Bocchigliero ancora sul piede di guerra

BOCCHIGLIERO – Ricordate la protesta del “non voto” che qualche mese fa assurse agli onori della cronaca internazionale? Ebbene, i cittadini “incavolati” di Bocchigliero, cape toste come solo ci sono nelle rigogliose montagne della Sila, non demordono, ed annunciano una clamorosa protesta popolare, forse più accesa di quella ultima, nei confronti delle “istituzioni”. Il paese degli aforismi ha deciso di blindarsi dopo i due telegrammi inviati al neo governatore della Calabria, Giuseppe Scopelliti, e al Prefetto della provincia di Cosenza Repucci. “Non abbiamo mai avuto alcuna risposta – dice il comitato cittadino “Bocchigliero sciopera” – e così abbiamo deciso di scendere ancora una volta in campo, se possibile anche con la forza, Siamo cittadini pure noi di questa regione infelice, ed abbiamo il diritto di essere sentiti perché chi conta abbia almeno la percezione dei nostri disagi che stiamo sopportando silenziosamente da decenni”. E i disagi, quelli tipici dei borghi montani, quassù sono amplificati da una rete viaria da terzo mondo; dalla quasi assenza di una discreta sanità pubblica e dalla mancnza di lavoro: “La politica dei finanziamenti a pioggia destinati ai grandi centri deve finire. Vogliamo che sia data priorità assoluta ai paesi di montagna che sono a rischio di spopolamento. Tra qualche anno nessuno abiterà nella Sila se non si pensa seriamente ad una politica di recupero delle tradizioni e degli antichi mestieri”. Le risorse ci sarebbero: grandi ed immensi boschi; siti mozzafiato; particolari attrattive storiche e culturali; grandiose testimonianze architettoniche ed una natura, nonostante l’impietosa mano dell’uomo, ancora intatta. Ma sulle montagne della Calabria ci si sente davvero fuori dal mondo, perché il minimo disagio diventa una grana pericolosa quando non hai un minimo di contatto con la cosiddetta civiltà: qui, sui monti, è vietato ammalarsi, né si può sperare di potersi recare sulla costa per il disbrigo delle solite pratiche di certa burocrazia: “Siamo ai margini di un impero effimero di cui rappresentiamo i sudditi da spremere, perché se tutto manca le tasse arrivano con puntualità svizzera. Ma ormai siamo davvero stanchi di essere spremuti senza avere in cambio i minimi diritti che ci equiparano ad ogni altro cittadino della Repubblica. Si parla tanto di federalismo: noi siamo da mezzo secolo ai margini della società civile”. Succede in Italia, nella dolente Calabria, in provincia di Cosenza.

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