Quel pasticciaccio brutto di via Spalato, a Macerata

Forse non tutti i miei ventiquattro lettori sanno che la mia Macerata si è candidata al prestigioso ruolo di Capitale della Cultura per il 2020, e che il Ministero della Cultura l’ha inserita fra le dieci finaliste per l’assegnazione del ruolo. Sono orgoglioso delle mie radici calabresi ma amo la mia città di adozione; ed è per motivi come questo che vorrei vederne il nome sui giornali e le immagini sui notiziari.

Purtroppo, però, anche Macerata, isola apparentemente felice dove la tranquillità rischia secondo i malevoli di sfociare nella noia, è lambita dalla cruda realtà del mondo contemporaneo; e così anche a Macerata arriva l’orrore della cronaca, con la notizia di una diciottenne che, allontanatasi da un centro d’accoglienza per tossicodipendenti, è stata poi trovata, fatta a pezzi, in due valigie sul bordo di una strada.

Le indagini sono state rapidissime, ed hanno portato all’arresto di un nigeriano, già noto alla Polizia, spacciatore e titolare di un permesso di soggiorno scaduto.

La stessa rapidità delle indagini desta perplessità: le forze dell’ordine sono arrivate ad arrestare il colpevole nel giro di ventiquattr’ore: abitava tranquillamente in un quartiere residenziale della città, in un appartamento certo non di edilizia popolare. Era noto come spacciatore, era clandestino, aveva precedenti penali. Come mai si è dovuto aspettare che succedesse questo, prima di arrestarlo?

Non basta: Pamela, la vittima, pur essendo evidentemente afflitta da problemi di tossicodipendenza non solo ha potuto tranquillamente andarsene per i fatti suoi, allontanandosi dal centro di accoglienza, ma ha trovato immediatamente il modo di raggiungere lo spacciatore, andare a comperarsi una siringa in farmacia e poi salire in quell’appartamento, dove probabilmente è morta per overdose, e il criminale che gliel’aveva fornita – Dio sa in cambio di cosa – non ha avuto problemi, per sbarazzarsi del corpo, a farlo a pezzi e scaricarlo poi su quella strada.

Sono troppi gli interrogativi che una simile sequenza di eventi suscita: possibile che, in una comunità per tossicodipendenti, gli ospiti, maggiorenni, d’accordo, ma pur sempre giovanissimi e problematici, possano andarsene per i fatti loro? Possibile che una ragazzina di Roma, ospite di quella comunità, potesse senza problemi individuare uno spacciatore, a una quindicina di chilometri di distanza, e raggiungere il suo domicilio? Chi le ha fornito il nome e l’indirizzo? Come ha fatto da Corridonia ad arrivare in via Spalato, a Macerata? Chi le ha dato i soldi per la siringa e per la dose, ammesso che la dose, come spero, l’abbia pagata con dei soldi?

I lati oscuri di questa tragica vicenda sono troppi, e tanti sono i soggetti che dovranno rispondere dei loro comportamenti, primi fra tutti i gestori della casa di accoglienza troppo disinvolti (le spiegazioni rilasciate dal responsabile sono a dir poco imbarazzanti) e le forze di polizia che hanno lasciato circolare lo spacciatore, invece di espellerlo quando gli è scaduto il permesso di soggiorno.

La triste conclusione cui purtroppo bisogna giungere è che non esistono isole felici: l’orrore, in una società come la nostra, può lambire ogni angolo, anche quello apparentemente più tranquillo e sonnacchioso.

Ad aggiungere disgusto all’orrore, come da copione si levano le voci dei soliti razzisti e degli odiatori di professione, pronti a gridare contro tutti gli immigrati per il crimine commesso da un solo individuo. Voci alle quali, miei ventiquattro avviliti lettori, noi non aggiungiamo le nostre, perché non dimentichiamo, noi, che il reato è un fatto personale, e la sua responsabilità non va estesa a tutte le persone che hanno la stessa origine, religione o colore della pelle di chi lo ha commesso: così ragionano (si fa per dire) solo gli imbecilli, i superficiali e gli ignoranti; e i razzisti, che è poi come dire la stessa cosa.

Possa la povera Pamela riposare in pace, e il responsabile diretto della sua morte passare in carcere il resto dei suoi giorni; ma possano pure tutti coloro che per negligenza, superficialità o incompetenza sono in qualche modo corresponsabili della sua tragica morte dormire, da ora in poi, sonni molto, molto agitati.

In tutta sincerità, sarei più contento se il sonno lo perdessero del tutto.

Giuseppe Riccardo Festa

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