento per il bestiame.
Qualche anno prima si era chiuso, sempre a cagione di quella burocrazia che opera solamente sulla carta e si basa sul risparmio a discapito dei diritti primari dei territori, quello che noi chiamiamo con orgoglio “il nostro Ospedale” ovvero il nosocomio cariatese, facilmente raggiungibile ed in tempi celeri per tutti i paesi dell’interno su cui gravitava il” Vittorio Cosentino” che, il suo punto nascite contava migliaia di nati ogni anni e, il cui pronto soccorso è riuscito a rispondere ad altrettante migliaia di emergenze.
L’odierna riapertura del pronto soccorso a Cariati sembra dare un barlume di speranza ai territori ma, ancora è troppo poco ed insufficiente la risposta sanitaria che si sta cercando di dare, altresì ad ogni buon conto si tiene presente questo segnale positivo di ravvedimento della politica sembra tracciare una nuova rotta che, se mantenuta, potrebbe portare a buoni risultati.
La nuova riforma sulla cd. “autonomia differenziata”che, proprio in questi giorni la Corte Costituzionale, seppur non dichiarandola incostituzionale, ha evidenziato alcuni punti sui quali il Legislatore deve apportare dei correttivi, parrebbe rappresentare una sfida per i centri interni ma, questa è ancora una partita aperta per il Parlamento dopo la pronunzia della Consulta.
I centri interni debbono avere risposte concrete e concretizzabili nel tempo e, non “panni caldi” per soluzioni temporanee fini a se stesse che altro non fanno che creare illusioni e falsa speranza senza risolvere il problema concreto.
Le soluzioni tampone ed emergenziali, a cui la politica è di sovente adusa e i cittadini troppo spesso avvezzi, perché mossi dal bisogno, sono solo dei contentini tesi a creare clientele di gente esasperata.
Troppo spesso la bassa scolarità, unità anche alla necessità, non fa capire ciò che è bene ed utile nel tempo; compito della politica, oltre quello primario di amministrare, è anche quello di non asservire a se i suoi amministrati ma, creare opportunità per tutti i consociati al fine di renderli donne ed uomini liberi di scegliere.
È fuori dubbi che chi vive nei piccoli centri affronta delle sfide ben diverse rispetto ad altre realtà; si pensi agli studenti pendolari che affrontano svariati chilometri per ricevere una istruzione percorrendo strade disagiate, le madri e i padri che vivono una realtà lavorativa precaria o stagionale non bastevole per il mantenimento della famiglia, i tanti anziani con malattie croniche ed un risposta sanitaria insufficiente per carenze di personale e mezzi.
Si pensi a Campana quando a seguito del pensionamento di un medico di famiglia, ci furono disagi per diverse settimane e diversi avvicendamenti di professionisti, tutto a discapito dell’utenza con seri problemi di salute e già penalizzata dal fatto i vivere in una area interna.
Altro caso emblematico e che ancora la comunità vive in parte, l’assenza del sevizio di continuità assistenziale (guardia medica) non coperto del tutto ed in tutti i giorni del mese; aggravato dal fatto che troppo spesso, o quasi sempre, le ambulanze che giungono a prestare soccorso nei casi di urgenza sono non medicalizzate.
Le sfide che i piccoli centri vivono sono diventate troppe e non più sopportabili e tollerabili; a penalizzare le aree interne sono la mancanza di opportunità di lavoro concrete e durature; l’assenza di una sanità territoriale più rispondente alla realtà montana; la mancanza di una rete stradale e viaria, e per l’olografia e per il dissesto idro geologico, adeguata atta a accelerare i tempi di percorrenza con conseguente diminuzione dell’isolamento; certo è che queste sono solo alcune, a mio avviso le più gravi ed incidenti sullo spopolamento, delle tante problematiche su cui si deve porre l’accento per cercare di trovare una durevole ed effettiva soluzione e, la politica tutta deve dare dimostrazione di maturità, unità e solidarietà, abbandonando le lotte interne e capendo che si è avversari politici e non nemici personali, se così non fosse ciò si ripercuoterebbe su un territorio già di per se debole e disagiato.
Avvocato Francesco Lapietra
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