Troppo tardi, Traini Luca. Troppo tardi e troppo comodo.

E così, dopo aver sparato a casaccio contro alcune persone assicurandosi che fossero di pelle scura, e contro la sede del PD di Macerata perché, diceva, “voleva giustizia per Pamela Mastropietro”, ora, di fronte al rischio di una condanna a 12 anni di carcere per tentata strage con l’aggravante dell’odio razziale, Traini Luca, neofascista orgogliosamente dichiarato, candidato leghista alle elezioni amministrative di Corridonia dove non ha rimediato nemmeno un voto (lui è nato e risiede in un altro comune), chiede scusa perché, dice, “In carcere ho capito che il colore della pelle non c’entra”. Ma lo dice solo ora. Prima no: prima di capire che rischiava davvero la galera, tutto ringalluzzito aveva affermato di non rinnegare niente di quello che aveva fatto.

Troppo comodo, Traini Luca. Troppo comodo e troppo facile, per uno che ha un simbolo razzista tatuato sulla fronte, che aveva l’hitleriano “Mein Kampf” sul comodino, che deteneva una pistola pronta all’uso, perfettamente illegale, in casa, e che dopo la tentata strage ha fatto il saluto fascista prima di farsi arrestare.

Il poverino, poi, per contestare la perizia psichiatrica che lo ha dichiarato consapevole di quello che faceva, per niente pazzo e nemmeno “borderline”, ha anche detto di avere avuto un’infanzia difficile.

Insomma, fra poco la vittima diventerà lui, non i poveracci ai quali ha sparato. In effetti è già una vittima, se non un eroe, per gli altri che la pensano allo stesso modo: gente che come lui ha il “Mein Kampf” sul comodino, qualche svastica tatuata sul corpo e probabilmente pure una pistola nascosta da qualche parte. E anche per molti altri, che esibiscono all’occhiello della giacca un piccolo Alberto da Giussano con la spada sguainata. E sono tanti, tantissimi, quelli così: l’Italia, poveretta, trabocca di gente piena di idee farlocche, di pregiudizi da un tanto al chilo, di rancori repressi, di voglia di menare le mani e di premere grilletti.

L’Italia è piena di gente che parla di purezza della razza, di invasione e che, quel che più suona grottesco e offensivo, parla di difesa della nostra cultura.

Ma quale cultura pretendono di difendere, le migliaia di Traini Luca che sventolano bandiere con croci uncinate, o verdi con una foglia (che pare di marijuana) nel cerchio bianco? Di che cultura parlano, loro che la cultura non sanno nemmeno dove sta di casa? Se solo li sfiorasse un barlume della consapevolezza di cosa veramente significhi la parola cultura, non avrebbero le granitiche quanto aberranti certezze di cui vanno fieri. Se solo avessero una pur pallida idea di cosa è la cultura, saprebbero che alla sua base c’è il dubbio: il sano, benefico dubbio che impedisce di fare cose insensate, pericolose e assassine nel nome della “Verità”.

Traini Luca invece era convinto, mentre sparava ai “negri” e alla sede maceratese del PD (che per fortuna era deserta), di possedere la “Verità”: la “Verità” fascista, quella che divide gli esseri umani in razze, alcune superiori e altre inferiori, e rivendica il diritto delle une di usare le altre a proprio piacimento e tenerle in soggezione, o meglio in schiavitù.

Ora Traini Luca dice di aver capito che non è vero, ma io non gli credo: io credo piuttosto che quella “Verità” lui continui ad essere convinto di possederla e che ora menta, spudoratamente e ipocritamente, cercando di ottenere uno sconto di pena.

Ma è troppo tardi, Traini Luca. Per quello che hai fatto tu devi pagare, esattamente come deve pagare chi ha ucciso Pamela Mastropietro. Lui con l’aggravante dello strazio che ha fatto del corpo, tu con l’aggravante dell’odio razziale.

Tu volevi la tua aberrante giustizia fascista e razzista. Noi, cittadini che rispettiamo le leggi e i principî costituzionali, vogliamo la sola e unica giustizia che esista, quella vera e civile: quella che non ha bisogno di aggettivi.

Giuseppe Riccardo Festa

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