TECNOLOGIA E CLINICA NELLA MEDICINA MODERNA: UN BINOMIO INDISSOLUBILE.

Nei giorni 10 e 11 settembre di quest’anno si è svolto a Rossano Calabro un interessante convegno  di Cardiologia di rilievo nazionale,  organizzato dal dottor Giovanni Bisignani, primario dei Reparti di Cardiologia di Rossano e Castrovillari. Oltre ai temi classici della cardiologia, una sessione molto interessante è stata dedicata alla Cardiologia digitale e a come lo sviluppo dell’informatica, dei sistemi associati a dispositivi impiantabili, la robotica e  il sistema dei big data possano contribuire a dare un contributo assai rilevante al perfezionamento della diagnosi e al trattamento delle patologie cardiovascolari.

Come è ormai noto a tutti esistono ormai numerose applicazioni scaricabili sui nostri cellulari in grado di fornire informazioni sul nostro stato di salute, di valutare per esempio quantitativamente lo sforzo  che si compie durante l’esercizio fisico,  come si modifica la frequenza cardiaca, le caratteristiche del polso sfigmico ecc. Gli ultimi smartwatches per esempio sono anche in grado di visualizzare una traccia elettrocardiografica abbastanza affidabile e tale da evidenziare patologie che potrebbero rendere necessario un intervento medico,   come la fibrillazione atriale, il cui riconoscimento potrebbe essere utile perché consentirebbe di instaurare un trattamento farmacologico tale da prevenire l’insorgenza di ictus. Naturalmente il riscontro di un’aritmia da parte di un aggeggio elettronico non può essere sufficiente a far diagnosi: occorre sempre la supervisione del medico e la valutazione del contesto clinico.  Ma si ipotizza  per esempio che dispositivi in grado di rilevare una traccia elettrocardiografica potrebbero essere applicati a soggetti particolarmente a rischio come per esempio gli anziani, gli ipertesi  o i  diabetici,   nei quali potrebbero assumere lo stesso ruolo di screening previsto per esempio per la prevenzione delle patologie tumorali.

Sempre a proposito della fibrillazione atriale: grazie alla capacità dei sistemi informatici di oggi di accumulare una quantità enorme  di dati,  di analizzare in tempi rapidissimi un elettrocardiogramma avendo al contempo la possibilità di confrontarlo con milioni di tracciati immagazzinati in memorie digitali di grandi dimensioni, anche un medico non esperto può essere ragionevolmente certo di una diagnosi: il medico del PS  per esempio pur non avendo le competenze di un cardiologo può affidarsi quasi ciecamente all’interpretazione automatica di un tracciato e predisporre gli opportuni trattamenti terapeutici.

Un altro aiuto fondamentale di questi software dotati di enormi memorie può essere l’interpretazione corretta di alcuni parametri ecocardiografici.  La tecnologia digitale consente un calcolo assai accurato della forza contrattile del cuore, la cosiddetta frazione di eiezione,  che è essenziale per stabilire alcune terapia importanti e costose come per esempio l’impianto   dei defibrillatori. Spesso l’interpretazione “umana” è assai variabile e i valori riscontrati possono essere diversi da operatore ad operatore, e persino lo stesso operatore può effettuare delle misure discordanti. Se il parametro viene calcolato attraverso software intelligenti il margine di errore diventa minimo e la scelta  terapeutica ovviamente più accurata.

Ancora: in  questo turbinio di progresso tecnico e scientifico anche la robotica gioca una parte importante. Per esempio uno dei trattamenti più efficaci della fibrillazione atriale è la cosiddetta ablazione transcatetere. In pratica attraverso dei cateteri introdotti per via femorale  si giunge fino all’atrio sinistro e si “bruciano” (con tecniche di  radiofrequenza o di crioablazione, sulle quali non è il caso di soffermarsi)  le cellule responsabili dell’aritmia. La robotica consente di trattare efficacemente da Milano, per esempio, un paziente fisicamente presente a New York: non è   fantasia, ma una moderna realtà.

