LO STRAZIO DI IGNAZIO

In uno degli episodi dell’indimenticabile film “I mostri“, Dino Risi racconta di un onest’uomo, un rappresentante di commercio, che si presenta volontariamente in tribunale per testimoniare di aver viaggiato in treno con l’imputato in un processo per omicidio. La sua testimonianza inchioderebbe l’imputato ma l’avvocato della difesa, del tutto privo di scupoli, distrugge la credibilità e l’onorabilità del testimone, che accusa di disonestà in quanto si fa rimborsare dalla sua ditta biglietti di prima classe anche se in realtà viaggia in seconda. Il tapino lascia l’aula coperto di vergogna e l’imputato viene assolto.

È evidente la somiglianza di questo episodio con la storia recente dell’ormai ex sindaco di Roma, Ignazio Marino, che ha avuto la pessima idea di rinunciare al suo seggio in Senato per candidarsi al Campidoglio dopo la disastrosa amministrazione Alemanno.

Sia ben chiaro: con quella faccenda delle spese di rappresentanza Marino ha sbagliato, ed ha sbagliato due volte: la prima per arroganza o distrazione, o più probabilmente seguendo una consolidata tradizione, quando ha scroccato qualche cena facendola passare appunto per spesa di rappresentanza; la seconda per ingenuità, quando quelle spese le ha messe on-line, offrendo ai suoi detrattori un piatto d’argento sul quale mettere la sua testa. Ora sono molti a mostrarsi indignati e scandalizzati ma mi si lasci citare Gesù di Nazareth: chi è senza peccato scagli la prima pietra.

Resta il fatto che, indiscutibilmente, Marino era diventato il punching-ball di tutti, e tutti gli imputavano di tutto, mentre in realtà il suo difetto fondamentale – imperdonabile, certo, ma in fondo veniale – è di non aver capito niente della politica e di come essa distrugga chi usa, magari, finché le fa comodo, salvo distruggerlo quando non serve più.

E tale è stato il destino di Ignazio Marino, che il PD ha usato per conquistare il Campidoglio alle ultime elezioni amministrative salvo scaricarlo senza complimenti nel momento in cui non gli è più servito, e anzi è diventato ingombrante e imbarazzante.

Io continuo a credere alla sua sincerità e alla sua onestà. Quasi tutti i suoi peccati sono in fondo peccati veniali, più che altro delle gaffes. Uno solo è imperdonabile: l’ingenuità. Marino non è fatto per la politica, e men che meno per la politica italiana. Questo peccato gli è costato caro, e sicuramente segnerà il suo futuro.

Così mentre il pluriinquisto Gianni Alemanno va disinvolto nei talk-show, rilascia dichiarazioni, pontifica e sentenzia, Marino se ne va con la coda fra le gambe, ridicolizzato e distrutto, e quasi certamente sparirà per sempre dalla scena.

È così che vanno le cose, in Italia: il politico deve avere la faccia di bronzo, molto pelo sullo stomaco e, soprattutto, nessuna coscienza: caratteristiche con le quali, è evidente Ignazio Marino non ha poveretto  niente da spartire.

Giuseppe Riccardo Festa

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