
“Accetteró un tale accordo soltanto da morto”. E infatti é andata cosí, almeno politicamente. Sono le parole, testuali, che prima la “lady di latta” Theresa May e poi con piú forza e arroganza anche Boris Johnson hanno detto riguardo gli accordi commerciali, fiscali e doganali tra Irlanda del Nord e Unione Europea nel post Brexit. Una soluzione, come evidentemente pare chiaro ai due inquilini in Downing Street, a svantaggio dell’Inghilterra e dell’Impero di un tempo che fu e vantaggiosi per un’ Irlanda unificata e un avvicinamento tra Belfast e Dublino. E’ da qui che bisogna partire per comprendere la raffica di dimissioni tra esponenti e ministri del governo Johnson e l’avvicendarsi e il continuo bruciarsi di numerosi Premier. Una combustione istituzionale che ricorda piú l’Argentina di inizio millennio alle prese col default anziché la Gran Bretagna. Non certo una serie di scandali sessuali o qualche party.
Le vere cause del fallimento – A far cadere l’esecutivo di BoJo sono dunque state veramente le dimissioni eccellenti di Rishi Sunak, il ministro delle Finanze, quelle di Sajid Javid, il titolare della Salute ? Oppure é stato lo squallido caso di Chris Pincher, curiosamente e ironicamente addetto alla disciplina interna al partito, il vicecapogruppo dei Tories rimosso dopo le accuse di pesanti molestie sessuali ? O ancora é stata colpa di un’ inflazione schizzata all’11% e una situazione economica alquanto incerta per i sudditi della Corona ? Certo, possono essere state delle cause secondarie, ma la veritá é che BoJo, la May e altri hanno inevitabilmente tradito una promessa che non puo’ in alcun modo essere mantenuta: resuscitare un impero. Neppure nella sua versione caricaturale e limitata contro Irlanda del Nord e Scozia. Gli imperi crepano e basta, non resuscitano. Mai.
Il cielo d’Irlanda é europeo, non piú britannico – Tra i conservatori, ma non solo, si respira un’ aria appunto da fine impero. La ragione é banale: é morto e fin da troppo tempo. Adesso va sepolto. Lo dimostrano le patetiche parabole di un Boris Johnson, di una Theresa May piuttosto che di un David Cameron. E’ tutta gente passata da potenziali “assi nella manica” per l’Inghilterra a inutili e dannose zavorre nel giro di pochi mesi. Del resto l’indice di gradimento tra i sudditi di sua maestá é veramente impietoso per il Premier e non lascia spazio a dubbi: la media di tutti i sondaggi ci dice che circa il 70% degli intervistati vuole che se ne vada immediatamente. Questo é il dato a livello generale, ovvero il sentimento medio che fluttua sull’isola un tempo egemone globale, tuttavia persino tra i soli elettori conservatori il 54% dichiara che Johnson dovrebbe andarsene e solo il 33% vuole resti. Insomma, un’ ennesima figura diventata impopolare e patetica, pur a fronte di una vittoria schiacciante solo nel 2019, quando trionfó con una maggioranza di 80 seggi anche grazie allo slogan “get Brexit done”. Ma é proprio questo il punto, gli inglesi, attenzione solo loro e non gli altri britannici se non forse qualche gallese, anelano la Brexit in quanto credono di vederci una timida possibilità di tornare, in versione ridottissima, l’impero che fu. E che impero, signori miei: l’ egemone prima dell’egemone. Ovvio susciti qualche nostalgia. Era un dominio che si estendeva in tutto il globo e che, praticamente, comprendeva il mondo intero, i mari e gli oceani, quindi il commercio mondiale dell’epoca. Fu il motore stesso della rivoluzione industriale, con cittá operaie (Manchester) non a caso studiate da Marx e Engels per scrivere i loro capolavori. Dotato di una marina militare talmente potente da esser stata l’unica ad aver dato fuoco al simbolo stesso del potere USA: la Casa Bianca. Oggi, tuttavia, niente rimane di quell’impero, sostituito proprio da quello statunitense fin dalla II guerra mondiale, che difatti impone agli inglesi accordi sull’ Irlanda a netto favore di Dublino: in quel venerdì santo del 1998 come nei rapporti col mercato comune europeo nel 2020. Compromessi al ribasso per Londra che vedono un impero a stelle e strisce e la sua principale sfera di influenza (la UE) decisamente schierati con Dublino.