Ma mi piace molto  sottolineare i vantaggi che la tecnologia offre anche ai pazienti affetti da scompenso cardiaco, che rappresenta in definitiva la patologia delle patologie cardiache, cioè la manifestazione ultima, finale, delle varie cardiopatie. Allo scompenso cardiaco si può arrivare a causa di una patologia infartuale comparsa anni prima, oppure per una cardiopatia ipertensiva o diabetica non curate adeguatamente o  per una cardiopatia congenita complessa e di difficile trattamento.  Che cos’è  in definitiva lo scompenso cardiaco?  E’  la incapacità da parte del cuore di pompare sangue in maniera sufficiente alle esigenze dei vari organi e tessuti: il cervello, in primis, ma anche reni, fegato polmoni e tutti gli altri.  Per esempio il cuore scompensato di un paziente a causa di un vecchio  infarto   può perdere  con il passare degli anni, anche se curato adeguatamente,    molta della sua forza contrattile, diventare insufficiente a fornire ai tessuti attraverso la circolazione sanguigna ossigeno e sostanze nutritizie  necessarie per il metabolismo, determinando la comparsa di segni e sintomi, tali da richiedere l’intervento medico.

Per fare un solo  esempio l’incapacità da parte del ventricolo sinistro di spingere, attraverso l’arteria aorta, sangue in quantità sufficiente alle esigenze dell’organismo può determinare ristagno a livello polmonare causando stanchezza e difficoltà respiratoria,  e determinando in alcuni casi il grave quadro dell’edema polmonare per il quale è necessario il ricovero urgente in terapia intensiva.  Ora,  l’insufficienza cardiaca In Italia e nel mondo occidentale rappresenta una delle cause più frequenti di ricovero ospedaliero, seconda solo ai ricoveri (assai più “lieti”) per parto.  E i soggetti che si ricoverano sono riammessi in ospedale   in circa la metà dei casi entro i primi sessanta giorni. I ricoveri ripetuti peggiorano la prognosi e rendono assai più complicato il trattamento.

Si stima che in Italia   si ricoverino fino a 500 persone  al giorno.  Si sa da studi condotti dalla Società Europea di Cardiologia che gli “scompensati” in Europa nel 2015  ammontavano a circa 15 milioni, ed è assai probabile che nel 2021 questa cifra sia assai vicina ai 20.  Naturalmente i soggetti che vanno più frequentemente incontro a scompenso sono gli anziani, i pazienti fragili e affetti da altre patologie rilevanti: come la  bronchite cronica ostruttiva, il diabete, le patologie renali o epatiche.  Un ricovero per scompenso cardiaco si protrae in media per circa 10-11 giorni e costa al Sistema Sanitario Nazionale intorno agli  11.800 euro.  Di qui la necessità di curare al meglio i nostri pazienti   in maniera tale da ridurre le ospedalizzazioni,  migliorarne la qualità di vita e la prognosi e,  non ultimo,  ridurre, in tempi di magra come quelli attuali,  i costi della sanità. In definitiva si  tratta di trattare al meglio e al di fuori dell’ambito ospedaliero i pazienti scompensati, per prevenire le recidive e le riacutizzazioni, con l’obiettivo possibilmente  di far  guadagnare ai pazienti anni di vita,  facendoli vivere meglio e più a lungo.

Questo compito viene  oggi svolto almeno in parte dagli ambulatori dello scompenso cardiaco, diffusi su tutto il territorio nazionale a macchia di leopardo.  Il compito  di questi ambulatori è quello di prendersi carico dei pazienti scompensati, compresi quelli dimessi dagli ospedali per riacutizzazioni,  programmare controlli clinici periodici e ottimizzare il  trattamento farmacologico in maniera tale da ridurre le riammissioni negli ospedali.   Un dato confortante è rappresentato dalla disponibilità negli ultimi anni  di farmaci assai efficaci nel trattamento dell’ insufficienza cardiaca  quali   ARNI  e   Glifozine che si affiancano ai  Beta bloccanti e agli inibitori dell’Aldosterone,  e a varie altre terapie di minor rilievo, ma sempre utili: grazie a questi presidi la prognosi degli scompensati è notevolmente migliorata e, per fare un esempio, da qualche anno a questa parte, devo dire che mi capita  sempre più raramente di dover affrontare casi drammatici di insufficienza cardiaca,  come era invece  la regola fino ad un decina di anni fa.

