La discarica e la mulattiera abusiva. Il Dipartimento Ambiente dia risposte su Scala Coeli.

La vicenda ormai tragicomica della discarica di Scala Coeli sta vivendo in questi giorni un’altra pagina memorabile. Come abbiamo ripetutamente dichiarato in ogni occasione, la “fossa privata” di Scala Coeli è stata costruita senza il rispetto delle normative vigenti perché totalmente difforme dal progetto iniziale, a partire dalla pendenza diversa del bacino di abbanco che non permette neanche il calcolo effettivo di quanti metri cubi di monnezza si potranno abbandonare tra colline e coltivazioni DOP. Basterebbe solo questo, in un paese civile, per chiudere definitivamente questa disgustosa vicenda. Di certo comprendiamo le ragioni della ditta proprietaria della discarica, che con un impianto del genere riesce a dirottare nelle proprie casse milioni di euro di soldi pubblici, un po’ meno comprendiamo le ragioni degli uffici regionali, ed in particolare del Dipartimento Politiche per l’Ambiente della Regione Calabria, che in questi mesi hanno prodotto documentazione al limite della fantascienza per giustificare la mancata demolizione di questa discarica. Non possiamo non soffermarci, per esempio, sulle prescrizioni dell’autorizzazione integrata ambientale che sono inequivocabilmente e palesemente non rispettate, a partire dai requisiti della strada che dovrebbe essere “percorribile in tutti i periodi dell’anno”. Può, invece, un impianto di smaltimento di interesse regionale essere raggiungibile esclusivamente mediante una strada provinciale su cui vige un divieto di transito totale che culmina in una strada interpoderale dalle caratteristiche più simile ad una mulattiera che ad una strada, che è quasi sempre allagata dall’acqua di uno degli affluenti del fiume Nikà, che è stata interessata da lavori abusivi i quali hanno comportato il rinvio a giudizio per il proprietario della stessa discarica? Più che un iter autorizzativo questo della discarica di Scala Coeli ci sembra una barzelletta. Del resto alcuni uffici della Regione, ed in particolare quelli che si occupano di discariche, di barzellette se ne intendono, basti pensare a quanto successo qualche settimana fa nella vicina Rossano, laddove insiste la discarica pubblica di Bucita. Questa discarica, sequestrata nel 2009 per disastro ambientale, era stata dissequestrata proprio poche settimane fa proprio su richiesta della Regione Calabria: per quali scopi non ci è dato sapere, ma soprattutto non abbiamo ancora compreso sulla base di quali rilievi tecnici si sia potuto richiedere prima e autorizzare dopo questo dissequestro. Fatto sta che, appena qualche giorno dopo il dissequestro accordato dalla Procura della Repubblica, un pilone della discarica è franato causando un vero e proprio disastro ambientale, un altro: come detto, una barzelletta, ma di quelle dolorose per il territorio e con conseguenze sanitarie incalcolabili per le comunità della sibaritide. Questo a dimostrazione del fatto che molto spesso, come scritto inequivocabilmente anche dalla commissione parlamentare d’inchiesta Pecorella, persino gli organi giudiziari si dimostrano poco attenti, per non dire illogici, su queste tematiche, illogicità e disattenzione che speriamo di non dover registrare ulteriormente, anche perché dagli organi politici non sembrano arrivare segnali migliori: la raccolta differenziata dei principali comuni del comprensorio, infatti, insiste ancora su percentuali criminali. Riteniamo sia giunto il momento di porre termine a questa ignobile vicenda, interrompendo definitivamente l’obbrobrioso iter autorizzativo della discarica di Scala Coeli: le istituzioni competenti prendano atto delle difformità del progetto e del mancato rispetto delle prescrizioni ritirando definitivamente l’autorizzazione all’impianto. Gli uffici regionali impieghino le proprie risorse per costruire un ciclo dei rifiuti basato sulla differenziata finalizzata riciclo ed il riutilizzo, creando posi di lavoro e rispettando la salute dei cittadini, piuttosto che impegnarsi per aprire inutili fosse. Rete per la Difesa del Territorio “Franco Nisticò”

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