Ma perché l’Irlanda é tanto importante per gli inglesi ? – E’ molto semplice e la ragione come al solito é strategica e geopolitica, non economica: quell’isola rappresenta uno “scoglio” dal quale qualsiasi potenza ostile all’Inghilterra potenzialmente potrebbe “tuffarsi” per un’ eventuale invasione. Non a caso nel corso della storia é giá successo. Per ultimi ci provarono i nazisti, durante la II guerra mondiale, con la celeberrima “Operazione Green”, dal colore dell’isola. Tentativo comunque rigettato dagli irlandesi, si trattava pur sempre dei nazisti. Insomma, che si tratti di un bassopiano quasi sconfinato come quello sarmatico tra Russia e Ucraina oppure di un’ isola come l’ Irlanda sempre di “cuscinetti” trattasi ed é per questa ragione, un’ insicurezza evidente legata al desiderio infantile di sentirsi importanti che, nel corso degli ultimi 100 anni, la questione irlandese é divenuta fondamentale per gli inglesi e di conseguenza anche per chi siede al numero 10 di Downing Street. Si tratta infatti della campagna militare piú lunga (1968-1998) dell’intera storia d’Inghilterra, vi ci sono morte circa 4.000 persone e quasi 1.000 soldati inglesi.
Brexit, pur di non staccare la spina – Ed é allora dentro a questo argomento secolare che si deve scrutare e cercare, scartabellando tra i misteri e le miserie delle collettività, le ragioni dei vari fallimenti capitati in quel numero 10. E’ la voglia di sentirsi ancora importanti, un po’ come succede agli anziani, anche se oggi l’impero egemone non sei piú. Anzi lo sono i tuoi avi che secoli fa salparono da Southampton verso il cosiddetto nuovo mondo: i futuri Stati Uniti d’America. Quelli ai quali incendiasti la White House. E siccome non sono salpati soltanto loro, ma anche tanti irlandesi, soprattutto nell’ Ottocento e a causa di una gravissima carestia di patate, alimento fondamentale sull’isola, diventando oggi il secondo ceppo per importanza nella potenza egemone dopo i tedeschi, ebbene non deciderai nulla. Non si muove foglia che l’attuale egemone non voglia e attualmente vuole l’Irlanda unita nell’Unione Europea. Decidono gli Usa dove, purtroppo per gli inglesi, esiste una grande simpatia per la causa dell’indipendentismo irlandese, che difatti é previsto e manifesto sia negli accordi del venerdì santo di un quarto di secolo fa, sia nel compromesso doganale di 2 anni or sono (il 2020) con l’Unione Europea. E’ quindi stato del tutto inutile scegliere la Brexit, fenomeno letto da orde di disinformati depensanti in un’ottica da curva sud, ovvero come qualcosa pro oppure contro la cosiddetta “Europa” (cioé qualcosa che manco esiste nel mondo reale e fuor da quel delirio economicistico tipico delle province sottomesse ad un impero ma che, in mancanza di un pensiero e di neuroni, viene assurdamente e seriamente scambiato come la panacea di tutti i mali da alcuni o addirittura il Vaso di Pandora da altri), quando é soltanto un tentativo disperato di tenere attaccato un cadavere in putrefazione (l’Impero britannico) alla storia. Un’operazione senza senso, ma soprattutto una promessa impossibile e che neppure Dio é riuscito a mantenere per piú di 3 giorni: resuscitare qualcosa che é morto da tempo come l’Impero Britannico.
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