Dunque una migliore gestione dei pazienti e la ottimizzazione della terapia rappresentano ormai obiettivi indispensabili nella gestione di una categoria particolarmente rilevante della nosografia attuale. In che modo   la tecnologia si inserisce in questa realtà? in diversi modi:  che prevedono il telemonitoraggio,  la possibilità di valutare a distanza il paziente attraverso il controllo  di parametri vitali e non. Ma esiste un sistema che è assai probabile che assumerà  sempre più importanza nei prossimi  anni: si chiama HEARTLOGIC ed   è stato presentato per la prima volta al Congresso europeo di Cardiologia che si è tenuto a Vienna nel 2018. Che cos’è dunque l’HEARTLOGIC? E’  un sistema di sensori incorporato nei defibrillatori e nel dispositivi di resincronizzazione cardiaca (sorta di Pace Maker più complessi e raffinati) in grado di monitorare contemporaneamente  più parametri che  vanno incontro ad alterazioni nel caso il paziente stia per scompensarsi.  I parametri che possono essere controllati dai sensori presenti nel defibrillatore sono i toni cardiaci, la frequenza cardiaca e respiratoria, l’impedenza toracica, l’attività fisica e il volume corrente, cioè la quantità di sangue che il ventricolo sinistro espelle nell’aorta ad ogni contrazione.

Nel caso un soggetto stia per scompensarsi questi parametri subiscono delle variazioni: la frequenza respiratoria aumenta,  la capacità di esercizio del paziente si riduce,  la frequenza cardiaca aumenta soprattutto di notte a causa di un aumento del tono adrenergico, dovuta ad  un incremento delle concentrazioni di adrenalina e noradrenalina.  Non ultimo l’impedenza toracica, che è un parametro che consente  di misurare l’accumulo di liquidi nei polmoni,  si riduce. Tutti questi parametri vengono valutati in maniera integrata dal sistema dei sensori dell’HEARTLOGIC presenti negli ICD ( defibrillatori) e la loro alterazione valutata attraverso software complessi viene immediatamente trasmessa al Centro che ha in cura il paziente, che così può contattarlo e predisporre le misure adeguate per ristabilire il compenso cardiaco e scongiurare il ricovero.

La rivoluzione di questo sistema consiste appunto nel fatto che più parametri possono essere valutati contemporaneamente: questo fatto conferisce al sistema una precisione assai maggiore rispetto alla trasmissione di parametri isolati, come avveniva fino ad ora. Alcuni autori sulla base di studi clinici stimano che le alterazioni dei parametri monitorati possa consentire di individuare pazienti ben 29 giorni prima che si scompensino e che presentino manifestazioni cliniche.  Come si può vedere un altro grande passo nella cura dei nostri pazienti.

Ma… di questo passo si arriverà ad una medicina senza medici? Chissà.  Assai  difficile dirlo. Nel congresso tenutosi qualche giorno fa, cui accennavo prima,  ad un certo punto ho notato la discussione piuttosto accesa tra i sostenitori di una medicina completamente tecnologica (era in particolare un collega giovane dotato di uno smartwatch bellissimo,  con tante palline quante erano le app in esso contenute) e chi invece parteggiava per la clinica, il rapporto medico paziente, la fiducia che si instaura fra questi due soggetti. Per quanto mi riguarda, posso dire  di appartenere alla seconda categoria. Ricordo che da studente di medicina  qualcuno mi faceva notare che lo stesso farmaco prescritto dal mio maestro aveva un effetto assai maggiore rispetto alla prescrizione fatta da uno specializzando. Frutto dell’esperienza, della capacità umana e clinica, della conoscenza del paziente e delle sue patologie. Per sfuggire ad uno schematismo semplicistico dirò che oggi il rifiuto della tecnologica e delle risorse che mette a disposizione è stupido, se non criminale,  ma altrettanto stupido sarebbe delegare tutto alle macchine, rinunciare al contatto diretto con il paziente,  alla presa in carico delle sua persona sofferente prima che delle sue patologie. Credo che un rapporto di fiducia tra medico e paziente debba ancora essere alla base di una medicina, e di una cardiologia moderna che  si avvale, certamente! di tutte le risorse che la tecnica offre.

Angelo Mingrone 

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