TANTO PER CAMBIARE, MACHIAVELLI AVEVA RAGIONE

È un fatto: Matteo Renzi ha qualcosa in comune con i leader politici più influenti che lo hanno preceduto in Italia, Bettino Craxi e Silvio Berlusconi. Come loro, non dà spazio a giudizi dubitativi: lo si ama o lo si odia; e fra coloro che lo odiano, proprio come accadde a Craxi e Berlusconi, ci sono alcuni fra i suoi alleati e fra gli esponenti del suo stesso partito.

Qualche punto di contatto, a ben vedere lo si può ravvisare anche con Beppe Grillo, che lui pure fa appello al fascino personale, non lascia spazio all’’indifferenza ed ha una soluzione “facile” ad ogni problema.

Le differenze sono altrettanto facili da individuare: Craxi si identificava col suo partito, il PSI, del quale era riuscito a diventare il dominus incontrastato mentre Renzi è anche lui, al momento, dominus del PD (a maggior ragione dopo il successo elettorale delle Europee), anche se meno incontrastato di quanto lo fosse Craxi, ma lungi dall’’identificarsi col partito lo vede più come un mezzo che come un fine.

Berlusconi è “sceso in campo” millantando amore per il Paese e sventolando un inesistente pericolo comunista; per farlo si è inventato sul momento un profilo da statista ma il suo vero movente è sempre stato la difesa dei suoi giganteschi interessi economici e finanziari laddove Renzi, salvo prova contraria, di interessi da difendere non ne ha e si è formato per anni, politicamente, prima di azzeccare lo slogan e il ruolo vincenti del “rottamatore”.

Grillo, infine, è rozzo, irruento e greve, a fronte della pacata pur se tagliente ironia e della capacità dialettica più raffinata di Renzi ed ha anche lui, come Berlusconi, il peccato originale di un conflitto di interessi, e di qualche incoerenza tra il dire e il fare, la cui esistenza cerca di negare ma che i suoi avversari non hanno difficoltà a mettere in risalto.

Per quanto riguarda l’’mmagine che di loro si ha all’’estero, Renzi, almeno per ora, ha un indubbio vantaggio su tutti e tre gli altri leader, attuali e del passato. A questo proposito su Berlusconi tacere è bello. Grillo ha certamente incuriosito, e continua a incuriosire, il mondo della pubblicistica internazionale ma ultimamente la sua immagine si è un po’’ appannata: vuoi perché alla lunga i tribuni stancano, vuoi perché le sue previsioni sono state regolarmente smentite dai fatti, vuoi perché chi perde ha sempre torto; e oggettivamente Grillo ha perso, con le elezioni europee, una sfida che ha voluto, ha alimentato, e che era certo non di vincere ma –- parole sue –- di stravincere.

Qualche punto di contatto, al riguardo, Renzi ce l’’ha col Craxi del momento più fulgido, quando il leader socialista s’’imponeva al G-7, pretendendo la presenza dell’’Italia a tutte le riunioni e addirittura si opponeva a Ronald Reagan durante la famosa crisi di Sigonella, quando mandò i carabinieri a bloccare i militari USA, nella base militare siciliana, nella crisi che opponeva gli americani ai libici.

Al momento Renzi è molto apprezzato nelle cancellerie europee perché è il leader più votato ed anche perché il suo dinamismo piace molto e dà respiro ad un’’Europa diventata asfittica per la troppa attenzione ai pareggi di bilancio e la troppa indifferenza verso i problemi dei poveri cristi.

Tutti e quattro questi personaggi –- Renzi, Berlusconi, Grillo e Craxi -– hanno in comune una grande sicurezza di sé, puntano molto sul proprio carisma personale e sopportano a fatica controlli e regole, nei quali vedono dei vincoli alla loro libertà di azione; e se vogliono cambiarli lo fanno, o almeno ci provano.

Così Berlusconi ha imperversato per anni con le sue leggi “ad personam”, e Craxi “aggiustò” le norme sull’’emittenza televisiva, proprio a vantaggio di Berlusconi, e, a proprio vantaggio, quelle sull’’uso degli aerei di Stato da parte degli ex capi di governo. Grillo, se potesse, butterebbe tutto per aria. Renzi, da parte sua, sta buttando molto per aria; ma se pure ciò che delle regole sta alterando si rivelerà un rimedio peggiore del male, potrà sempre dire a propria difesa che non ha agito per interesse personale.

Questi personaggi dimostrano, ove ce ne fosse bisogno, che Machiavelli aveva ragione: la politica non è una faccenda per persone che si fanno degli scrupoli. Diversamente da Raskolnikov, il protagonista del bellissimo romanzo “Delitto e Castigo” di Dostojevsky, se decidessero di ammazzare una vecchia usuraia essi non si farebbero, poi, tanti rimorsi: convinti che la morte dell’’usuraia potrebbe giovare al bene dell’’umanità (o al proprio, da spacciare comunque per bene dell’umanità) la scannerebbero senza problemi.

Certo, i manicomi traboccavano di matti che, come Raskolnikov, erano convinti di essere, se non Napoleone, almeno “come” Napoleone; ed anche fra i nostri quattro eroi tre si sono dimostrati ben al di sotto delle proprie e altrui aspettative, scivolando su bucce di banana più o meno inattese: Craxi distrutto da “Mani Pulite”, Berlusconi dalla differenza fra il dire e il fare, Grillo dall’’inconsistenza di un progetto politico che ha ben presto mostrato la corda.

Il tempo ci dirà se Renzi somiglia agli altri anche in questo.

Giuseppe Riccardo Festa

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