di Marco Toccafondi Barni
Ha vinto la Harris, anche se giornali e opinionisti non lo ammetteranno mai a chiare lettere. Questo accade perché, non dimentichiamolo mai, gli Stati Uniti non sono un paese come gli altri, infatti da quelle parti non esiste il voto segreto e non sempre vince chi prende più voti rispetto all’ avversario, ma soprattutto comandano quasi tutto gli apparati statali, cioè le 16 agenzie di stato e il Pentagono. Non certamente la Casa Bianca. E’ la forza dell’ egemonia, è sempre stato così nella storia.
E allora, siccome la questione della Casa Bianca è più geopolitica che politica, Trump è sì stato un altro Biden nei fatti, a tratti disastroso e guffer come il suo ex rivale, toccando punte di puro delirio come quando si è inventato democratici che vogliono uccidere i bambini al nono mese di gravidanza e persino oltre, già nati, eppure tutto questo non conterà. Questo perché oggi il nemico è interno, altro che Cina, il crollo, se e quando arriverà, sarà domestico e gli stati tagliati fuori dall’ impero (i reietti del sud e i decisivi quanto furiosi del Mid West) per adesso hanno curiosamente scelto proprio un multimilionario della costa per far sentire la loro rabbia al resto del paese. E allora anche un Trump a tratti ridicolo rimane comunque uno sfidante difeso e non vilipeso dalla casta giornalistica: ha perso, sì però non ha perso veramente, visto che alla fine delle fini ha con sé circa la metà del paese. In mancanza di meglio.
I TEMI FORTI DELLO SCONTRO – Ed è proprio su questo che la vice presidente ha puntato tutto o quasi. La Harris è partita con un’ idea di futuro e opportunità, ricordando a tutti di appartenere alla classe media, lei, a differenza del suo rivale milionario e membro di quelle elites che dice di voler combattere. Ha sbandierato l’annoso e assai sentito problema della casa per arrivare alle possibilità per i giovani, per poi passare alla difesa della democrazia accusando l’ex presidente a causa del suo amore per dittatori e autocrazie, chiudendo sullo sfregio al Campidoglio del 6 gennaio. Il tycoon ha risposto parlando dei suoi soliti evergreen: immigrazione e inflazione. Tuttavia è scivolato almeno due volte ed in maniera così clamorosa da essere ripreso dai due ottimi conduttori di abc: i democratici descritti come Erode, assassini di bambini addirittura in culla e immigrati che mangiano i gatti degli americani a pranzo e cena. Una roba imbarazzante e poco ricevibile, se appunto non si trattasse di un’ America talmente polarizzata da accettare e quindi perdonare tutto al proprio candidato, per pura e semplice disperazione.
SORPRESA ABORTO – Quello che per molti analisti, secondo me poco attenti, dovrebbe essere un tema di scarsa importanza in questa campagna elettorale e quindi appannaggio esclusivo di una ristretta nicchia nel paese è diventato un argomento principe. Da donna Harris ha avuto buon gioco nel rinfacciare a Trump di non poter decidere della libertà delle donne di decidere sul loro corpo, soprattutto in casi di violenza sessuale o incesto. Trump ha risposto con l’assurda teoria di dem intenzionati a giustiziare i bambini al nono mese di gravidanza o addirittura in culla. E’ risultato evidente che il tema è fondamentale e la Harris è parsa abile nel trasformare un diritto delle donne in una questione di libertà come la proprietà privata.
IN CONCLUSIONE – Insomma, in una situazione normale non ci sarebbe stata storia e avrebbe nettamente vinto la Harris, anzi il fenomeno Trump si è mostrato al mondo per quello che è in realtà: un milionario newyorkese che dice troppe cose senza senso per consolare gli esclusi dal placido post storicismo delle coste. Tuttavia in un paese così polarizzato e disperato gli schieramenti resteranno quasi immobili il 5 novembre prossimo. Alla fine conteranno soltanto gli indecisi, soprattutto nel Mid West. E anche per questo il tema del diritto all’ aborto pare diventato fondamentale. Agli statunitensi puoi togliere tutto, tranne la libertà di decidere sulla proprietà, fosse anche quella del loro corpo.
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